
Con il DPCM 17 dicembre 2021, previo parere favorevole del Garante Privacy, venivano aggiornate le disposizioni relative alle Certificazioni verdi con la possibilità di revoca che fino a qualche mese prima giaceva inattuata nel mero dispositivo dell’art. 8 DPCM 17 giugno 2021 e come ipotesi contemplata dall’Allegato B “Funzioni e servizi della Piattaforma Nazionale-DGC”, per il solo caso di nuova positività accertata al SARS-Cov-2 dopo avvenuta vaccinazione o guarigione (casi di reinfezione).
Le liste di revoca del Green Pass sono state espressamente previste dall’art. 4 del Regolamento (UE) 2021/953, in forza del quale “La Commissione e gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell’UE”. Tale quadro è fondato su un’infrastruttura a chiave pubblica e sistemi interoperabili per il rilascio e la verifica affidabili e sicuri dell’autenticità, della validità e dell’integrità dei certificati e per l’individuazione di frodi e falsificazioni (considerando 22). Volendo dare seguito ed attuazione a tale tracciato, ora le ipotesi che portano all’inserimento nella lista di revoca sono state ampliate e contemplano anche le certificazioni “rilasciate od ottenute in maniera fraudolenta o a seguito della sospensione di una partita di vaccino anti COVID-19 risultata difettosa”.
Certamente, dover garantire – come si sarebbe dovuto fare fin dal momento della progettazione – la rettifica e l’aggiornamento dei dati è una misura conforme al principio di esattezza. Ma anche qui, tutto rischia di restare relegato all’interno della teoria e nell’alveo delle buone intenzioni. Anche perché i riscontri operativi dicono altro.
Sul piano operativo, infatti, nonostante l’implementazione di tale nuova funzione alcuni soggetti positivi e in isolamento si sono ritrovati a vedere che il proprio Green Pass si manteneva valido e non revocato. E se alcune ASL, per loro stessa ammissione, hanno addirittura riconosciuto che “Il grande numero di persone che risultano positive al tampone effettuato negli ultimi giorni non permette agli operatori di Sanità Pubblica di essere sempre tempestivi nella loro presa in carico e nel loro isolamento”, si possono solo immaginare le sorti delle comunicazioni finalizzate all’inserimento nelle liste di revoca.
C’è però uno scenario differente e ben più grave che riguarda una carenza macroscopica in sede di progettazione. All’interno delle circostanze che determinano la revoca del Green Pass non è menzionata l’ipotesi di essere destinatari di un provvedimento di quarantena da parte del Dipartimento di prevenzione della ASL.
Ciò significa che in caso di contatto stretto da cui deriva un obbligo di quarantena, il Green Pass non è revocabile: provare per credere.
E questo non deriva da un errore, un ritardo o un incidente a valle da ricondurre ad una fase operativa e d’attuazione. Il problema è strategico: la norma non ha neanche previsto questa evenienza.
Con buona pace di logiche by design e delle più elementari basi di logica e coerenza. E con tutti i problemi che ne deriveranno.