
Quest’articolo è un po’ diverso dagli altri che siete abituati a leggere sulle colonne di infosec.news, infatti il tema non è tanto tecnologico o di sicurezza, quanto legato all’esperienza personale di un nostro contributor, Daniele Caldarelli.
Daniele è un informatico e lavora all’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, con un passato di scout. Io, di formazione, sono medico genetista. Potete immaginare la mia sorpresa quando ho sentito la sua storia che vorrei raccontarvi, quindi l’ho invitato a rispondere ad alcune domande, lasciando ai lettori il consueto in invito a usare la sezione commenti in basso per fare qualsiasi domanda a Daniele, che ringrazio di avermi raggiunto per quest’intervista.
Innanzitutto complimenti per la recente elezione a Presidente della ONLuS con cui fai volontariato. Ci vuoi raccontare di più a riguardo?
Grazie dell’opportunità che mi date. La mia vita si divide tra l’attività professionale, quella che spesso con banale naturalezza chiamiamo lavoro, e l’impegno gratuito nell’associazionismo.
Parlaci di te, qual’è il tuo retroterra?
Sono laureato in scienze statistiche e poi recentemente in sociologia, scout da quando avevo 10 anni. Lo scoutismo è stato il luogo più significativo della mia formazione e tuttora le mie radici sono lì.
Un amore e una dedizione per l’associazionismo che durano da una vita!
Senza l’associazionismo, il volontariato, il nostro paese sarebbe in condizioni ben peggiori dal punto di vista sociale ma anche dal punto di vista economico; infatti, il terzo settore oltre a giocare un ruolo di coesione sociale produce ricchezza.
Ricchezza prodotta non sotto la spinta del profitto individuale ma per il bene comune. Una considerazione che meriterebbe maggiore diffusione e consapevolezza.
Pensate un quartiere di una città dove sia presente un’associazione di anziani, il gruppo scout, il comitato di quartiere, l’associazione di diritti dei consumatori, o qualche altra organizzazione di privato sociale, quel luogo acquista valore rispetto ad altri dove tutto questo non esiste.
Sono assolutamente d’accordo. Tanto del benessere diffuso del nostro paese viene da questo splendido mondo, che rappresenta la faccia più bella di una nazione spesso grandiosa, quanto purtroppo altrettanto spesso carente di servizi basilari.
Ma torniamo a te, ci racconti come dagli scout sei passato ad occuparti della sindrome di Down?
Nella mia numerosa famiglia c’è Giacomo, oggi un ventiseienne con la sindrome di Down.
È stata un’esperienza impegnativa rendere naturale la sua accoglienza in famiglia, assistere la sua crescita e progettare insieme a lui e ai fratelli il futuro.
Futuro, che se incerto è sconosciuto per ognuno di noi, in certi casi è maggiormente denso di preoccupazione.
Il dopo di noi è stato uno degli aspetti di questa attività, un impegno che serve a coniugare le possibilità individuali e private con il supporto dello Stato.
Capisco: da questa riflessione dunque, la necessità di far gruppo.
Questi temi senza l’associazionismo resterebbero problemi individuali e in qualche caso di difficile soluzione; l’associazionismo è il modo più diretto per condividere le necessità e trovare le soluzioni.
L’Associazione Italiana persone Down (AIPD) nella sezione di Roma è il mio ultimo approdo.

Le sue attività sono proattive; non è un’organizzazione “consolatoria”. Cerchiamo attraverso i percorsi di autonomia personalizzati di rendere la vita il più possibile vivibile a chi nasce con questa caratteristica genetica.
Potresti spiegarci cosa vuol dire esattamente “percorsi di autonomia”? Significa strutturare attività guidate e supportate da personale specialistico che consentano a queste persone di essere il più possibile autonome.
Saper prendere un autobus per giungere ad una destinazione prefissata, acquistare qualche cosa pagando e ricevendo il resto, fare esperienze di avvio all’attività di lavoro concordando con le imprese tutoraggi e formazione.
Questo percorso si articola con precisi obiettivi:
- comunicazione: saper chiedere, saper dare i propri dati
- orientamento: leggere e seguire indicazioni stradali, saper individuare punti di riferimento, riconoscere fermate di autobus, metro e taxi…
- comportamento stradale: attraversamento, semafori…
- uso del denaro: acquisizione del valore del denaro, riconoscimento, conteggio, corrispondenza prezzo-denaro, resto…
- uso dei servizi: corrispondenza prodotto-negozio, supermercati, negozi di uso comune, bar, cinema, bowling, uffici postali, mezzi pubblici…
Queste attività sono impegnative e non sono condotte in modo estemporaneo, ma sono pianificate a fronte di un percorso individuale e mirato, condotto da personale specializzato e formato dalla nostra stessa nostra organizzazione.
È un lavoro davvero complesso e l’obiettivo è molto nobile oltre che ambizioso!
Oh si, lo è davvero! Per questo vi chiedo di supportare l’associazione, visitare il nostro sito e magari di coinvolgere anche qualche vostro amico!
Ci affidiamo “passa parola”, perché’ AIPD-Roma non riesce e non vuole fare una campagna a suon di spot tv ma ha bisogno ugualmente di tutta la solidarietà, anche la più concreta, e ne ha bisogno da parte di tutti. Considerate anche la possibilità di veicolare questa iniziativa nella vostra rete.
Sostenere l’AIPD diffondendo e condividendo il suo messaggio non costa nulla, ma si trasformerà nella possibilità di realizzare i nostri obiettivi.
Grazie a tutti!
Grazie a te Daniele per aver voluto condividere con i nostri lettori la tua storia! E massimo sostegno alla nobile causa dell”AIPD!