ECONOMIA

Guerra Russia-Ucraina: cause e ideologie

Un conflitto di cui ancora sappiamo troppo poco

L’intenso dibattito sul conflitto in Ucraina sta ormai monopolizzando  gran parte degli spazi mediatici, invadendo “manu militari” (mai espressione è stata più rispondente) quello finora occupato da esperti reali o presunti di virus e vaccini.

E così come prima assistevano alle performance di soggetti il più delle volte sconosciuti che declamavano con millimetrica esattezza i percorsi che avrebbe seguito il virus, indovinandoli ahimè molto di rado, oggi soggetti altrettanto ignoti alle masse con la stessa sicumera e con lo stesso tasso di insuccesso tirano ad indovinare sui percorsi che seguiranno le forze corazzate russe per conseguire la vittoria finale.

Al riguardo come di consueto il  confronto televisivo è molto animato (o animoso) e sovente farcito da insulti personali.

La verità è che di come stia andando questa guerra se ne sa davvero molto poco. I russi, come da tradizione sono abbottonatissimi, gli ucraini viceversa attribuiscono agli avversari ogni sorta di nefandezze. 

Ogni tanto vengono mostrate immagini di rovine e vittime la cui responsabilità regolarmente i contendenti si attribuiscono l’uno all’altro. Nel contempo ognuno sostiene di aver inflitto perdite pesantissime al nemico che pertanto è prossimo a soccombere. 

Come se non  bastasse, per aumentare la confusione russi ed ucraini si scambiano di continuo la reciproca accusa di essere nazisti. 

Le motivazioni all’origine di questo conflitto risultano altrettanto confuse ed anche lo scontro televisivo ne risente,  perché tutti si scannano per poter far valere la propria idea su ciò che faranno i belligeranti, mentre mancano adeguati approfondimenti sul perché di ciò che hanno fatto finora.

Pertanto, disorientato come tutti, provo a proporre la griglia che fino ad oggi ha orientato gli storici nella individuazione delle cause degli eventi bellici, che grossolanamente possiamo raggruppare così:

1) motivazioni di ordine economico (di gran lunga le principali)

2) motivazioni di ordine politico/militare (sicurezza dei confini, contenimento di stati vicini orientati ad azioni aggressive o espansionistiche)

3) Motivazioni ideologiche o religiose

Le ultime molto spesso sono servite a mascherare le prime due, in particolare la prima.

Il perché è evidente: il soggetto adeguatamente  indottrinato e’ convinto di assolvere ad una missione superiore, quando non addirittura divina, come ad esempio nel caso di una guerra di religione. Ciò lo porta ad interiorizzare e nobilitare il rischio di essere ammazzato molto più agevolmente rispetto a chi viene richiesto dello stesso sacrificio per un po’ di materie prime o uno sbocco sul  mare.

Il punto è che un’azione di indottrinamento richiede un grande dispendio di tempo e risorse: occorre intervenire sulla scuola, su tutte le forme associative, sul mondo del lavoro, sulle forze armate, in una parola, sull’intero tessuto sociale allo scopo di orientare tutto un popolo, sorretto da una fede o da un’ideologia, verso un obiettivo comune. 

Ora se guardiamo al conflitto in atto, le motivazioni rientranti nei primi due punti sussisterebbero, anche se  forse in modo un po’ fiacco e confuso al punto di sembrare pretestuose. In ogni caso non sembrerebbero tali da giustificare il rischio di una terza guerra mondiale.

Non mi dilunghero’ pertanto sulle motivazioni  economiche che risultano del tutto evidenti dal fatto oggettivo che l’Ucraina è ricchissima di  materie prime e non solo e si trova in una preziosa posizione strategica. Questo spiegherebbe almeno in parte perché deĺle altre 870 guerre e guerriglie attualmente in corso in zone meno interessanti del globo,  non freghi niente a nessuno

Per gli aspetti politico militari invece,  la Russia sarebbe (il condizionale è d’obbligo) intervenuta per : 

● Tutelare la popolazione russofona del Donbass dalle aggressioni delle milizie ucraine. 

● arginare l’espansione della NATO a est.

● per il  mancato rispetto degli accordi di Minsk, siglati ben otto anni orsono. 

Francamente mi riesce molto difficile credere che una generazione di giovani russi cresciuta in una situazione di relativo benessere dopo il crollo dell’Unione Sovietica, senza aver ricevuto sin  dalla culla una ficcante azione di indottrinamento, si senta comunque ribollire il sangue e voglia imbracciare le armi per immolarsi affinché a Donbass e Lugansk venga finalmente riconosciuto lo statuto speciale previsto dagli accordi di Minsk: occorrerebbe qualcosa di più trascinante, ispirato ad un principio superiore. 

