
Il cambiamento climatico sta guidando l’umanità verso l’era del Pandemiocene.
Un processo che è già iniziato, ma sta accelerando a causa del surriscaldamento globale.
“Per i virus del mondo, questo periodo rappresenta un’opportunità senza precedenti”, scrive Ed Yong, vincitore del Premio Pulitzer per la sua copertura del COVID-19, su The Atlantic.
A suffragare questa tesi è la ricerca pubblicata il 28 aprile su Nature, che dimostra come il climate change potrebbe rendere il salto di specie dei virus sempre più frequente.
Il veicolo principale saranno i pipistrelli, così come probabilmente è accaduto con il COVID-19.
Salto di specie e climate change
Nei prossimi 50 anni il cambiamento climatico potrebbe portare a più di 15.000 casi di salti di specie di virus tra i mammiferi. Sarebbero dunque in arrivo nuove pandemie.
Il campanello d’allarme arriva dalla ricerca pubblicata su Nature intitolata “Il cambiamento climatico aumenta il rischio di trasmissione virale tra le specie”, uno dei primi studi ad analizzare le conseguenze del surriscaldamento globale sulla diffusione di agenti patogeni.
“Prevediamo che le specie si aggregheranno in nuove combinazioni ad alta quota, negli hotspot della biodiversità e nelle aree ad alta densità di popolazione umana in Asia e in Africa, guidando la nuova trasmissione dei loro virus tra specie diverse circa 4.000 volte”, si legge in un estratto.
L’ondata di migrazioni dettata dal crescente surriscaldamento globale determinerà infatti l’incontro, per la prima volta, tra specie provenienti da differenti aree del globo.
Un incontro che, secondo lo studio, spesso si tradurrà in uno “scambio” di virus.
“Siamo in un modo più caldo di 1.2 gradi Celsius (rispetto ai livelli preindustriali) e non c’è retromarcia. Per questo motivo, dobbiamo prepararci ad ulteriori pandemie”, ha rivelato Colin Carlson, co-autore dello studio, al premio Pullitzer Ed Yong.
I ricercatori hanno sviluppato modelli di simulazione incrociando dati sulla trasmissione dei virus e sulla distribuzione delle specie.
Il risultato?
Ogni scenario ipotizzato dimostra che le zone a maggiore densità di popolazione diventeranno anche i Paesi a maggior rischio di diffusione di virus, veicolato dalle specie “aliene”.
Una possibilità che determinerebbe un incremento del rischio di salto da altri mammiferi all’uomo.
Il principale veicolo di diffusione sarebbero i pipistrelli, una specie che grazie al volo si adatta meglio ai cambiamenti climatici. Allo stesso tempo però, anche i virus si muovono più velocemente attraverso questi animali.
Primi casi di influenza aviaria
I pipistrelli non sono però il solo vettore di virus, il salto di specie può riguardare anche animali domestici o d’allevamento.
Negli ultimi giorni sono stati registrati, negli Stati Uniti in Cina, due primi casi di infezione da un nuovo ceppo di influenza aviaria.
Dalla Cina giunge notizia che un bambino ha contratto l’influenza aviaria H3N8, una variante sino ad oggi riscontrata solo in cani, cavalli e foche.
Si presume invece che un detenuto del Colorado sia affetto da influenza aviaria del ceppo H5N1. Gli accertamenti diranno se i sintomi sono dovuti al virus trasmesso dagli uccelli oppure a un’infezione secondaria.
L’influenza aviaria ha causato la morte di milioni di polli e tacchini in America, ma le autorità assicurano che “rappresenta una piccola minaccia per i cittadini” poiché “l’infezione richiede uno stretto contatto con un uccello infetto”.
Ad oggi non abbiamo infatti evidenze di trasmissione del virus tra esseri umani.
Evidenze scientifiche suggeriscono però che siamo entrati in una nuova era: il Pandemiocene.
La “nuova normalità” è convivere con i virus, custodite le mascherine.