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La Matematica: inventata o scoperta?

Ci si chiede se la matematica sia uno strumento che l'uomo usa per rappresentare la realtà, o se l'universo stesso sia matematica

È sempre affascinante assistere ai dibattiti che si sviluppano intorno a tematiche che ci astraggono dal quotidiano e ci proiettano verso un livello cognitivo superiore o se volete più profondo, nel quale si cercano risposte a quesiti come questo.

Richard Feynman, Premio Nobel per la Fisica nel 1965, e grande divulgatore di scienza, descrisse così il moderno processo scientifico: si parte da una idea o se volete una intuizione; poi tale idea deve passare il vaglio della matematica. In altre parole, deve poter essere espressa con il linguaggio della matematica ed essere coerente. Quindi deve essere condotto un esperimento, che sia verificabile e riproducibile anche da altri. 

È così che Albert Einstein, quando ebbe l’intuizione che lo portò ad elaborare la teoria della relatività, dovette costruire intorno a questa idea un modello matematico che la rappresentasse; una formula che la racchiudesse. E poté contare su una matematica che si era già molto evoluta e già gli forniva gli strumenti necessari e sufficienti allo scopo. Ma dovette aspettare qualche anno perché si potesse completare l’esperimento che avrebbe sancito la validità dei suoi calcoli.

Newton, nato due secoli prima di Einstein, dovette fare una fatica ancora maggiore. Per poter descrivere le sue leggi sulla forza di gravità, che rivoluzionavano completamente le conoscenze dell’epoca e che descrissero perfettamente i moti dei pianeti intorno al sole, dovette prima scrivere un trattato di matematica, “Principia”, per mettere a punto i calcoli matematici che gli sarebbero serviti successivamente per descrivere le sue teorie. Aveva 26 anni.

Ma dunque la domanda è: la matematica è uno strumento che l’uomo ha imparato ad usare per rappresentare la realtà che lo circonda, oppure è l’universo stesso che è matematica?

Max Tegmark, Professore al M.I.T di Boston, fa parte di coloro che ritengono che la matematica non sia stata inventata, ma scoperta. In altre parole: tutto ciò che ci circonda non solo è rappresentabile con la matematica, ma è matematica.

Max Tegmark

A prima vista l’affermazione lascia perplessi non solo coloro che con la matematica hanno sempre avuto un rapporto difficile, ma anche tra quelli che la usano quotidianamente per i loro studi. Tegmark, che ha scritto uno straordinario libro,” L’Universo Matematico” che vale la pena leggere per quanto sia sorprendentemente brillante e affascinante, ci racconta come la matematica ha certamente assunto sembianze umane per ciò che riguarda la forma. Ad esempio, il numero “5” viene indicato così per convenzione umana ed infatti i Romani usavano un altro simbolo “V” per indicare lo stesso concetto: e cioè che se ho tre mele da una parte e due mele da un’altra parte e le metto assieme mi ritroverò con cinque mele. In Cina o in Svezia, dove è nato Tegmark, possono chiamare il numero 5 in un modo piuttosto che in un altro ma il senso profondo non cambia.

Platone quando scoprì quelli che appunto vengono definiti i solidi di Platone o se volete i poliedri convessi regolari, trovò che erano cinque: il tetraedro, esaedro o cubo, l’ottaedro, il dodecaedro e l’icosaedro, ciascuno con le sue proprietà matematiche. Avrebbe potuto chiamarli in altro modo: certo. Ma non ne avrebbe potuto scoprire più di cinque, perché il sesto non esiste. 

Geometria solida. Solidi Platonici. I solidi platonici sono cinque: Tetraedro. Cubo. Ottaedro. Dodecaedro. Icosaedro.

Ed anche dove la matematica rappresenta una realtà che sembra imperfetta e non coerente con le nostre visioni empiriche, magari e solo perché ci sta indicando qualche cosa che ancora non abbiamo bene messo a fuoco. Quando Newton descrisse in maniera così straordinaria le leggi gravitazionali che regolavano il movimento dei pianeti intorno al sole, vi erano alcune piccole cose che non combaciavano perfettamente. Una di queste era rappresentata dall’orbita di Urano che aveva in un punto specifico alcune anomalie: la traiettoria non era del tutto coerente con il modello matematico, come se vi fosse un’altra forza in gioco che la influenzasse. Ebbene qualche tempo dopo fu ipotizzato, dai cosmologi dell’epoca, che ci potesse essere un altro astro che in quella posizione aveva effetti sull’orbita di Urano. Questa “idea” fu corroborata dalla scoperta, mediante osservazione diretta, il 9 settembre del 1846 dell’esistenza di un altro pianeta proprio nella posizione che la matematica di Newton aveva previsto ma che lo stesso Newton non aveva saputo spiegare: si trattava di Nettuno, un nuovo pianeta fino ad allora sconosciuto. 

Allo stesso modo di come la teoria della relatività e la matematica che la rappresentava, rendeva implicita l’esistenza dei “buchi neri”, a cui inizialmente lo stesso Einstein si rifiutava di credere.

Ma se mi guardo intorno non vedo numeri, non vedo equazioni, eppure se devo descrivere un albero posso farlo matematicamente partendo dalla descrizione delle sue particelle di base, protoni, elettroni, e spiegare come i raggi solari consentano la funzione clorofilliana e andando sempre più in profondità. Analizzare come le proprietà quantistiche dei fotoni di luce consentano il legame con i recettori “liberi” della foglia, così come ci spiega il fisico Jameel Al-Khalili. Insomma, tutto l’universo che ci circonda può essere descritto con la matematica. Ma davvero è così? Possiamo descrivere la “consiousness” la coscienza di noi stessi? La paura? La felicità? E la morale?

Già di per sé è molto difficile definire cosa sia “la coscienza di noi stessi” e anzi possiamo dire che sia ancora il grande mistero del nostro tempo. Eppure, con l’Intelligenza Artificiale stiamo facendo dei formidabili passi in avanti nel definire matematicamente come si possa sviluppare un computer che ci assomigli. Ed oggi abbiamo I.A. che ci dice se possiamo ottenere un mutuo, armi da I.A. che possono decidere chi vive e chi muore, macchine che si guidano da sole. Posso definire con un algoritmo come la vettura guidata dall’I.A. debba fermarsi di fronte ad un ostacolo o davanti a dei pedoni che attraversano la strada. Posso anche insegnargli, chi sacrificare, in caso di necessità, tra due pedoni che rischio di investire in una strada stretta. Devo impostare il suo algoritmo in una certa maniera e lui lo userà come se fosse la sua morale. Posso dargli una coscienza morale che la porti a scegliere tra il male minore? Oppure a sacrificare sé stessi per evitare nocumento ad altri? Forse sì. Giulio Tononi, Professore di Psichiatria all’Università del Wisconsin, è uno dei massimi esperti nel settore del cervello e della “coscienza di sé”: un domani potrebbe scoprire una equazione, come fece Einstein per la relatività, che descriva come i nostri neuroni operino e generino la percezione che noi abbiamo di noi stessi e della realtà che ci circonda.

Il tema è aperto ed affascinante. Quel che è certo è che non finiremo di stupirci.

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