SALUTE

Se mancano i monoclonali anticovid, l’amministrazione Biden stabilisce la priorità razziale

Lei è bianco? Si metta in fondo alla fila prego. Ovvero quando giuramento di Ippocrate e cultura woke entrano in conflitto

New York. Il New York State Department of Health (NYS DOH) è la prima organizzazione a implementare l’ordine proveniente dal Center for Desease Control (CDC), di discriminare in base alle razze, durante il processo di distribuzione dei farmaci anti covid ai pazienti.

Un documento del CDC cita esplicitamente l’etnia non bianca come un fattore di rischio, ed impone al personale medico di dare la priorità alle persone di colore all’atto della distribuzione dei trattamenti farmacologici monoclonali e antivirali, al momento in scarsità negli USA a causa dell’alto volume di contagi associati alla variante Omicron.

“La razza non bianca dovrebbe essere considerata un fattore di rischio, poiché ingiustizie sistemiche sociali e sulla salute di lunga data hanno contribuito ad aumentare il rischio di malattia grave e di morte per COVID-19”, si legge nella guida.

Il NYC DOH aveva individuato, già dallo scorso ottobre, i trattamenti con anticorpi monoclonali come “disponibili e salvavita”, esortando la popolazione a sottoporsi alla specifica profilassi alla comparsa dei primi sintomi. Lo stesso sovrintendente dell’agenzia newyorkese, il dottor Dave Chokshi dichiarava infatti che “la scienza ha dimostrato che i trattamenti con anticorpi monoclonali funzionano e possono essere determinanti per contenere la gravità della malattia da COVID-19. La somministrazione dovrebbe iniziare al più presto possibile in seguito al risultato positivo al test per il COVID-19″.

Nel suo memorandum, l’agenzia indica “Sotrovimab (Xevudy) come l’unico prodotto monoclonale anticorpo efficace contro la variante Omicron puntualizzando che “le scorte del farmaco sono estremamente limitate ed il personale medico adibito alla sua distribuzione dovrebbe aderire alla guida su come assegnare priorità, redatta dal CDC”.

 Il documento spiega in base a quali principi sarà articolato quali pazienti godranno priorità e quali invece saranno spinti in fondo alla fila.

 “In tempi di scorte limitate di anticorpi monoclonali (mAbs) e antivirali orali (OAV), il personale medico dovrebbe dare priorità ai pazienti idonei al trattamento, in base al loro specifico rischio di progredire verso la fase acuta del COVID-19…Inoltre, i farmaci più efficaci dovrebbero essere somministrati priorizzando i pazienti a più alto rischio di ospedalizzazione e decesso”.

Glenn Greenwald popolare giornalista indipendente e cofondatore di The Intercept, in un suo blog del 31 dicembre scorso, analizza le linee guida del CDC:

“Il documento stabilisce cinque diverse categorie di pazienti che hanno diritto alla priorità quando si tratta di un trattamento COVID in quantità limitate. Più fattori di rischio ha un paziente, più alta è la priorità che gli viene assegnata. Come ci si aspetterebbe, i pazienti di COVID più anziani, immunocompromessi e con “fattori di rischio per malattie gravi” ricevono la priorità. Ma lo schema di priorità prevede che anche la razza faccia parte dei criteri di selezione.” 

Per cominciare, il CDC nota che “le persone facenti parte di alcune minoranze razziali ed etniche hanno meno probabilità di essere vaccinate contro il COVID-19, rispetto ai bianchi non ispanici”.

Infatti, i dati più recenti del CDC dimostrano che i gli afroamericani e gli ispanici si stanno vaccinando a tassi inferiori rispetto ai bianchi, mentre gli asiatici si vaccinano a tassi superiori a tutti. 

I dati mostrano che per quarantadue stati esaminati, “il 58% dei bianchi aveva ricevuto almeno una dose di vaccino COVID-19, che era vicino al tasso per gli ispanici (56%) ma superiore a quello degli afroamericani (51%)”, mentre “il tasso complessivo di vaccinazione negli stati per le persone asiatiche era più alto rispetto ai bianchi (77% contro 58%)”.

