AMBIENTE ED ENERGIA

Nucleare Si o No, oppure…

La diatriba irrisolta sulla fonte di energia ha fatto buttare miliardi di euro

Qui si va a parlare di Italia, di energia nucleare e di notizie false, di narrazioni inventate e spacciate per vere. Per ricordare e non perdonare. Attenersi alle istruzioni per l’uso. 

Istruzione 1: nulla viene detto in favore o contro l’uso pacifico dell’energia nucleare, tema che l’attuale crisi energetica ha riportato in auge, facendo cambiare decisioni già prese in merito. Ultimo in ordine di tempo, il Belgio, che ha deciso di estendere di dieci anni l’operatività di due sue centrali nucleari.

Istruzione 2: vengono presentate evidenze sulla disinformazione, o mal informazione, pratica assai comune non solo fra belligeranti, ma anche in tempo di pace e in democrazie con governi parlamentari. Vedi Italia.  

Istruzione 3: prendiamo le mosse nel lontano 1987.

Otto e nove novembre 1987. Siamo tutti più buoni, ci sono le elezioni. Andiamo alle urne per votare cinque referendum abrogativi. Anche perché in Italia i referendum non possono essere propositivi. La costituzione prevede tre tipi di referendum: abrogativo, costituzionale e territoriale. Per chi è interessato, le caratteristiche dei tre referendum sono definite rispettivamente negli articoli 75, 138 e 132 di quel magnifico oggetto, sconosciuto ai più, chiamato Costituzione della Repubblica Italiana. 

Lasciamo perdere i primi due quesiti referendari, che riguardano la responsabilità civile per i magistrati e il trattamento dei reati ministeriali. Non fanno parte di questa storia. Sono di interesse i restanti tre. 

Il terzo chiede agli aventi diritto di voto se sono pro o contro l’abrogazione della facoltà del CIPE -Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica- di deliberare sulla localizzazione delle centrali qualora gli enti locali interessati non raggiungessero un accordo al riguardo. Il sì vince con l’80,57%. 

Il quarto quesito chiede se si sia pro o contro l’abrogazione dei contributi agli enti locali che decidono di ospitare sul proprio territorio centrali nucleari o a carbone. Il sì vince con il 79,71%.

Il quinto quesito chiede se si sia d’accordo o meno a che l’ENEL, all’epoca ente pubblico responsabile dell’energia elettrica in Italia, possa partecipare alla costruzione di centrali nucleari all’estero.  Il sì vince, con il 71,86%. 

45,8 milioni di italiani aventi diritto al voto. Quorum raggiunto con un’affluenza alle urne del 65,1%.

I dati sul referendum sono disponibili allo storico elezioni del Dipartimento per gli Affari Interni e il Territorio.

Nessuno dei circa 29,9 milioni di italiani che hanno votato ha detto SI oppure NO al nucleare. Non solo non potevano farlo, ma non gli è stato nemmeno chiesto. Infatti, nessuno dei quesiti ha direttamente come oggetto l’abbandono del nucleare. Eppure, anche se non richiesto da niente e da nessuno, si decide di dismettere le centrali nucleari in Italia. Sono quattro. Latina, potenza 210 MWe, tecnologia Magnox, in produzione dal 1964; Garigliano di Sessa Aurunca (CE), 160 MWe, reattore nucleare ad acqua bollente (BWR), ferma per manutenzione nel 1978, disattivata nel 1982; centrale Enrico Fermi di Trino (VC), 270 MWe, reattore ad acqua pressurizzata (PWR), operativa dal 1965; Caorso (PC), 860 MWe con reattore BWR, operativa dal 1981, l’unica delle quattro a essere di seconda generazione. 

D’altra parte, come dichiarato dal Comitato promotore del referendum contro le centrali nucleari, nel presentare la campagna referendaria: «… il nucleare non serve all’Italia, dal momento che il Paese ha una potenza elettrica installata di più di 100 mila megawatt, mentre il picco di consumi oggi non supera i 57 mila megawatt. Ma il nucleare non ridurrebbe neanche la dipendenza energetica dall’estero, perché l’Italia sarebbe costretta ad importare l’uranio, oltre alla tecnologia e ai brevetti…».

