
Da appassionato del mondo aeronautico e della sua storia, ho poche ore fa avuto il piacere e l’onore di assistere ad una discussione di tesi dottorale singolarmente interessante.
La candidata, a suggello del suo percorso superiore di studi presso la Facoltà di Ingegneria Civile ed Architettura dell’Università di Cagliari, ha dissertato un’articolatissima tesi dal titolo “Le architetture del volo. Atlante per la tutela e la valorizzazione degli idroscali e degli aeroporti militari storici attraverso patrimoni di fonti inedite”, tesi scelta nel solco dell’ormai consolidato accordo di collaborazione tra l’Ateneo cagliaritano e il Ministero della Difesa-SGD, stipulato nel settembre 2018 e che ha dato il via a numerosissimi progetti, studi, pubblicazioni e convegni sul tema dell’ingegneria ed architettura militare, e della conservazione, riqualificazione e riuso delle aree militari (e di cui anche il recupero di Forte Aurelia a Roma è parte).

La storia dell’aeronautica in Italia rappresenta una delle eccellenze del nostro Paese: seppur disciplina relativamente “giovane” (proprio nel 2023 cadrà il centenario di fondazione dell’Arma Aeronautica come entità indipendente), rappresenta un tessuto di innovazione e di gesta pionieristiche da manuale.
Considerando che il suo sviluppo è avvenuto in periodi storico-artistici in cui l’eroismo, l’avventura, la sfida con il destino erano elementi profondamente intessuti con l’arte, la letteratura e il regime, ecco creato il perfetto mix dell’Eroe Volante.
Da D’Annunzio a Locatelli, da De Pinedo a Baracca, da Buscaglia a Visconti, da Gorrini a Bordoni Bisleri: lunga è la serie degli “Eroi dell’Aria” (fin dal Primo conflitto mondiale e giù giù agli eventi dell’Italia divisa in due), tutti accomunati sotto le ali del “padre” della nostra Arma Azzurra, Italo Balbo.
Tralasciando le polemiche intervenute qualche mese fa riguardo proprio alla figura di Balbo, la nostra neo PhD ha ricostruito una splendida mappa dei luoghi che hanno visto vivere l’Aviazione nazionale nel corso degli anni, consultando e compulsando documenti preziosi ed interessanti, scavando nell’archeologia moderna (un efficace ossimoro!) alla ricerca di tracce, a volte veramente flebili, di insediamenti e strutture ormai cancellate dai mutamenti del territorio.
Da modesto appassionato, mi ero già avventurato, attraverso l’esame di fonti “aperte” disponibili in rete, alla ricostruzione delle tracce aeronautiche in Sardegna, scoprendo insospettabili luoghi dove (soprattutto durante la seconda fase della II G.M.), l’utilizzo della Sardegna come “portaerei nel mare” e luogo comunque “nascosto” aveva portato i nostri strateghi a costituire numerose dispersal areas e molti aeroporti “fantasma” in cui cercare di sottrarre gli aeroplani e le infrastrutture dai bombardamenti nemici.

Immense aree (come nella piana di Ottana, nel Nuorese) o nella zona di Pabillonis (alto Campidano) erano destinate a comandi di Aeroporto “sparsi”, senza piste traccicate con evidenza, sfruttando invece le vaste pianure per i decolli e le macchie boschive e arbustive per nascondere i mezzi.
Altre incredibili location derivano dallo sviluppo del volo con idrovolanti, particolarmente in auge negli anni ‘20 e ’30 del secolo passato, che hanno lasciato impronte significative nell’architettura e nella storia del nostro Paese: pensiamo solamente alle “grandi trasvolate” verso le Americhe, a volte con squadroni di moltissimi velivoli (le famose “Balbo Formations”), oppure alle aerolinee commerciali che univano l’Italia da nord a sud e da ovest ad est, lungo il Po. Bene, sono rimaste oramai pochissime vestigia di questo glorioso momento della nostra tecnologia e del nostro sviluppo turistico e (parliamoci chiaramente) anche propagandistico per il Regime di allora. Alcuni elementi come l’Idroscalo “De Pinedo” sul Tevere o la Stazione Idrovolanti di Pavia sono particolarmente indicativi.
Tuttavia, l’approfondito studio della nostra neo PhD è andato proprio alla ricerca delle anche più piccole e insignificanti tracce, magari dimenticate dal furore iconoclasta di certi periodi storici, o tralasciate dall’impeto della ricostruzione o dello sviluppo delle città e dei territori, ovvero fortunosamente scampate dall’oblio grazie a (purtroppo troppo poche) provvide misure di tutela architettonica o culturale.
Il certosino lavoro di ricerca su fonti disparate, animato dalla curiosità e supportato dalle tecnologie di georeferenziazione ha condotto ad un Atlante dettagliatissimo, ricavato da documenti demaniali, carteggio militare presso lo Stato Maggiore dell’Aeronautica, fonti locali, documentazione bellica proveniente da archivi degli Alleati, atti notarili, diari di guerra, rilevazioni fotogrammetriche d’epoca, (ri)scoperte di architetture dimenticate, magari inspiegabilmente in mezzo alla campagna dove non sembravano avere alcun senso.
Un bellissimo lavoro, una “nicchia” del fantastico ambito della salvaguardia dei beni culturali nel senso più lato possibile. La particolare branca del “riuso e riqualificazione delle aree ex-militari” sta riportando nel possesso della cittadinanza luoghi fantastici e, contemporaneamente, sta facendo riscoprire elementi della nostra storia nascosti ai più perché “è un segreto militar” (come cantava il Colonnello Hathi nella celebre marcetta degli elefanti dal “Libro della Giungla” di Disney).

Troppo spesso abbiamo assistito all’oblio delle “cose vecchie”, senza pensare che, di lì a poco, sarebbero potute diventare “cose antiche”: ogni generazione sembra sommersa di cose da scartare, ma dovremmo soffermarci prima di andare in discarica e domandarci “Però… i nostri nipoti potrebbero apprezzare questi oggetti, questi libri, questi documenti: perché non li conserviamo?”.
Se i nostri antenati non si fossero posti questa stessa domanda, non avremmo nulla nei musei, non conosceremmo la “storia di prossimità” del nostro Paese, del nostro quartiere, del nostro villaggio.
Prima o poi i ricordi degli anziani se ne vanno, e nulla potremmo sapere dei fatti delle generazioni appena precedenti alla nostra: i nonni non sono eterni, purtroppo, i racconti a volte si annacquano, a volte non sono volentieri riportati. Giusto per un esempio che mi riguarda, mio nonno materno ha servito in Aeronautica (e prima ancora quale Pilota collaudatore presso la Airone-CAB, poi confluita nella Caproni Aeronautica sull’Aeroporto di Ponte San Pietro – Bergamo). Bene, di quell’aeroporto non v’è più la minima traccia, se non qualche hangar trasformato in capannone industriale e riconoscibile solo dal confronto di foto aeree d’epoca, né il nonno (nonostante conoscesse la mia passione per il volo sin da piccolo) mi ha mai raccontato con particolari le sue esperienze. Ho potuto ricostruire qualche elemento, e ricucire qualche flash di ricordi solo attraverso il suo “Libretto Caratteristico” dell’esperienza militare, che gli fu riconsegnato all’atto del burocratico collocamento in congedo illimitato assoluto al compimento dei 60 anni di età e che era conservato in fondo ad un cassetto.
Ricordare, tutto e sempre: il bello e il brutto, ma mai e poi mai cancellare e sopprimere.
E’ un peccato mortale.