
Recentemente su questa testata fu stigmatizzata la superficialità con cui la nostra PA adotto’ un antivirus russo prodotto dal gigante del settore facente capo a Kaspersky.
Il curriculum del dominus della società è peraltro impeccabile, essendosi egli formato, udite udite, nientepopodimenoche’ alla Scuola Superiore del KGB.
E dov’è il problema? Solo perché un povero studente, magari senza mezzi, ma volenteroso, ha approfittato della possibilità di prendersi il classico pezzo di carta in una prestigiosa istituzione statale russa, i soliti complottisti devono necessariamente associarlo a barbe finte, assassinii al polonio, inoculazione di malware o spyware nei gangli nevralgici dei sistemi informatici della Difesa e della Sicurezza Nazionale?
Ma non scherziamo…se persino il general manager della Kaspersky in Italia, soggetto quindi assolutamente al di sopra delle parti, ha assicurato che loro sono persone serie e riservate e che queste cosacce brutte non le farebbero mai!
E poi chi poteva immaginare che gli ottimi rapporti con la Russia si sarebbero un giorno deteriorati per un banale sconfinamento di qualche divisione corazzata in una regione che peraltro non ha nulla a che vedere con l’Italia?
Deteriorati a tal punto che un alto diplomatico russo ad un dato momento inizia a sclerare prendendosela con il nostro ministro della difesa e investendolo con oscure minacce riferite alla pandemia Covid che…
Alt! Fermo immagine….rewind….pandemia Covid? Ma che c’entra?
Immediatamente rispolveriamo il rassicurante stereotipo del russo tracotante annebbiato dai fumi della vodka, stereotipo che però ci abbandona rapidamente allorché andiamo a vedere chi sia il diplomatico in questione.
Paramonov (questo il nome) viene descritto come una personcina a modo, disponibile, fine e appassionato del suo lavoro, parla correttamente l’italiano ed è un punto di riferimento per l’Ambasciata Italiana a Mosca.
Inoltre, riudite riudite, è Cavaliere della Repubblica Italiana, essendo assurto a questa importante onorificenza concessa dal Capo dello Stato su proposta di Giuseppi.
Allora perché questa garbata persona tira in ballo la pandemia? Che ci azzecca?
Dare una risposta a questa domanda non è stato facile ed ha richiesto importanti investimenti
Quindi cacciato 1 euro e mezzo mi sono comprato il Corriere della Sera dove chiunque può leggere che nel marzo 2020 sotto la determinata und ferrea regia di Giuseppi, si svolse la missione russa finalizzata a portare aiuti ad un’Italia stremata dal Covid.
Il 22 marzo tra rulli di tamburi e garrire di bandiere, 13 quadrireattori Ilyushin atterrano a Pratica di Mare sbarcando 104 persone pronte ad intervenire in nostro soccorso.
Bello! Anzi…Bellissimo! 104 tra medici e personale sanitario che vengono in Italia a… no, no, piano….di questi 104, 28 sono medici e 4 infermieri.
Ah…e gli altri?
Militari…. Cioè? Militari è un po’ generico…
Boh!
Ma c’erano anche elementi del GRU, il Servizio Informazioni delle Forze Armate Russe?
Boh, può darsi…quelli stanno dappertutto
Ma c’era un protocollo che regolamentava lo svolgimento delle loro attività?
Ma certo! Patto d’acciaio che prevedeva:
– Accesso alle cartelle cliniche dei pazienti
-Accordi commerciali per farmaci e strumentazioni
– last but not least accordi per lo sviluppo del vaccino Sputnik
A dire il vero i russi avevano chiesto anche ai cinesi di poter dare un’occhiata a Wuhan, ma i cinesi che sono un po’ diffidenti hanno risposto picche. Noi invece, ben più ospitali, non abbiamo posto nessun vincolo per l’accesso a ospedali, laboratori e dati sanitari. Anzi, la Regione Lazio per non essere da meno stipula un accordo per la collaborazione scientifica tra l’Istituto Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya di Mosca per valutare la copertura del vaccino Sputnik, sebbene questo non sia mai stato autorizzato dall’EMA.
Lo scambio di dati (quali? Come? Boh!) è stato interrotta dallo Spallanzani tre settimane dopo l’invasione dell’Ucraina.
Va detto per amor del vero che l’opera del personale sanitario russo facente parte della missione si svolse con professionalità e abnegazione e fu molto apprezzata dai colleghi italiani
Che abbiano fatto gli altri componenti della spedizione e come questi abbiano utilizzato gli ampi spazi di manovra loro concessi però non è dato sapere.
Probabilmente non c’è nulla da nascondere, ma allora perché tra le minacce profferite da Paramonov c’è anche quella di svelare cosa accadde in quel contesto?
E perché nell’aprile 2020, a seguito di un articolo apparso sulla Stampa riportante interrogativi sulla missione russa in Italia, il responsabile della comunicazione di Mosca Igor Konashenkov inviò una lettera al giornale che si concludeva simpaticamente con la frase “chi scava la fossa ci finisce dentro?” (alla faccia dell’esperto in comunicazione!)
Mah…per un investimento di 1 euro e mezzo credo di aver scritto abbastanza.
Mi concedo un’ultima considerazione: FORSE mentre ci logoravamo in sottili questioni di privacy su chi potesse controllare il green pass o su chi potesse verificare se il green pass fosse realmente del soggetto che lo mostrava o infine sul fatto che il green pass dovesse considerarsi un’informazione sensibile in quanto dato sanitario….cartelle cliniche e molto altro ancora prendevano letteralmente il volo verso un altro Paese…ho scritto FORSE, eh?