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Il “Sogno” si è infranto.

La notizia dei danni subiti dal poderoso aeroplano ha fatto il giro del mondo. Vediamo perché ha avuto questa risonanza.

Chiunque sia minimamente interessato alla storia dell’aviazione non può non conoscere questa regina del cielo: parliamo dell’Antonov An-225 “Mriya” (“Sogno”, in lingua ucraina –“Cossack” nella denominazione NATO), il più grande aeroplano in servizio. Anzi, purtroppo, non più.

NCLAirPics

Le operazioni di guerra in corso in Ucraina hanno infatti bersagliato l’aeroporto di Gostomel a nord-ovest, della capitale Kiev, andando a colpire l’hangar della base operativa della Antonov Airlines, la compagnia che gestisce i trasporti aerei di maggiore carico nel mondo, utilizzando la sua flotta costituita, oltre che dall’unico esemplare di An-225, anche di cinque An-124 “Ruslan” (le “sorelline minori”) e di un esemplare prototipo di An-178.

Le eccezionali dimensioni di stiva e la capacità di carico utile e raggio operativo fanno dei giganti Antonov i preferiti per la realizzazione di trasporti eccezionali per via aerea, prima del tutto impensabili. E i diretti concorrenti (Airbus A-380, Boeing 747 Cargo) hanno sempre faticato a tenere il passo.

La nascita dell’An-225 ha ovviamente origini militari: la rincorsa allo spazio, cui la NASA aveva dato un enorme boost con i viaggi “andata e ritorno” degli Shuttle, aveva determinato anche nella controparte sovietica la necessità di non restare indietro. Così, alla fine degli anni ’80 con la progettazione della navetta riutilizzabile della classe ”Buran”, anche i sovietici si trovarono ad affrontare gli stessi problemi dei colleghi americani: come iniziare i collaudi in volo, mentre si progettavano i vettori di lancio.

Una soluzione assolutamente comparabile venne adottata dai due concorrenti: per la NASA, i vettori SCA (“Shuttle Carrier Aircraft”, su base Boeing 747 adeguatamente modificata) con alloggiata sul dorso la navetta, per il decollo “normale” e il successivo rilascio ad alta quota per le verifiche del volo planato e controllato di rientro.

I sovietici al momento non disponevano di un mezzo adeguato: l’An-124 non era sufficiente, ed il vettore inizialmente prescelto (Myasishchev VM-T “Atlant”) non era più rispondente alle necessità. Il capo ingegnere della Antonov, Viktor Tolmachev, mise mano al suo progetto del già validissimo An-124: tira di qua, allunga di là, aggiungi due motori, ed il miracolo ingegneristico del Mriya era compiuto.

Dopo le esperienze con la navetta “Buran” e il sostanziale disgregamento dell’URSS, poi CSI, e quindi la sospensione dei programmi spaziali “in grande”, la Antonov (che aveva sede operativa in Ucraina), divenne proprietaria dei mezzi, e si declinò come compagnia commerciale per trasporti aerei speciali.

Le caratteristiche del solo esemplare di An-225 (nel frattempo ricondizionato ed ammodernato per la certificazione commerciale internazionale) ne hanno fatto un simbolo di unicità e una sorta di mascotte gigante degli appassionati di aeronautica. Gli “spotters” (fotografi appassionati di aeronautica) considerano gli scatti al Mriya una sorta di “medaglia d’oro” nei loro book fotografici. Personalmente non ho mai avuto la fortuna di vederlo, né a terra né tantomeno in volo, ma lo colloco in una ristretta cerchia di meraviglie volanti, insieme allo Spitfire e all’AvroVulcan.

Torniamo ai tristi giorni nostri. La notizia del bombardamento all’aeroporto di Gostomel e la diffusione delle prime fotografie hanno immediatamente messo in movimento gli appassionati, e a stretto giro anche le autorità governative ucraine hanno confermato il fatto. “The world’s favorite aircraft”, è stato definito. Ecco spiegato il movimento di cordoglio, se di cordoglio si può parlare per una macchina.

C’è da riportare che, almeno nei primi momenti, la notizia non sembrava confermabile. Comprensibilmente, visto che la base di armamento Antonov è nell’aeroporto che, al momento, era ancora oggetto di concitate operazioni militari. Inoltre, alcune voci (riportate da aviation24.be) davano l’aeromobile “in salvo” in Georgia. Altre invece confermavano che l’aereo fosse effettivamente in hangar per un periodo di manutenzione, in preparazione al successivo nolo.

Tuttavia, successivi tweet (tra cui quello quello attribuito al Ministro degli Esteri ucraino e quello dell’account @Ukraine) davano una ragionevole certezza con pàtina di ufficialità alla notizia del danneggiamento.

Per ragion di trasparenza, oltre alle note immagini dell’hangar colpito, non sembrano reperibili al momento fotografie dirette dei danni subiti dal velivolo.

Molti si chiederranno “ma va bene, ci saranno i progetti, si potrà riparare…”.

È sicuramente vero, ma a che prezzo? Come molti altri progetti tecnologici “miracolosi”, l’equilibrio sottile tra utilità, costi e necessità a volte consente di creare un oggetto soltanto in un unico, preciso istante, in condizioni irripetibili. 

Da tempo presso i cantieri Antonov giace una cellula “semilavorata”, probabilmente realizzata ancora ai tempi dei finanziamenti militari per la corsa allo spazio e quale inizio di un programma di costruzione seriale mai avviato. Infatti, mai fu intrapresa la costruzione del secondo esemplare. Nel 2016 furono fatti dei passi, con contatti per un accordo di licenza di produzione tra la Antonov e Airspace Corporation of China, probabilmente per soddisfare esigenze militari del governo della Città Proibita. Tuttavia, per quanto a mia conoscenza, l’accordo non portò a conclusione il progetto.
Le ultime notizie risalgono all’inizio di febbraio 2021 , con rumors di un possibile ulteriore accordo, sul quale però la società di gestione di Antonov non ha mai rivelato indiscrezioni.

E forse Mriya 2 resterà un sogno davvero.

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