
A fine anni 60 molti giovani avevano preso l’abitudine di indossare un cartello nella schiena dove si poteva leggere “mettete dei fiori nei vostri cannoni”.
Spesso i ragazzi non si conoscevano fra di loro, erano di estrazioni sociali assai diverse, così come erano differenti le città alle quali questi ragazzi appartenevano. Si sentivano, comunque, legati da quei cartelli indossati nella schiena come fossero dei giubbotti anti proiettile. Fondamentalmente avrebbero voluto di più dalla loro gioventù e soprattutto non volevano “molecole malate nel loro cielo”.
Quello che oggi invece ancora preoccupa è la disinvoltura con la quale non ci sarebbe più, almeno apparentemente, alcuna remora ad inondare il pianeta di molecole molto malate, anche radioattive e ciò anche se dovesse significate la soluzione finale. A me, che son uno dei figli reduci della guerra fredda, questa terribile possibilità, proposta ormai frequentemente e con estrema disinvoltura soprattutto dai media Russi, mi crea una certa seria preoccupazione.

Ed a riprova di ciò l’estrema tranquillità, quasi invidiabile, di un nostro politico che spiegava che l’eventuale scoppio di una bomba atomica (NUCLEARE) non ci deve preoccupare. Basterebbe infatti coricarsi in un rifugio anti atomico, a pancia in giù, ma soprattutto con le braccia sotto la pancia, ed attenzione questa sarebbe una manovra di sopravvivenza importantissima da non sottovalutare in alcun modo. E poi consiglia di non scordare qualche bottiglia d’acqua potabile e delle scatolette di tonno, voilà il gioco è fatto. E pensare a tutti quei cretini di pacifisti che volevano otturare gli obici con delle piante.
Del resto i Russi che hanno sempre capito tutto ci dicono che prima dobbiamo smaltire la sbornia da barbon americano e solo dopo possiamo parlare di pace in Eurasia.
Ed io che avevo sempre pensato che il governatore Zaia bevesse solo Spritz.