CITTADINI & UTENTI

Tutti pazzi per Putin

Analisi sul perché l'Italia sia stata eletta a platea ideale per la diffusione di contenuti funzionali alle iniziative militari russe in Ucraina

Le riflessioni che riporterò in questo articolo si originano dal presupposto che non sia un caso che ad una certa propaganda filo putiniana sia stata riservata una benevola accoglienza dai nostri media.

La domanda che mi sono posto è perché mai il nostro Paese sia stato eletto a platea ideale per la diffusione di contenuti funzionali alle iniziative militari poste in essere dalla Russia in Ucraina.

La risposta più immediata e scontata può essere ricercata nell’estrema permeabilità della nostra informazione, che in ossequio al principio dell’audience mostra da sempre una scarsa selettività nell’individuazione delle fonti, richiamandosi ad un’interpretazione piuttosto estensiva del diritto di cronaca.

Ma proprio perché immediata e scontata questa ipotesi da sola a mio avviso non basta a spiegare l’ampiezza del fenomeno: disporre di un buon palcoscenico, infatti,  non implica necessariamente l’accesso ad una vasta platea.

Ho tentato pertanto di capire quanto fosse vasto questo potenziale bacino di ascoltatori e da qui parte la mia analisi che vorrei impostare, restando nell’ambito di una metafora “teatrale”, secondo questa scaletta : la platea, le motivazioni che la sostengono, il protagonista, il copione.

LA PLATEA

Il primo e più consistente sforzo è stato trovare una definizione alternativa a “filo putiniana” che in italiano richiama foneticamente espressioni offensive e meno eleganti.

Utilizzerò quindi la figura retorica della sineddoche ricorrendo al generico termine “filo russa” ritenendo sottinteso che l’oggetto di tale simpatia sia nello specifico Putin piuttosto che la nazione russa nella sua interezza.

Il secondo è stato quello di comprendere se tale atteggiamento favorevole sia solo un percepito frutto di amplificazione mediatica o invece un oggettivo contesto numerico che ci distingue da altri paesi.

Sono andato pertanto un po’ indietro nel tempo per individuare una base di partenza non condizionata dagli eventi correnti.

Nel 2017 una ricerca del Wilfried Marten Centre individuava in Italia, Grecia e Cipro i paesi europei in cui quote significative dell’opinione pubblica risultavano orientate favorevolmente nei confronti di Putin. 

Tale evidenza risultava confermata anche da un successivo sondaggio del Pew Research Center in base al quale l’Italia sarebbe stata seconda solo alla Grecia quanto a sentimenti filo russi.

Gli indici rappresentati assegnavano un 36 all’Italia vs 22 media UE, 21 Gran Bretagna e 14 Svezia.

Certamente oggi questi indicatori sarebbero generalmente più bassi, ma con ogni probabilità il divario permarrebbe.

Questa diffusa simpatia trovava un riscontro trasversale anche in ambito politico,  con un appoggio che  andava oltre quello tutto sommato scontato del fronte populista.

Infatti nel 2018 ben tre ex presidenti del consiglio (Berlusconi, D’Alema, Prodi) erano associati al Valdai, un think tank promosso dal governo russo.

Precedentemente nel 2014 Enrico Letta fu l’unico primo ministro europeo a partecipare all’inaugurazione delle olimpiadi invernali di Sochi e Renzi l’unico capo di governo a presenziare al Forum economico di San Pietroburgo nel 2016.

Per motivi di tempo e spazio devo necessariamente assumere come sufficienti queste prime indicazioni per poter affermare con un accettabile grado di veridicità che un orientamento particolarmente benevolo verso Putin fosse già presente nel nostro Paese, al punto da spiegare almeno in parte perché  l’Italia sia stata scelta come testa di ponte della propaganda filo russa.

E tanto era presente tale benevolo orientamento da costringere ai giorni nostri alcuni esponenti politici di spicco a bizzarre evoluzioni ed abiure per mascherare le incongruenze tra quanto dichiarano oggi rispetto alle posizioni di allora.

LE MOTIVAZIONI

Le motivazioni “politiche” di allora erano piuttosto rarefatte tanto da sembrare posticce.

Si adducevano infatti principalmente ragioni di ordine economico a difesa di un interscambio con la Russia che all’epoca valeva 17 mld, anche se nessuno eccepiva la palese contraddizione di un fronte politico che da un lato si celava dietro questa motivazione,  auspicando dall’altro l’adozione di misure protezionistiche.

Andrei quindi oltre queste pretestuose ragioni  per provare ad esplorarne altre più radicate.

Circoscrivendo questo tentativo di approfondimento a tempi relativamente recenti dobbiamo intanto considerare che nel dopoguerra ha iniziato ad operare in Italia il più importante Partito Comunista europeo, che si richiamava direttamente all’ideologia sovietica.