Ma in molte zone geografiche storicamente liberali, la mancata vaccinazione da COVID è considerata un affronto morale che merita di essere punito con la privazione dell’assistenza sanitaria, non qualcosa da premiare con una maggiore priorità al momento della cura“. Coloro che sostengono il Green Pass ed i passaporti per i vaccini desiderano che alle persone non vaccinate sia negata la possibilità di lavorare, studiare, viaggiare o avere accesso agli spazi pubblici, sulla base del fatto che non essere vaccinati è una scelta immorale che mette in pericolo il cittadino responsabile. 

Alcuni medici si rifiutano di fornire assistenza sanitaria alle persone non vaccinate, e la professione medica ha discusso apertamente se i non vaccinati debbano essere allontanati da ambulatori e strutture di cura pubbliche. Alcuni politici liberali hanno persino suggerito che alle persone non vaccinate venga negata l’assicurazione sanitaria.”

Dunque se il predicato innalzamento del fattore di rischio relativo alle minoranze etniche è attribuibile ad un tasso di vaccinazione inferiore, nell’America di Biden dove a detta del presidente ed in maniera facilmente verificabile e provata, il vaccino è ugualmente accessibile a tutte le etnie, come si concilia il j’accuse della sinistra verso il non vaccinato (bianco) con il premiarlo assegnandogli priorità di cure se è invece di colore?

Come è possibile che secondo le linee guida del CDC, un giovane giocatore di pallacanestro della NBA, magari milionario e sprizzante di salute, avrà precedenza di trattamento su un homeless di razza bianca perché ritenuto più a rischio?

Secondo Glenn Greenwald il dilemma è facilmente risolvibile.

“Sulla base della premessa del CDC che la vaccinazione per COVID-19 ne riduce il rischio e le sue potenzialmente gravi complicazioni, allora una persona di colore vaccinata, a parità di altri fattori (età e salute), sarebbe meno a rischio di gravi complicazioni COVID di una persona bianca non vaccinata. 

Quindi non ha assolutamente senso assegnare priorità basate sulla razza di appartenenza per l’accesso al trattamento, sulla base delle disparità di vaccinazione tra i pazienti.

Lo stesso vale per un altro fattore citato dal CDC per spiegare le disparità razziali nell’incidenza del COVID. Il CDC afferma per esempio che “le condizioni mediche preesistenti che elevano il rischio di gravi complicazioni da COVID-19, possono essere più comuni tra le persone appartenenti a minoranze razziali ed etniche”. Gli esempi che l’agenzia fornisce: “le condizioni di base comuni tra coloro che richiedono la ventilazione meccanica o sono deceduti, includono diabete, pressione alta, obesità, malattia renale cronica in dialisi, e gravi condizioni cardiache”. A tale proposito è opportuno notare che “uno studio a New York City ha trovato che le persone di colore non ispaniche e quelle ispaniche avevano tassi di obesità più alti e tassi di mortalità COVID-19 più alti rispetto agli asiatici e ai bianchi non ispanici”.

Ed il cerchio si chiude.

C’è tutta una generazione di professionisti della medicina, aderenti al modello woke, impegnata a proporsi come voce unica in diritto di decidere cosa e chi vale la pena di curare e quando. 

Casi simili a quello trattato nell’articolo continuano a popolare le news a dispetto del netto distacco dal senso comune e spesso dalla stessa realtà.

Tentativi, a mano dell’amministrazione Biden/Harris di implementare la disparità razziale e renderla legale, sono già stati sventati nel loro intento di violare la Costituzione e puniti con piena applicazione della legge. 

Tali esempi, mettono in luce la gravità del dibattito sull’eguaglianza di diritti e doveri attraverso i vari poli razziali e le conseguenze della polarizzazione in questo momento in pieno zenith nel ventre molle della società americana.  

Back to top button