TECNOLOGIA

“Mamma li Russi …”

Dopo Kaspersky ci fa paura tutto ciò che sa di vodka? Il caso Octo Telematics

Oggi 29, “La Verità” lancia un nuovo allarme: siamo a rischio non solo su Kaspersky, tardivamente bannato, ma su molta altra tecnologia, prima fra tutte quella delle black-box per auto (prevalentemente gli antifurto satellitari). Nel loro mirino, la Octo Telematics, che, nata italiana nel 2002, diviene nel 2014 russa attraverso l’acquisizione da parte di Renova. Si tratta di un fiore all’occhiello fra gli investimenti russi in Italia, in un settore in fortissimo sviluppo e dove oggi già si registra nel Belpaese quasi il 25% di polizze furto-incendio contemplanti il satellitare quale condizione di favore alla stipula. Ti piace vincere facile se spaventi gli italiani sul bene macchina: l’idea di un mega-ingorgo generato da un hackeraggio satellitare per cui nessuno trova più la strada o la trova sbagliata.

Il colosso russo Renova Group, quotato a Mosca, ha dunque acquisito nel 2014 il 100% del capitale di Octo Telematics (diluendosi poi fino al 48% di oggi), il gruppo leader nei sistemi telematici per il mercato assicurativo, che era già controllato da un fondo entrato dal 2010, mentre un 10% rimaneva ai due fondatori italiani con il management. Non crediamo che stiano lì a pettinare le bambole mentre qualcuno confeziona attentati cyber a Mosca. Già allora Octo Telematics fu valutata circa 400 milioni. Il goodwill dell’operazione era di circa 250 mln, rispecchiando la crescita costante del’EBITDA e il moderato indebitamento di OT. Anche Siemens e Bosch avevano mostrato interesse, questo solo per dire che le prefiche odierne potevano farsi sentire anche allora.

Renova è una conglomerata con interessi nei settori metallurgico, minerario, chimico, delle costruzioni, dei trasporti, dell’energia, delle telecomunicazioni, delle utility, medicale e finanziario. In Italia sino ad allora era presente solo nel solare, attraverso Avelar. LLC Hevel, Una joint venture fra l’azienda statale nanotech Rusnano e il gruppo dell’oligarca Viktor Vekselberg, Renova appunto, ha poi acquisito il 100% di LLC Avelar Solar Technology. Renova è stata fondata nel 1990. Nel 2008 è stata la prima società russa privata a ricevere un rating da Standard & Poor’s. È stata la capofila dell’accoglienza turistica e alberghiera per visitatori, apparato e atleti nei giochi invernali di Sochi del 2014, annus horribilis come ormai abbiamo capito. 

Disegnare una “via italiana” alla Smart Mobility e alle Smart Cities: questa la strategia di Octo, che ha sede a Roma e dall’InsurTech si allarga alla gestione di flotte in rental e in sharing e all’analisi di dati da dispositivi connessi, grazie a una piattaforma e ad algoritmi di proprietà per elaborare i dati. Gestisce la piattaforma della flotta Eni Enjoy (inclusa la tecnologia keyless e sanificazione) e fa parte del servizio Move-In di Regione Lombardia. Octo Telematics dichiara 6 milioni di veicoli connessi, 500mila incidenti analizzati e 285 miliardi di miglia di guida registrate. È forse Il più grande “data lake” in circolazione. A detta del loro CEO Veratelli, con i device e l’analisi dei dati i premi delle assicurazioni sono diminuiti del 10% circa e nel 2024 saranno più del 50% le polizze telematizzate su cui OT andrà a proporsi, con nuove tecnologie di gestione digitale dei sinistri (liquidazione real-time). Allo studio c’è anche la diagnosi predittiva (si scusi l’ossimoro) dei danni fisici per agevolare i soccorsi in caso di incidente. E tutto questo dialogherà in IoT con i dispositivi di gestione delle abitazioni e di cura della persona. 

E allora come funziona la black-box satellitare che fa da cuore? Sfruttando la rete dei satelliti GPS (e sempre più spesso anche la russa Glonass, e qui sento l’ohhh di meraviglia), consente la tracciatura del veicolo sul globo terrestre per poterlo localizzare quasi ovunque. Ci sono però alcuni punti deboli: la necessità di avere un’antenna per comunicare il segnale ai satelliti e la possibilità di bloccare questa trasmissione, danneggiando l’antenna stessa o disturbando le onde con appositi apparecchi. Inoltre, proprio a causa della necessità di dover nascondere le antenne sull’auto, non sempre la sensibilità di ricezione viene preservata, soprattutto in città tra i palazzi più alti. Per queste ragioni, gli antifurti satellitari ultimi prevedono anche una serie di dispositivi come i blocchi elettronici sulle linee Can-Bus del veicolo, che impediscono l’avvio del motore. 

Dopo il rischio che il ladro ce la faccia, c’è quello di violazione del satellite. Del rischio space-cloud ci siamo occupati e quello è di tipo generalizzato, la guerra può acuirlo ma non è un atout russo esclusivo. Abbiamo visto qui come la continuità satellite > stazione terrestre > tlc > web > dispositivi possa funzionare nei due sensi, aprendo e rendendo vulnerabili le comunicazioni satellitari, che possono essere alterate e annullate. Per capire quanto sia sensato e conveniente a quel 48% di Russi in OT speculare a fini bellici bisogna farsi un’idea degli interessi in gioco.

