
Nel mondo dell’intelligenza artificiale, i deepfake rappresentano un’innovazione tanto sorprendente quanto pericolosa. Questi sofisticati software, infatti, hanno la capacità di modificare o riprodurre con perfetto realismo le caratteristiche e i movimenti di volti o corpi umani, nonché di imitare fedelmente voci specifiche. Il loro processo creativo inizia con l’utilizzo di contenuti reali, come immagini e registrazioni audio, da cui traggono ispirazione per le loro manipolazioni, dando vita a foto, video e audio alterati.
I deepfake, a causa dei loro molteplici utilizzi, sollevano gravi preoccupazioni in diverse aree, tra cui:
- cyberbullismo: i video deepfake possono essere creati per diffamare, umiliare o ricattare individui, in particolare giovani, minacciando la diffusione di contenuti compromettenti;
- influenza politica: sono impiegati per danneggiare la reputazione di politici o leader di opinione, manipolando video al fine di influenzare l’opinione pubblica e diffondere fake news;
- furto d’identità: spesso colpiscono personaggi famosi, i cui volti e discorsi vengono manipolati senza il loro consenso, mettendo a rischio la loro immagine e credibilità.
Su quest’ultimo aspetto recentemente alcuni famosi hanno deciso di reagire, primo tra tutti Tom Hanks, il quale ha intrapreso un’azione legale contro una società pubblicitaria. Quest’ultima ha utilizzato la sua immagine in modo ingannevole per promuovere prodotti per l’igiene dentale tramite un video generato artificialmente. Questo caso ha fatto il giro del mondo ed ha destato preoccupazioni anche in Europa, spingendo l’attrice britannica Keira Knightley a considerare misure legali per proteggere la sua identità da abusi del genere.
In effetti, in un’intervista a Today.it, Guido Scorza, componente dell’autorità Garante per la protezione dei dati personali, ha sottolineato che il diritto alla privacy costituisce probabilmente la difesa più efficace contro questa diffusa pratica che coinvolge sia volti famosi che persone comuni. Il nostro volto, infatti, contiene preziosi “dati biometrici”, i quali nessuno, neppure gli algoritmi, può impiegare senza consenso, altrimenti le sanzioni saranno molto salate ed inevitabili.