CITTADINI & UTENTI

Ukraine: a neverending story.

sophrosyne & hybris σωφροσύνη καὶ ὕβϱις

Condivido con l’amico chiar.mo prof. Pier Enrico Gallenga (già in Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara) queste riflessioni da Lui generate e che non smetterò mai di ringraziare per gli insegnamenti.

Ci sono personaggi destinati dagli dei a incontrare la Storia, ad agire sul destino di più generazioni e di più Stati. 

Talvolta sono accolti con un tuono a ciel sereno, come Alessandro, figlio di Filippo II il Macedone, quando la testolina sgusciò fuori dal canale del parto. 

Altri crescono in seminari e generano consenso con avvedute azioni di vita politica: talora denunciando da un esilio “compagni infedeli” o scomodi, in liste di proscrizione utilizzabili dagli avversari per un proprio tornaconto: piazza pulita. 

Altri crescono e vivono lungamente in ombra, “leccaculo” (ci sia consentito il termine) di potenti e terrore di innocenti che si riterrebbero invece liberi di pensare con la propria testa: Democrazia non sempre è libertà!

Basti ricordare la malagiustizia di processi politici nazionali, riferirsi al “sistema Palamara”, alle varie Logge, Ungheria e – per certi aspetti – P2, con logiche di premio sociale basate sul “merito di appartenenza” piuttosto che sul merito. 

Dimentichiamoci pure Beria, ma ricordiamoci la storiella della felicità, ai suoi tempi.

Che cos’è la felicità?

  • Per l’inglese lavorare tutta la settimana e il weekend tosare l’erba del giardinetto di casa, giocare a cricket con gli amici e bere birra al pub.
  • Per il francese, lavorare tutta la settimana e la dimanche andare a pesca con la nuova canna in fiberglass.
  • Per l’italiano, lavorare tutta la settimana, sabato giocare la schedina e domenica in curva sud a fare il tifo.
  • E per il russo? Lavorare tutta la settimana e il sabato sera, quando bussano alla porta del condominio in coabitazione, aprire a due uomini con cappotto lungo e colbacco che chiedono: “Avksentiy Petrov?” “No. È al piano di sopra”. Questa è felicità!

Ma non è libertà. 

C’è altra libertà, di cui è bene ricordarsi in questi giorni che cambiano la Storia del secolo, anche oggi come cento anni fa col trattato di Brest-Litovsk e duecento anni fa a Waterloo. E come tre generazioni fa, dal 1939 al 1945: e poi Yalta.     

Felicità e Libertà hanno da sempre penetrato la coscienza dell’uomo. Nulla è cambiato dal V secolo avanti Cristo, tutto è già stato detto da Eschilo: Zeus punisce la colpa, non la felicità degli uomini: ma “quando un uomo s’affretta alla sua perdita, anche il dio l’aiuta a rovinarsi”. La causa dei mali di Serse e della Persia è il re stesso, non l’invidia degli dei.

Persiani di Serse, dunque, allora, come i Russi di Putin oggi?

Serse, come re, era libero di essere pio o empio: ma era un uomo mortale… e il senso di morte imminente può far perdere la percezione dei limiti e delle conseguenze del proprio comportamento e dunque far inciampare nella Storia. Serse ha creduto di essere più forte degli dei. Il re è stato rovinato dai cattivi consiglieri, come spiegava al liceo Stefano Jacomuzzi, poi cattedratico di Letteratura all’Università di Torino. Ma, prosegue Eschilo, con profezia attuale, “da essi è stata compiuta opera indimenticabile, che ha distrutto e spopolato Susa, come non è avvenuto mai un’altra volta”. La Moira (il fato), che viene dagli dei, aveva imposto ai Persiani di guerreggiare sulla terra: così l’impero sarebbe stato prospero. Ma essi hanno commesso peccato contro la sophrosyne (prudenza) e non possono non essere puniti, chiosava il Perrotta.

Duemilacinquecento anni fa: di impressionante attualità!

Gli dei amavano Dario, che era pio, saggio e dagli dei si faceva ispirare. Serse invece offese la divinità con la sua audacia insolente. Ha fatto trionfare l’hybris (tracotanza), ma (ci ricorda Eschilo) “l’hybris fiorendo dà per frutto la spiga della calamità, e se ne raccoglie una messe di lacrime”. L’ hybris ha generato altra hybris: i soldati di Serse non hanno rispettato i templi, né le statue degli dei: “perciò, avendo fatto il male, soffrono pene rispondenti alle loro colpe”. Contrappasso dantesco.

Zeus è il giusto e punisce i pensieri troppo superbi: è questo il trionfo di Diche, la Giustizia figlia di Zeus, vergine incorrotta secondo Platone. “Mucchi di cadaveri diranno fino alla terza generazione che i mortali non devono avere pensieri superiori alla loro condizione”. Lezione di sophrosyne per tutti, per i vinti, ma anche per i vincitori.

Libertà e Felicità, dunque, come l’Amore: ci si accorge del loro insostituibile valore quando sono persi. E non per l’invidia degli dei, ma come la rana di Esopo che voleva diventare un bue: per poi scoppiare. Fabula docet.

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