TECNOLOGIA

Un robot per combattere le specie animali invasive

Progettato un predatore robotico per combattere le gambusie

La distruzione o -nel caso migliore- l’alterazione dell’ecosistema da parte di noi esseri umani, sta producendo danni che da tempo gli scienziati ci dicono essere pressoché irreversibili. I tentativi di riparazione a quanto provocato, finora classificabili tra il goffo ed il timido, ci dicono che probabilmente da soli non saremo in grado di apportare cambiamenti significativi nell’arco di poco tempo. È per questo motivo che negli anni si sono moltiplicate le iniziative di progettazione di robot che potenzialmente possano fornire un contributo rilevante al miglioramento dell’ecosistema. Gli esempi in tal senso sono molteplici, basti citare il bradipo robot del Georgia Tech per il monitoraggio dell’inquinamento e la tutela fauna a rischio, o i robot spazzini già oggetto di un contributo su infosec.

Tra le più notevoli applicazioni robotiche in campo ambientale spicca il recente articolo pubblicato su iScience dal titolo “Ecology of fear in highly invasive fish revealed  by robots”. In questo lavoro, un team di scienziati si è occupato della progettazione di un predatore robotico per il contrasto di una tra le cento specie invasive più nocive al mondo, le gambusie.

Il pesce in questione, ribattezzato damnbusia, introdotto dall’uomo in molte parti del mondo quale antidoto contro gli insetti vettori di malattie, si è rivelato ben presto un problema per l’ecosistema vista la sua aggressività con le specie autoctone. Per combatterlo si è deciso di trarre ispirazione dal suo predatore naturale, il persico trota, emulandone le movenze.  Lo studio ha dimostrato che ponendo il robot nei pressi di un gruppo di gambusie si può determinate una reazione di stress e paura che porta nelle settimane successive queste ultime a sviluppare perdita di peso, mutamenti nella conformazione fisica e riduzione di fertilità. La chiave per debellare la loro presenza non è dunque un’arma posizionata sul terminale del sistema robotico, ma uno sconvolgimento psicologico. 

La scala degli esperimenti condotti è ancora a livello di laboratorio. È lo stesso Maurizio Porfiri, coautore dello studio, ad aver dichiarato che dovrà essere svolto ancora del lavoro prima di immaginare di introdurre il robot nell’ambiente. Ciò non toglie ovviamente l’eccezionalità dei risultati ottenuti, una pietra miliare nell’ambito delle pratiche di combattimento delle specie invasive.

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