Parliamo del secondo partito italiano, dotato di una ferrea organizzazione, caratterizzato da milioni di elettori e di attivisti e da una ramificata rete di sezioni nel territorio.

Molti dei quadri del PCI si formavano in Unione Sovietica e considerando le masse che attirava questa imponente forza politica era del tutto conseguenziale che una quota significativa del nostro tessuto sociale guardasse con aperta ammirazione al modello sovietico.

Questo è stato il canale iniziale, i successivi mutamenti che hanno interessato il quadro politico hanno fatto il resto.

L’incertezza che è seguita al crollo della prima repubblica ed il progressivo deterioramento di una classe politica sempre più auto referenziale hanno acuito lo storico clima di incertezza in cui si dibattevano le nostre masse, da sempre alla ricerca di punti di riferimento.

La difficile lettura e interpretazione di contesti sempre più complessi e la confusione che ne è derivata, hanno fatto riaffiorare quel mai del tutto sopito desiderio di affidarsi al taumaturgo, all’uomo della provvidenza, a quello con “due attributi grossi cosi”.

Di fronte ad un quadro che non riusciva a comprendere ed all’inazione di una classe politica imbelle, una parte del popolo  ha quindi idealizzato l’immagine dell’uomo forte, deciso quando gli altri tentennavano, coraggioso quando gli altri tremavano, superiore ai lacci e lacciuoli di una burocrazia asfissiante,  in una parola CARISMATICO…ma di quel carisma piccolo borghese che fondamentalmente si declassa a tracotanza, prepotenza, spregio delle regole, indifferenza alle conseguenze.

A questo si aggiunge lo straniamento di una generazione (che guarda caso è anagraficamente vicina a quella di Putin) cresciuta in un contesto fortemente politicizzato e rimasta invece orfana di riferimenti ideologici dopo il crollo delle grandi correnti di pensiero politico del secolo scorso.

Il vuoto politico di quegli anni non consentì peraltro di canalizzare in modo costruttivo e pragmatico l’enorme potenziale liberato dal venire meno dei consueti riferimenti  storici.

Iniziò quindi a prendere corpo l’idea, o piuttosto l’auspicio, che esistesse una Quarta Via in grado di operare, dopo la caduta del Fascismo e del Comunismo e la crisi evidente del liberalismo, una sintesi di queste correnti di pensiero.

Il fertilizzante che ha consentito a queste tutto sommato generiche istanze di attecchire è stato il latente sentimento antiamericano presente nel tessuto sociale del nostro Paese a causa di un  pacifismo ostentato in contrasto con il sostanziale interventismo militare degli USA e della NATO.

Vediamo ora quanto l’attore di questo psicodramma sociale ed il copione che impersona rispondano alle aspettative palesi ed inconsce della platea.

L’ATTORE E IL COPIONE

Ecco finalmente entrare in scena Vladimir.

Non è questa la sede per ripercorrere la sua biografia e mi limiterò pertanto a focalizzare alcuni aspetti che ritengo centrali per inquadrare il contesto storico.

Il primo punto è che nessuno aveva immaginato che alla caduta del muro di Berlino potesse seguire a ruota il quasi contestuale crollo dell’Unione Sovietica.

Il collassare di quel gigantesco impero ha comportato problemi economici, politici e sociali che non si erano mai presentati prima nella storia.

Sarebbe impossibile esaminarli in questo articolo, ma provo a fornire un’ordine di grandezza.

Il costo della riunificazione Germania Est ed Ovest a seguito della caduta del muro di Berlino è stato pari all’intero debito pubblico tedesco.

Pur potendo la Germania Occidentale contare su di una base industriale e competenze avanzatissime, la riconversione delle strutture produttive della Germania Orientale finalizzata al passaggio da un’economia pianificata ad una di mercato ha comportato enormi difficoltà tutt’ora presenti.

Infatti il pil pro capite della Germania Est che nel 1991 era appena un terzo di quello della Germania Ovest, pur essendo cresciuto enormemente da allora, permane inferiore del 30% a quello della Germania Ovest.

È facile pertanto immaginare le difficoltà che può aver incontrato la Russia non fosse solo che nella riconversione dell’imponente apparato industriale, in gran parte vetusto, in una logica di mercato.

A tutt’oggi il pil russo è inferiore a quello italiano.

Ma veniamo a Putin iniziando con il dire che durante il comunismo, almeno  sotto il profilo ideologico, è stato sempre piuttosto tiepido.

Certo non era un dissidente, perché altrimenti non sarebbe mai diventato un alto ufficiale del KGB, ma possiamo affermare che il suo coinvolgimento con il PCUS era al minimo sindacale.

Quindi Putin non può essere considerato un nostalgico del Comunismo in sé, quanto piuttosto dell’Unione Sovietica: in più di un’occasione infatti ha definito il crollo dell’Impero Sovietico come la più grande tragedia della storia.

