
Stando al comunicato stampa emesso dal Governo, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge che introduce ulteriori misure urgenti sulla crisi in Ucraina nonché è stato dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2022 “in relazione all’esigenza di assicurare soccorso e assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale in conseguenza della grave crisi internazionale in atto.”. Sebbene tale proclamazione possa facilmente essere riconducibile ad uno dei presupposti di fatto annoverati fra gli eventi emergenziali di cui all’art. 7 del Codice della protezione civile (d.lgs. 1/2018), è opportuno operare i dovuti distinguo in quanto strutturalmente basato su un contesto ben differente rispetto all’emergenza sanitaria. Da ciò consegue per logica che tale nuovo stato di emergenza non potrà essere invocato come motivazione per alcuna delle misure precedentemente adottate per la gestione della precedente emergenza che invece trova il proprio decorso al 31 marzo 2022.
O almeno così si spera, in ragione del rispetto dei limiti posti dall’ordinamento giuridico stesso che richiedono che ogni misura adottata in situazioni straordinarie debba ancor più essere motivata, limitata nel tempo e proporzionata. Così non sarebbe se si andasse formalmente a richiamare uno stato d’emergenza strutturalmente differente anziché – in ossequio al rispetto della legalità pur in periodi eccezionali – riconvertire e rimodulare tutte le misure introdotte in forza di legge.
Certo: l’ipertrofia normativa da COVID-19 potrebbe facilmente far cadere nella tentazione di assecondare l’impulso di cedere ad una facile scorciatoia formalistiche per non dover riesaminare quella iperproduzione di una legislazione spesso dal linguaggio incomprensibile se non addirittura scorretto talvolta per alcuni eccessi di approssimazione (qual è stato ad esempio l’impiego del termine “congiunti”) e talaltra per difetto di consistenza logica (come non dimenticare i “motivi di necessità”? o le FAQ). Ma è responsabilità delle istituzioni dello Stato, e ancor più degli organi di legislazione, non fare ricorso a un cheat code per un rinvio di quell’operazione necessaria di riordinamento delle misure emergenziali che possa portare ad un risultato ben più desiderabile di una mera indicizzazione.
E se a pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia, allora ci si trova di fronte a due scenari. O si sta sbagliando, e dunque ci si augura che l’errore trovi un più facile perdono e giustificazione in ragione dei tempi eccezionali. O altrimenti quello che si segnala è un rischio tutt’altro che di poco conto nel momento in cui due emergenze si trovano in parte sovrapposte e potrebbero portare ancor più confusione in un panorama già ben confuso fra obblighi giuridici o derivanti da moral suasion, affastellamenti di continue semplificazioni e gli inevitabili assembramenti di FAQ.