E per capire e interpretare gli interessi in gioco e gli eventuali pericoli, consideriamo che in un mercato auto italiano declinante (immatricolazioni totali circa -20% Gennaio 22 su Gennaio 21) dove solo l’elettrico ibrido, con la 500e, SmartTwo e Tesla Y mostra in febbraio numeri confortanti, la partita che si gioca è fortemente deviata verso i chip, dove non sono certo l’Italia, né l’Europa, i leader.

Un vecchio modello di Ford Focus tipicamente usa circa 300 chips, oggi i modelli ICE (combustione interna) ne usano 1,000, e non hanno elettronica di potenza. Un EV ha senza problemi 3,000 chips, mentre una Tesla 3,500+. Guardiamo chi li produce, questi chip. Mi sembra chiaro:

Vista la penuria europea, Intel ha annunciato un piano di 80 mld€ in euro investmenti. La produzione di chip incidentalmente potrebbe subire contraccolpi dalla guerra in Ucraina, che fornisce il 90% del Neon per la produzione in US, secondo Reuters. La notizia che la coreana Posco è entrata nella produzione di quel gas nobile assume globale rilievo. Un altro elemento chiave, il Palladio, viene in gran parte dalla Russia ed è sotto embargo.

Quanto è probabile che i Russi giochino a fare casino con i satelliti e le auto, e quanto è più probabile che i Russi stessi possano essere potenziali vittime piuttosto che hacker ? Qui sopra e nella citata analisi dello space-cloud lo abbiamo visto. Ma i rischi veri, se non vogliamo correre dietro alle sirene di Ulisse, sono dappertutto e molto seri

Per le cyberpsicosi prossime venture vediamo la mappa dei Russi in Italia. Quarto sbocco commerciale russo dopo Olanda, Cina e Germania e quinta fonte d’importazioni per la Russia dopo Cina,  Germania, US e Bielorussia, il nostro paese è il secondo più importante partner commerciale della Federazione Russa nell’UE (dopo la Germania). 

Il commercio tra Italia e Russia è raddoppiato dal 2000 al 2010 (ti meravigli che Putin e Berlusconi giocassero assieme con il cane), con un interscambio di 27,3 miliardi di euro nel 2011. Il picco delle relazioni commerciali russo-italiane è stato nel 2013, quando il fatturato commerciale complessivo ha raggiunto i 53,9 miliardi di dollari. Con le sanzioni reciproche tra Russia e UE a seguito dell’annessione della Crimea e della guerra in Donbass, l’interscambio è sceso a 17,4 miliardi di euro tra 2014 e 2016, Putin ce lo ha sempre rinfacciato.

Nel settore industriale e high-tech, le divisioni operative di Leonardo (le ex aziende Finmeccanica) collaborano con successo con imprese russe: la cooperazione si estende anche al settore dell’aviazione, tra Alenia Aermacchi e la russa Sukhoi, che producono e commercializzano insieme un nuovo velivolo, il SuperJet100. Rischio? Si è ora ovviamente incagliata la strategia russa di FIAT (poi FCA, poi Stellantis) che annovera la joint venture con la banca pubblica russa Sberbank (sanzionata su swift) per varie inziative tra cui quella IVECO per la produzione di veicoli militari come il Lince LMV. Rischio?

Ma veniamo agli investimenti russi in Italia. La banca dati ICE-Reprint / PoliMI censiva 65 imprese che impiegavano oltre 16mila dipendenti per un fatturato di 14 miliardi di euro. I principali settori economici del Belpaese che ospitano investimenti russi sono il siderurgico (tra cui Severstal che ha rilevato il Gruppo Radaelli Tecna e il Gruppo Lucchini, il colosso dell’alluminio RusAl che ha acquisito Eurallumina; il gruppo Evraz controlla la produttrice di lamiere in acciaio Palini & Bertoli, il gruppo Novolipetsk che controlla Verona Steel), l’energetico (Lukoil controlla la raffineria siracusana ISAB), e le telecomunicazioni (VimpelCom, poi Veon, aveva acquisito nel 2011 Wind Italia, ricordiamoci sempre questa storia delle tlc militari e strategiche … Oggi, fusa con H3G, Wind appartiene a Hutchison, sede Cayman e uffici a Hong Kong. Rischio?).  Investimenti russi sono anche presenti nei settori agro-alimentare (la storica azienda vinicola Fratelli Gancia. Rischio bollicine ?), e dulcis in fundo l’immobiliare (Costa SmeraldaToscanaLaghi).

Tornando per un attimo all’energia, le compagnie pubbliche le italiane ENIENEL e Saipem sono molto attive in Russia. I Russi sono i nostri principali fornitori di energia: oltre al già visto e rivisto gas, l’Italia prende petrolio per circa il 15% delle sue importazioni. 

A seguire la falsariga, le sanzioni penalizzano anche noi che le applichiamo. Proporzionando Crimea e querra attuale, si intuisce che razza di botta sia per l’interscambio. Si rimane allibiti che una siffatta partner stia combattendo un’oscena guerra per tribali scaldane geopolitiche ottocentesche. Sconcertante, con questi volumi di business, non avere attirato la Russia in Europa politicamente e culturalmente: questo, già si è detto, è l’ottuso limite del bieco mercantilismo, non dell’illuminato capitalismo.

Il rischio Octo? Io stipulo senza particolari patemi.

Back to top button