Viene così rottamato il PEN – Piano Energetico Nazionale del 1975 che “prevedeva la realizzazione di ulteriori otto unità nucleari su quattro nuovi siti” a seguito del forte aumento dei prezzi di importazione dei prodotti petroliferi dovuti alla questione arabo-israeliana. Prego notare l’uso elegante del termine “questione” per non parlare di “guerra”. Oggi trattasi di “operazione”. 

Stessa fine tocca al PEN del 1985. Cancellata la realizzazione di nuove centrali per 12 GW entro il 2000, “attività prioritaria per rispondere alla necessità di ampliare il mix energetico nazionale e ridurre la dipendenza dal petrolio importato”. Nulla di nuovo sotto il sole. Allora era il petrolio, oggi il gas. 

Tra il 1987 e il 1990 tutte le centrali sono fermate in modo definitivo.

Tuttavia, il 9 aprile 2010, l’Italia dei Valori presenta proposta di referendum, sempre abrogativo, sul nuovo programma nucleare italiano. Ma come? Non si era detto, 23 anni prima, “Energia Nucleare NO Grazie”? 

No, non si era detto.  Comunque sia, questa volta si vuole “abrogare parte del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 e alcuni articoli della legge 23 luglio 2009, n. 99 e del conseguente decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 3”.  

Data proposta per lo svolgimento del referendum il 12 giugno e 13 giugno 2011. Quattro i quesiti:

1) Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione; 

2) Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma; 

3) Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare; 

4) Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.

Questi sono solo i titoli, la cui comprensione non è del tutto evidente. Se si leggono i testi dei quesiti le cose peggiorano. Ad esempio, il primo quesito recita: 

“Volete voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea», convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?”

Tutto chiaro e ben conosciuto, giusto? Che problema volete che ci sia a votare con cognizione di causa… Non so perché, ma si ha la sensazione di essere per lo meno manipolati, se non turlupinati.

Limiti di spazio non mi consentono di presentare la prima versione del testo del terzo quesito, quello che ha a che fare con il programma nucleare. Un capolavoro: 2274 parole; 15563 battute, spazi compresi; 146 linee di testo. 

Con capacità di sintesi che ha dell’incredibile, rara assai, degna di miglior causa e meritevole di menzione d’onore, la versione finale del quesito è composta da 27 parole, 177 battute e 3 righe di testo: 

“Volete voi che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto-legge 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?”

Da notare che per informarsi dei contenuti dei due commi dell’articolo 5 suddetto occorre leggersi un centinaio di pagine in prosa legale. Il massimo del piacere. 

Oltre il 94 per cento dei votanti si esprime per abrogare le norme inerenti al nucleare del cosiddetto decreto Omnibus, determinando la chiusura del nuovo programma nucleare. Quanti di essi sanno cosa hanno abrogato?

Comunque, anche in questo caso non è stato chiesto agli italiani di dire SI o NO al nucleare.

Il che implica che l’energia nucleare è ancora un’opzione aperta. Non per nulla oggi nessuno dei principali partiti italiani si dichiara contrario all’energia elettrica nucleare. Sono contrari al “nucleare tradizionale”, ossia alla costruzione di centrali di tecnologia analoga a quelle utilizzate in passato. 

C’è chi, area centro-destra, si è anzi espresso in termini favorevoli al cosiddetto “nucleare di quarta generazione”: nuovi reattori con un diverso utilizzo del combustibile, più sicuri, ecosostenibili, intrinsecamente sicuri ed economici. Sono, attualmente, in fase di studio. Saranno disponibili fra dieci anni. Forse.
15 settembre 2021: “Metterei una centrale nucleare in Lombardia? Che problema c’è“, dichiara Matteo Salvini a Radio anch’io su Radio Rai, “la Svezia di Greta ha 8 centrali”.

