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La Russia non potrà essere perseguita per il crimine di aggressione

Il drammatico caso dell'Ucraina evidenzia la complessa esecutività del sistema giuridico penale internazionale: vediamo perché

Da poco tempo la comunità internazionale si è dotata di un corpo normativo di diritto internazionale penale i cui natali sono avvenuti a Roma  nel 1998  con l’istituzione della Corte Penale Internazionale (CPI), chiamata a giudicare i responsabili di crimini particolarmente efferati, come il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione di uno Stato verso un altro Stato.

LA CPI è la prima giurisdizione penale sovranazionale indipendente e a differenza dei due tribunali ad hoc istituti degli anni Novanta (per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda),  non è un organo delle Nazioni Unite, ma un soggetto autonomo, dotato di una propria personalità giuridica internazionale. Ha sede all’Aja ed è composta da 18 giudici. L’azione penale viene proposta dal Procuratore capo, attualmente il britannico Karim Asad Khan. 

Sin dall’approvazione dello Statuto della Corte fu evidenziata l’estrema delicatezza politica della definizione del reato di aggressione il cui dibattito fu rinviato sino agli accordi di Kampala del 2010 che posero fine sul piano giuridico a quell’insufficienza e sembrava avessero messo a punto emendamenti concernenti tanto la definizione esaustiva del crimine di aggressione quanto le condizioni di operatività della Corte nel perseguimento di esso. 

Il Parlamento italiano ha ratificato tali emendamenti lo scorso novembre  consentendo così di raggiungere il numero di ratifiche sufficienti a far entrare in vigore le modifiche che sostanzialmente hanno aggiunto l’articolo dello Statuto che definisce crimine di aggressione la pianificazione, la preparazione e l’esecuzione di un atto di aggressione di uno Stato ad un altro. Nella definizione del crimine di aggressione rientra il fatto che esso sia perpetrato da persone al vertice dello Stato che aggredisce, in grado di controllare o dirigere l’azione politica o militare di detto Stato.

L’articolo definisce ulteriormente atto di aggressione l’atto che implica l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato, ovvero l’uso della forza armata in ogni altro modo che contraddica la Carta delle Nazioni Unite. Rientrano, pertanto in tali violazioni l’invasione da parte delle forza armate di uno Stato del territorio di un altro Stato, ovvero qualsiasi tipo di occupazione militare, ancorché temporanea, che risulti da tale invasione, oppure qualsiasi annessione con la forza del territorio dell’altro Stato o di parti di esso.

Parrebbe immediato quindi configurare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia quale crimine di aggressione che consente alla Corte Penale internazionale di procedere non solo contro una nazione ma contro i singoli responsabili di un Paese che ha condotto l’ingiustificata invasione portando la guerra a un altro Paese, pianificando, preparando e dando inizio all’azione militare. 

Invece no.

Il drammatico caso dell’Ucraina mette in evidenza la complessità e la contorta esecutività del sistema giuridico penale internazionale.

Tornando agli emendamenti ed ai passaggi che riguardano il funzionamento della Corte si legge che laddove il Procuratore ritenga esservi un ragionevole fondamento per iniziare un’investigazione in ordine a crimini di aggressione, procederà anzitutto ad accertare se il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non abbia adottato una decisione sull’atto di aggressione commesso dallo Stato interessato. Accertata l’esistenza di una decisione in materia del Consiglio di sicurezza, il Procuratore potrà procedere con l’investigazione sulla violazione.  

E’ palese che il Consiglio di Sicurezza non potrà mai emettere alcuna risoluzione in merito essendo coinvolto un proprio membro permanente, la Russia, con diritto di veto. E’ altrettanto evidente come i pianificatori russi conseguentemente non potranno mai essere perseguiti dalla Corte.

L’Ucraina non figura tra i 123 Paesi che hanno aderito allo Statuto di Roma ma in considerazione dell’artificioso meccanismo che fa soggiacere una giurisdizione apparentemente universale ad una decisione politica, di fatto la sua appartenenza non avrebbe cambiato nulla.   

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