
Cyberwarfare di alto livello, fake news e guerra dell’informazione sono alcune delle tematiche che orbitano attorno all’attuale scenario di crisi internazionale della guerra fra Russia e Ucraina. Come poteva essere più che prevedibile, parallelamente all’azione di hacktivism da parte di collettivi come Anoymous o il gruppo ransomware Conti, è arrivato a più riprese anche l’intervento da parte delle Big Tech. Alcuni esempi: l’attivazione di Starlink in risposta alla richiesta del vicepresidente ucraino Fedorov, la disattivazione di alcuni servizi di Google maps sul territorio dei conflitti per impedire l’accesso ad informazioni in tempo reale, o altrimenti l’intervento di Meta per ostacolare alcune azioni di manipolazioni riconducibili all’azione russa.
Per un accorto osservatore in grado di cogliere gli spunti critici, tali fatti sono tutt’altro che rassicuranti. Andando al di là di qualsivoglia opinione più o meno polarizzata riguardante il contesto politico e internazionale, quel che emerge e che in realtà era già da tempo sotto gli occhi di tutti è la prova di un potere dirompente di cui dispongono effettivamente i servizi OTT. E se quel potere occorrerà sempre più attentamente vigilare al fine di evitare pericolose deviazioni o deragliamenti, ponendo particolare cura nel rafforzamento degli intenti di effettiva regolamentazione a riguardo. Dal momento che le conseguenze che le azioni sono in grado di generare è confrontabile con quello di una vera e propria “soluzione nucleare” applicata al panorama digitale, la giusta allerta è quanto mai doverosa. Anche perché è opportuno ricordare che la dimensione digitale non è affatto scollegata dal reale, ma anzi ne è parte integrante sia come concetto che sul piano della materialità per la capacità di generare effetti più che significativi per forza di impatto e propagazione.
Una volta che le braci dei conflitti emergenti saranno sopite, la speranza è che sia maggiormente diffusa e finalmente metabolizzata la consapevolezza riguardante tutti i rischi correlati all’azione incontrollata dello sfruttamento dei nuovi monopoli naturali digitali. E per logica conseguenza si ponga come driver primario l’esigenza di definire i relativi framework di responsabilità secondo parametri di effettività e garanzie di controllo.
Di certo, tutti questi principali attori del panorama mondiale potranno svolgere delle legittime azioni di lobbying. Con altrettanta certezza, però, perseguire il percorso delle soluzioni di autoregolamentazione è quanto di più distante da poter realizzare orizzonti desiderabili.