SALUTE

Che fine ha fatto Immuni?

Un cittadino digitale ha diritto di sapere non solo che fine abbia fatto Immuni, ma anche quanto sia costato questo “esperimento”

Che fine ha fatto l’app Immuni e soprattutto gli strenui sostenitori del suo ruolo salvifico? Ricorderemo forse gli entusiasmi di contact tracing come una prima breccia per la protezione dei dati personali, o come un temporaneo sviamento di rotta? Questo, potrà dircelo solo il futuro. 

Nel presente, però, qualche domanda su Immuni è (ancora) d’obbligo. 

Ad esempio: sull’efficacia dell’app per cui ci si attenderebbe un rendiconto a consuntivo che parta da “I numeri di Immuni”svolgendo poi un’analisi scevra da narrazioni, e che tutt’ora non è stato diffuso nonostante il booster fornito ai download con la possibilità di impiegare l’app per scaricare il Green Pass. I numeri hanno però la cattiva abitudine di essere spietati: è sufficiente un confronto con i dati resi dal Ministero della Salute sull’andamento pandemico per potersi fare un’idea a riguardo e constatare quel che già qualche anno fa era un flop prevedibile.

Andando oltre, viene da chiedersi quali siano gli orizzonti futuri di impiego dell’app e soprattutto le sorti delle informazioni raccolte. Leggendo la Privacy Policy di Immuni (aggiornata al 15 giugno 2021) un utente consapevole del proprio ruolo di soggetto interessato al trattamento potrebbe essere perplesso nel notare che “I dati sono conservati per il periodo indicato al punto 4 e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. Entro la medesima data tutti i dati personali trattati saranno cancellati o conservati in forma anonima e aggregata.”, salvo poi notare che nelle immancabili FAQ viene specificato (“Come viene tutelata la mia privacy?”) quanto segue: “Tutti i dati salvati sul dispositivo o sul server saranno cancellati quando non più necessari e in ogni caso prima del 31 dicembre 2022.”. 

Vero è che il d.l. 221/2021 convertito dalla L. 18 febbraio 2022, n. 11 ha prorogato il termine per la cancellazione o anonimizzazione dei dati, e dunque il mancato aggiornamento dell’informativa può essere letto come una mancanza di poco conto se comparata con la poca trasparenza che ha connotato la storia dell’app.

Il nodo irrisolto riguarda però il costo dell’app. Un costo che non va limitato al solo dato finanziario, bensì ai costi di gestione, operativi e strategici. Quante e quali risorse sono state allocate in modo diretto o indiretto nella promozione e sviluppo di questo strumento e in che modo le stesse hanno prodotto un risultato per il contenimento dell’emergenza pandemica?

Insomma: un cittadino digitale desidera e ha diritto di sapere non solo che fine abbia fatto Immuni, ma anche quanto sia costato questo “esperimento”. E se il saldo dovesse essere negativo, che almeno possa essere una lezione da non dimenticare. Con buona pace del facile oblio delle narrazioni digitali del nostro Paese.

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