Di tutti i fattori che possono aver caratterizzato questa tragedia mi limito a focalizzarne uno, che potrebbe essere considerato significativo per inquadrare alcune delle azioni avviate da Putin. 

Al momento del crollo l’URSS contava circa 300 mln di abitanti; di questi solo la metà erano russi e 25 milioni di loro vivevano fuori della Russia.

Questi russi si sono pertanto trovati dall’oggi al domani in uno stato straniero, con tutte le conseguenze che ciò comporta.

Qui la motivazione (o il pretesto, secondo i punti di vista) di riportare nel grande alveo della Madre Russia tutti quei figli sparsi un po’ ovunque, a Lugansk come nel Donbass piuttosto che in Crimea.

L’acceleratore di questo intendimento è dato dalla gravissima crisi demografica che rischia di far collassare a breve il welfare russo: la mortalità in Russia è alta a causa di fattori comportamentali (alcol, fumo, violenza) e la falcidia della pandemia ha peggiorato la situazione. 

Certamente qualche migliaio di giovani soldati che invece di lavorare e fare figli sta morendo in Ucraina non migliora la situazione, tant’è che in fretta ed in furia si è provveduto ad assegnare passaporti russi a 770 mila abitanti del neo conquistato Donbass.

Ad aggravare questo situazione la fuga di competenze che in Russia arriva al 42,5% di coloro che hanno un’istruzione superiore o universitaria (l’Italia è al 25,5).

Molti paesi stanno approfittando di questa opportunità: Israele ad esempio ha attivato una green route privilegiata per attirare esperti in robotica, aereonautica e nanotecnologie che stanno arrivando in quel paese in ugual misura da Russia e Ucraina.

Questo per quel che riguarda una delle stelle polari che potrebbero ispirare le sue azioni.

Quanto alle caratteristiche personali Putin ha tutte quelle utili a far breccia nel nostro tessuto sociale: è divisivo, polarizza gli schieramenti e questo è un richiamo irresistibile per noi che veniamo da Orazi e Curiazi, Guelfi e Ghibellini, Capuleti e Montecchi, Piemontesi e Borboni,.Repubblichini e partigiani, romanisti e laziali, vax e no vax.

In più è portatore di un messaggio di fondo finalizzato a ridare centralità agli Stati sottraendola all’influenza di poteri forti, ma privi di responsabilità politiche.

Se fossi un politologo azzarderei che le spallate militari cui è ricorso Putin (Georgia, Crimea, Ucraina) attestino la difficoltà nel portare avanti istanze attraverso una ramificata rete di alleanze e relazioni politiche, militari, economiche e diplomatiche.

Di fatto una delle valutazioni più diffuse da parte degli analisti è che Putin sia un tattico, non uno stratega e meno ancora un politico, evidenziando quindi una maggiore propensione alla gestione di attività  sul campo più che a finalizzarle in una prospettiva di lungo termine.

Ma non essendo un politologo…passo alle

CONCLUSIONI

È innegabile che l’immagine di un condottiero paladino di una Tradizione calpestata da mezzo secolo che si erge contro il drago unipolare per liberarci dal gioco del Grande Reset è molto suggestiva ed anche io ne subisco almeno in parte il fascino.

Ma credo che le poche righe che ho scritto senza alcuna pretesa di scientificità bastino da sole a dimostrare che a Putin importa gran poco di realizzare la Terza Roma arrivando fino a Lisbona.

A lui per tutta una serie di ragioni, non ultime quelle che ho riportato in questo articolo, interessano 25 mln di russi e il posto in cui si trovano. 

Con tutti i problemi che ha penso che  liberare gli occidentali da altri occidentali sia l’ultimo dei suoi pensieri.

Molte delle affascinanti proiezioni riguardanti il putinismo si nutrono da un lato dei già citati sentimenti antiamericani e dall’altro della delusione per un Europa che nei nostri ideali giovanili doveva essere un’Europa di Tradizione e Valori condivisi e convissuti nel corso di una Storia millenaria e che invece è solo un comitato d’affari governato da burocrati, incapace di connotarsi come blocco autonomo ed autorevole nei confronti di Stati Uniti ed Asia.

Umano quindi pensare che Putin potesse in qualche modo surrogare al ruolo di un’Europa venuta meno rispetto al suo mandato storico….ma questa era la nostra battaglia, non la sua.

Ora siamo al cospetto di una guerra, ancorché a bassa intensità e volenti o nolenti, convinti o meno, ci troviamo da questa parte del campo per una scelta operata da governi legittimi.

Scegliere una parte diversa in base ai propri convincimenti o a simpatie personali non ci è concesso, come non è stato concesso ai nostri padri ed ai nostri nonni. 

È vero…gli americani in fondo non sono simpatici, ma hanno degli argomenti accativanti per  diventarlo un po’ di più… ad esempio, da soli  hanno più portaerei di tutto il resto del mondo messo insieme.

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