
Le operazioni di SpaceX a Boca Chica sembrano segnare il passo da alcuni mesi, ma in realtà i progressi sono lenti e stabili, e due giorni fa hanno avuto un passaggio fondamentale.
La sequenza spettacolare di lanci di alcuni mesi fa, che hanno visto salire nel cielo americano i prototipi di Starship, ha lasciato il posto ad un lungo periodo di attesa, durante il quale la compagnia capitanata da Elon Musk è sembrata più un’azienda di costruzioni, che un’impresa aerospaziale. Nessun lancio è stato più effettuato da maggio, e l’attenzione del pubblico è gradatamente scemata.
Le ragioni per questo lungo intervallo sono diverse, tutte legate al prossimo obiettivo del programma Starship: realizzare il montaggio, o stacking, di Starship sul booster che la renderà capace di effettuare il primo volo orbitale; la lunghissima revisione dell’impatto ambientale dei futuri lanci orbitali da parte della FAA; la revisione dei motori Raptorche equipaggiano Starship; e soprattutto la necessità di costruire la torre di lancio orbitale.
La maggior parte di questi obiettivi sono stati realizzati. Lo stacking di Starship sul booster è stato effettuato utilizzando una enorme gru denominata Mechazilla, che ha sollevato l’astronave e l’ha posizionata precisamente sul lanciatore, verificandone così la perfetta compatibilità. La nuova versione dei Raptor è stata provata con successo ed installata. La torre di lancio – la più alta mai costruita – è stata realizzata negli scorsi mesi ed è oggi operativa.
Proprio quest’ultimo elemento è un traguardo di particolare importanza nell’economia del sistema di lancio realizzato da SpaceX. In tutti i programmi spaziali passati, i razzi da lanciare venivano preassemblati in hangar specializzati, e poi trasferiti alla piattaforma di lancio attraverso gigantesche banchine semoventi. La torre di lancio era una semplice struttura di sostegno, e non svolgeva un ruolo attivo nelle operazioni.
La torre realizzata da SpaceX, invece, ha caratteristiche di assoluta innovatività. Su di essa sono montati degli elementi mobili denominati chopsticks – bacchette – per la loro somiglianza con le posate cinesi.
Il ruolo delle chopsticks, che hanno la capacità di muoversi in su e in giù lungo la torre, nonché quella di ruotare attorno ad essa, è affascinante. In preparazione del lancio, catturano la Starship posizionandosi sotto agli alettoni direzionali di prua, la sollevano, e ruotando attorno alla torre, la posizionano sopra al booster. Ma la capacità più interessante è dispiegata al termine di una missione. La Starship in atterraggio viene catturata a mezz’aria dalle chopsticks da un lato della torre; ruotata intorno alla stessa; e posizionata subito su un nuovo booster, pronta ad essere nuovamente lanciata.
Questa modalità operativa consente – nei piani di SpaceX – di trasformare le procedure di lancio da un qualcosa che richiede diverse settimane di preparazione, ad un’operazione di routine. Nella visione di Elon Musk, infatti, le sue astronavi a regime dovrebbero operare secondo uno schema simile a quello degli aerei di linea: decollare, effettuare la propria missione, atterrare, rifornirsi e ripartire di nuovo entro poche ore.
È chiaro che questa modalità operativa si traduce nella capacità di rendere il volo spaziale un fenomeno rapido, ripetitivo, pronto a scalare su grandi numeri. La visione di Musk di avere centinaia di Starship che fanno routinariamente servizio tra la Terra e la Luna; o si muovono in sciami verso Marte, diventa immediatamente chiara e realizzabile.
A frenare gli sforzi di SpaceX resta un solo ostacolo: la valutazione di impatto ambientale dei voli orbitali che la FAA sta conducendo da molti mesi. Una volta terminata con esito positivo, presumibilmente entro maggio, potremo assistere al primo lancio orbitale di Starship, e contestualmente all’apertura di una nuova era nei viaggi spaziali.