Ma prima di arrivarci, facciamo un breve excursus sulla nostra schizofrenia occidentale che avendoci già portato con l’entusiasmo di Tafazzi ad imboccare sentieri orientati alla cosiddetta cancel culture, non poteva perdere questa ghiotta occasione per indossare l’elmetto e scagliarsi contro tutto ciò che in qualche modo sia riconducibile alla Russia, in una nobile gara in cui tutti sgomitano per dimostrare di essere più “anti” degli altri.

Quindi c’è chi si dissocia dal giaccone indossato da Putin, chi chiede al direttore d’orchestra o all’atleta russi di esprimere una abiura formale se vogliono esibirsi, chi se la prende con Gagarin, morto quando Putin aveva 16 anni o infine chi si preoccupa che venga revocato il contratto ad Alessandro Orsini per le posizioni espresse in TV e così via con queste amenità.

Nel frattempo un signore colto, educato, in fondo simpatico di nome Aleksandr Dugin è diventato ormai una presenza fissa su diverse TV italiane.

Questo simpatico signore molto pacatamente spiega che noi occidentali stiamo commettendo un grossolano errore limitandoci a vedere nella situazione attuale un semplice conflitto territoriale, perché in realtà si tratta dell’inizio dell’Armaggedon che vedrà la Russia, unico baluardo rimasto a difesa della Tradizione, ergersi in uno scontro titanico contro il liberismo dilagante guidato dal Grande Reset.

L’occidente globale a questo scopo ha puntato sull’Ucraina come anti Russia dando strumentalmente il via libera al nazismo ucraino e alla russofobia estrema.

Putin quindi è entrato nella battaglia non contro l’Ucraina, bensì per difendere la civiltà ortodossa ed il mondo multipolare contro il globalismo, l’oligarchia mondiale, il liberalismo, il Great Override e la fine della Storia.

La Russia pertanto sta conducendo una guerra di religione contro l’anti-religione, contro il satanismo moderno liberale, una guerra santa delle civiltà e delle culture che non vogliono diventare come l’occidente. 

Quanto a Zelensky cui il nostro Parlamento entusiasta ha tributato una standing ovation, viene liquidato come “buffone irresponsabile con cui Putin non ritiene valga la pena di parlare”

Tutto questo forse ci era sfuggito perché spinti da una sorta di novello maccartismo  eravamo all’inseguimento di direttori di orchestra russi o di aziende produttrici di parka.

Nel frattempo però sulla reti italiane (e sui giornali) andava in diretta,  l’ideologia…la missione superiore affidata dalla Storia a Putin.

Ideologia e religione sono però due ingredienti molto pericolosi quando escono dai confini del confronto di idee /valori per entrare nel ben più rischioso agone dello scontro armato.

In hoc signo vinces, gott mit uns, scontro di civiltà, morte agli infedeli,  popolo, razza, rivoluzione del proletariato, sono espressioni che hanno mobilitato milioni di esseri umani uccidendone altrettanti.

Quindi la situazione peggiore è quella in cui una ideologia PRECEDE ed ispira delle azioni belliche?

No, a mio parere ne esiste una ancor più perniciosa e che si verifica quando una ideologia SEGUE un’azione bellica, fornendo una sorta di giustificazione a posteriori.

Nietzsche affermava che una buona causa non santifica una guerra, ma una buona guerra santifica ogni causa.

Si da’ il caso che abbia letto Dugin già dalla sua prima pubblicazione in Italia. Si tratta indubbiamente di un autore erudito e complesso e la sua opera è ponderosa. Già allora fu indicato come “l’ideologo” di Putin, definizione che lui rifiutava categoricamente elencando a  sostegno tutte le posizioni critiche assunte nei confronti del Presidente russo. Nel 2015 auguro’ a Putin di fare la fine di Gheddafi, accusandolo di essere un traditore della patria russa e di “aver perso l’Ucraina per ignavia”…lui in compenso perse il posto di professore e  manifesto’ persino il timore di essere ucciso. Non mi risulterebbe pertanto (ma il mio osservatorio è limitatissimo) che l’opera di Dugin sia stata utilizzata per una “evangelizzazione” in Russia.

Questo per dire che questa sua decisa teorizzazione della guerra in Ucraina appare una sorta di ideologia postuma, una causa da attaccare ad una buona guerra che rendesse buona anche la causa.

Mah…comunque, che marca era il giaccone italiano di Putin?

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