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Guerra Russo-Ucraina: il punto strategico

Analisi sulla situazione attuale del conflitto e i possibili scenari futuri di sviluppo

A poco più di un mese dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la situazione sul terreno e quella internazionale hanno assunto contorni definiti, che lasciano aperta la porta ad una serie di possibili esiti della vicenda.

Per quanto riguarda l’analisi della situazione sul terreno, appare evidente che l’ipotesi iniziale di una guerra rapida alla conquista del paese sia tramontata. Il fronte di combattimento appare stabilizzato, e dopo l’avanzata iniziale le truppe russe non sono riuscite – o non hanno voluto – affondare il colpo fino alla conquista di Kiev. Il grande fiume Dnepr, che spacca l’Ucraina in due, costituisce l’argine naturale all’avanzata delle truppe attaccanti. Superarlo, per andare alla conquista della parte occidentale del paese, costituirebbe un problema strategico e logistico di dimensioni sovrastimate rispetto a quelli che sembrano essere gli obiettivi reali.

La parte maggiormente interessante del paese è infatti quella orientale, dove si concentrano la maggior parte delle risorse naturali e minerarie; e soprattutto quella meridionale costiera, dove i porti di Mariupol e Odessa ne costituiscono il principale sbocco al mare. Allo stato attuale, e nonostante la presenza di unità russe al largo di quest’ultima, la strategia più verosimile è quella che porterebbe alla conquista della costa meridionale fino alla foce del Dnepr. Questa soluzione consentirebbe ai russi, unitamente all’annessione formale delle repubbliche separatiste, di saldare il territorio tra queste ultime e la Crimea già annessa. In questo modo, la Russia si assicurerebbe lo sbocco sul Mar Nero che le consentirebbe, unitamente a quello già posseduto di Sevastopol, di ritornare ad essere un attore credibile verso l’area del Mediterraneo.

Se tale interpretazione è corretta, la Russia in questo momento sta cercando di stabilizzare il fronte settentrionale, e di spingere la leadership ucraina in una situazione sempre più insostenibile dal punto di vista morale, tenendo sotto scacco Kiev con una serie di raid ripetuti. Contemporaneamente, la distruzione praticamente totale della città di Mariupol, e la conseguente fuga della popolazione civile superstite, costituisce la base per la conversione dell’area in un terminale di colonizzazione russa alla fine del conflitto.

Dal punto di vista internazionale, la situazione appare essere quanto mai aperta a diverse interpretazioni. La mancata quanto inevitabile discesa in campo della NATO e degli Stati Uniti, seppure più volte sollecitata da parte del governo ucraino, è accompagnata da un costante supporto in termini di forniture ed informazioni. La strategia occidentale appare quindi in questo momento tesa a rafforzare quanto più possibile la resistenza ucraina, utilizzandola come forza di attrito per dissanguare le truppe russe sul terreno. 

Uno scenario di fine conflitto, nel quale La Russia effettivamente annetta le repubbliche separatiste e la costa meridionale dell’Ucraina secondo i limiti di sopra individuati, lascerebbe il paese invaso in una situazione di grande debolezza. Privata di buona parte delle proprie risorse estrattive ed industriali, nonché di una parte importante del proprio sbocco a mare, entrerebbe senza dubbio in una crisi economica che non le consentirebbe di sopravvivere se non con il sostegno russo o occidentale. Essa potrebbe quindi diventare uno stato cuscinetto secondo l’ipotesi geostrategica ventilata dalla propaganda di Putin; oppure entrare a far parte della NATO per stabilizzare in maniera definitiva quel confine.

Meno probabile, sebbene tale ipotesi sia ventilata da alcuni analisti strategici in queste ore, appare lo scenario secondo il quale l’attrito prolungato in Ucraina, ed il prolungarsi del conflitto, potrebbe essere causa di sommovimenti all’interno dell’apparato russo che portino alla destituzione di Putin. La semplice analisi della tipologia di forze impiegate dal leader russo per la conduzione delle operazioni militari parla chiaramente dell’invasione dell’Ucraina non come di una campagna di conquista dell’intero paese, ma semplicemente come il perseguimento di obiettivi limitati. Nell’attacco, infatti, non è stato impegnato il meglio né delle truppe, né dei materiali disponibili, ma per lo più reparti di coscritti equipaggiati con mezzi corazzati di una o due generazioni precedenti ai sistemi d’arma più avanzati.

Interessante è inoltre la lettura dello scenario relativo alla posizione dei paesi europei. L’invasione dell’Ucraina ha come effetto immediato quello di scongiurare a medio termine qualunque processo di riavvicinamento tra Russia ed Unione Europea. Inoltre, nonostante tale processo sia certamente auspicabile e propagandato, la creazione di forze armate europee autonome è poco verosimile per fattori strutturali quali le differenze linguistiche e le difficoltà nell’ottenere l’unitarietà di comando necessaria a costituire uno strumento militare credibile. Come conseguenza, la situazione porta al  riarmo dei paesi europei – che nei decenni dopo la caduta del muro di Berlino hanno progressivamente tagliato le spese militari – i quali ridiventano un interessante mercato di espansione per l’industria bellica statunitense.

In buona sostanza, l’ipotesi più probabile è che – come sempre accade in qualsiasi conflitto – la situazione resti stabilizzata sullo stato attuale per un tempo sufficiente a fare in modo che tutti i contendenti, impliciti o espliciti, abbiano raggiunto i propri obiettivi politici. Un gioco ripetuto infinite volte nel corso della storia umana, e che questa volta vede gli incolpevoli civili ucraini come la vittima sacrificale di interessi più grandi.

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