
Nonostante l’impegno dei migliori analisti è difficile comprendere la causa della crisi in atto nell’Europa dell’Est e chi ne sia davvero l’artefice.
Troppi punti sono di difficile lettura per chi è al di fuori dei centri decisionali.
I quattro anni di pace cui purtroppo ci aveva abituato la precedente amministrazione USA si sono dissolti e tradotti in informative dell’intelligence americana relative ad un’improvvisa e rinnovata minaccia da parte della Russia nei confronti della Ucraina. Le due repubbliche separatiste ucraine di Lugansk e Donetsk ieri sono state riconosciute dal presidente Putin il quale nella notte ha inviato truppe per riconoscerne un’indipendenza che di fatto già avevano dal 2014 con gli accordi di Minsk.
La Nato, USA in testa, sta seguendo gli eventi con giusta preoccupazione come è normale che sia ad ogni avvisaglia di conflitto. La comunità internazionale però si chiede come l’Organismo si possa indignare per il riconoscimento – non annessione, si badi bene – delle due repubbliche ucraine quando la Turchia, uno dei membri più influenti della Nato, da anni ha invaso parte della Repubblica di Cipro, una cui ampia porzione si è autoprocalamata Repubblica Turca di Cipro del Nord con il riconoscimento internazionale della sola Turchia.
Poi c’è il precedente del Kossovo, regione nel 2008 autoproclamatasi indipendente dalla Serbia cui apparteneva. In quel caso ad essere bombardata fu la Serbia senza alcuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza. L’Italia intervenne anch’essa priva di autorizzazione del Parlamento, la cui sanatoria postuma costituisce ancora adesso caso di studio da parte di internazionalisti e costituzionalisti.
Infine c’è da domandarsi perché la NATO sta forzando quel famosso accordo del 1991 che doveva regolare i rapporti tra Europa centrale e orientale con una Russia in difficoltà, ma ancora capace di una normale reazione in caso di minaccia alla propria sicurezza.
I negoziatori di Stati Uniti, Germania unificata, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia concordarono che l’Alleanza Atlantica non sarebbe andata oltre il fiume Oder e che nessuna altra nazione dell’Europa centrale ne avrebbe fatto parte. Piano piano quell’accordo fu disatteso e degli attuali 28 membri molte sono le repubbliche ex sovietiche tra cui le repubbliche baltiche , Polonia, Ungheria , Repubblica Ceca e dal 2009, Albania e Croazia.
Siamo giunti quindi ad un punto critico. In un susseguirsi di pericolose dichiarazioni da parte dei principali protagonisti dello scontro sta lavorando la diplomazia che si spera abbia ancora i margini per ricomporre il conflitto. Una contrapposizione che al momento ha un grande sconfitto, l’Europa, che già soffre di aumenti sconsiderati di prodotti legati all’energia ma che in caso di sanzioni alla Russia è quella che avrà più da perdere.
Auspichiamo quindi che non si vada alla ricerca di un unico responsabile della tensione ma che abili e responsabili negoziatori perseguano ogni sforzo per evitare che un inspiegabile conflitto degeneri in una guerra da conseguenze e confini imprevedibili.