2 gennaio 2022, sempre Salvini: “Sembra che finalmente anche la Commissione si prepari a riconoscere gas e nucleare come energie green. L’Italia non può stare ferma, La Lega è pronta anche a raccogliere le firme per un referendum che porti il nostro Paese in un futuro energetico indipendente, sicuro e pulito“.

Forza Italia, il 7 gennaio presenta al governo un “Piano Energia”, con all’interno il ricorso al «nucleare pulito». “Il piano Energia – specificano Tajani e Cattaneo – è il risultato di un lavoro ampio e approfondito, curato dai Dipartimenti del partito, con l’apporto di esperti del settore. Il futuro è green, ma per raggiungere questo obiettivo serve gas e nucleare pulito, come indica chiaramente la commissione europea, e lo sblocco immediato di progetti e investimenti in energie rinnovabili”, aggiungono, sostenendo che l’Italia “è un Paese forte e coraggioso, che si sta rialzando da una violenta pandemia anche grazie al supporto di un governo di salvezza nazionale e, con questi strumenti, sarà a maggior ragione in grado di gestire un fase di rilancio competitiva e strutturale”. 

Fratelli d’Italia, da quando è tornato di attualità il dibattito sul nucleare, ha assunto una posizione defilata. La presidente Giorgia Meloni non ha espresso commenti a riguardo. Vero è, però, che nel gennaio 2021 è stato pubblicato lo studio “Road to EU Climate Neutrality by 2050” commissionato dal gruppo dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), di cui fa parte anche Fratelli d’Italia, che ha tratto conclusioni nettamente favorevoli rispetto all’energia nucleare (https://roadtoclimateneutrality.eu/Energy_Study_Full.pdf).

Partito democratico e Movimento 5 Stelle sono contrari. Perché? Perché sì, non perché si è detto No al nucleare.

Per decenni si è raccontato una storia inesistente e ora siamo nei guai. Non abbiamo fonti energetiche autonome che ci rendano parzialmente indipendenti dalle forniture estere. 

L’irrisolta diatriba nucleare sì, nucleare no, ha fatto buttare pacchi di miliardi di euro del contribuente italiano, alimentata da considerazioni che nulla hanno di tecnologico, poco di economico, molto, forse troppo, di politico.

Come raccontato da Domenico Cacopardo (Italia Oggi, 19.2.2022): “… non possiamo non rilevare che il primo referendum costituì un’iniziativa politica guidata da Claudio Martelli, vice segretario socialista, volta a ottenere una facile vittoria politica nei confronti dell’establishment democristiano e comunista, nella prospettiva di una crescita del partito. Quindi, la questione nucleare era solo l’occasione per ottenere un successo politico e in definitiva, nessuno si pose il problema delle esigenze energetiche del Paese. Così il secondo referendum fu un’iniziativa degli avversari di Berlusconi che intendevano infliggergli una sconfitta politica. Una sconfitta politica facile, giacché disinformazione e manipolazione erano tali da rendere sicura la vittoria del «No». Nessuno si assunse come primari gli interessi dell’Italia e degli italiani. Oggi, con il sistema produttivo in ginocchio, non possiamo dimenticare, anzi dobbiamo ricordare, chi irresponsabilmente ha contribuito a porre il Paese, i produttori, i privati, nella situazione attuale di totale insopportabilità degli oneri sopraggiunti. Tanti cattivi maestri e cinici speculatori sulle vicende nazionali che non meritano perdono. Nessuno”. 

Conclusioni: in Italia siamo maestri nella disinformazione, nel raccontare storie basate su invenzioni, interpretazioni e non sui fatti, nello spacciare decisioni prese nell’interesse di pochi come azioni strategiche intraprese nell’interesse della comunità, nell’usare linguaggi astrusi per confondere, per imbrogliare. 

Sia chiaro, una volta per tutte, gli italiani non hanno mai detto Si, oppure No all’energia elettrica nucleare. Mai.

Dimenticavo, anche chi spaccia storie inventate non merita perdono.

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