TECNOLOGIA

Robot che evolvono autonomamente

Grazie a progetti come Artificial Robot Evolution, i robot potranno riprodursi, apprendere ed evolvere in completa autonomia.

Una sfida imminente per la prossima generazione di robot potrebbe essere di imitare il processo di evoluzione della specie, che ha guidato lo sviluppo degli esseri viventi sin dalle origini. Non si tratta di fantascienza, bensì di un obiettivo che potrebbe portare i robot a diventare utili in situazioni che richiedano forte capacità di adattamento. Queste tipologie di sfide sono quelle in cui, finora, i robot hanno manifestato i limiti più evidenti.

A dirla tutta, un uso fuori contesto del principio dell’evoluzione della specie non è proprio una novità. Negli anni ’60, un gruppo di allievi ingegneri in Germania aveva proposto la prima strategia algoritmica basata sull’evoluzione. Solo negli ultimi decenni, tuttavia, l’esplosione della capacità computazionale ha consentito l’applicazione sempre più spinta ed estesa di tale concetto.

Il progetto ARE (Artificial Robot Evolution), è attualmente uno dei più interessanti nell’ambito dell’evoluzione robotica. Il suo obiettivo è la definizione di un sistema mediante il quale dei robot, equipaggiati con sensori, possano essere prodotti ed evolvere nel mondo reale in maniera del tutto autonoma.

Il codice genetico dei robot protagonisti del progetto evolve nel cosiddetto triangolo della vita. Inizialmente, una stampante 3D crea la struttura di base cui vengono attaccati, tramite un braccio robotico, sensori e mezzi di locomozione presi da un banco di componenti precostruiti. Viene poi aggiunta una scheda Raspberry Pi contente il software del robot, cui sono collegati i sensori e i motori.

La seconda fase è quella del testing. I robot vengono impiegati nel prototipo di un reattore nucleare nel quale deve essere rimosso materiale radioattivo, evitando ostacoli e riconoscendo correttamente il materiale da prelevare. I dati prodotti dal robot durante l’esercitazione vengono inviati ad un computer, che produce una ricombinazione del DNA robotico al fine di migliorare le prestazioni ottenute. Viene pertanto generato un robot figlio, pronto per ricominciare l’attività di testing.

In linea di principio, per come è stato immaginato il sistema, esso potrebbe procedere anche senza alcun controllo esterno. Nel lungo periodo questo aspetto, insieme alle grandi opportunità che può generare, espone al rischio che vengano prodotti robot con caratteristiche non desiderate, potenzialmente fonte di pericolo per gli esseri umani. Sarà necessario, pertanto, pensare ad un continuo monitoraggio del processo evolutivo, sfruttando modelli predittivi che evidenzino le possibili cause di incompatibilità del robot con i princìpi di sicurezza.

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