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A proposito di Patrioti. Accadde 80 anni fa

L'ufficiale della Marina italiana Luigi Durand de la Penne e la sua impresa nel porto di Alessandria durante la Seconda guerra mondiale

Il 19 dicembre 1941 nelle acque del Mediterraneo accadde uno degli episodi più nobili che si possano verificare durante un conflitto. Un ufficiale della Marina italiana rischiò la propria vita per salvare centinaia di vite umane, pur se appartenenti ad una Forza navale nemica. Il suo nome era Luigi Durand de la Penne e faceva parte della Decima Flottiglia MAS, unità speciale della regia Marina italiana nella Seconda guerra mondiale, che doveva il suo nome ad un’altra famosa unità militare della storia: la X legione di Cesare, quella preferita dal console romano. Era stata costituita per portare a termine attacchi a navi nemiche mediante azioni di sabotaggio con l’uso di piccoli battelli subacquei chiamati, appunto, MAS.

MAS, in gergo “maiale”, stava per Motoscafo Armato Silurante,  ma si dice anche che avesse preso il nome dal motto utilizzato da D’Annunzio (Memento Audere Semper, ‘ricordati di osare sempre’) durante l’assalto con mezzi subacquei a Buccari. Erano siluri modificati ove prendevano posto due sommozzatori che avvicinati all’obiettivo dovevano essere in grado di nuotare sino sotto alle navi per collocarvi l’esplosivo. Per tali incursioni, una novità assoluta nell’ambito della guerra navale del periodo, servivano equipaggiamenti speciali e uomini speciali, fortemente motivati – patrioti, per usare un termine in voga oggi – la cui azione era diretta contro il potenziale bellico e non contro gli uomini.

Uno di questi era il tenente di vascello Luigi Durand de la Penne. Era nato a Genova e terminato il corso all’Accademia Navale di Livorno, dopo un periodo d’imbarco su varie cacciatorpediniere, entrò a far parte di quello speciale reparto subacqueo partecipando attivamente alle prime spedizioni. La sua fama è però legata all’impresa di Alessandria ove a bordo di un maiale da lui pilotato con l’aiuto del capo palombaro Emilio Bianchi, all’alba del 19 dicembre 1941 riuscì nell’impresa di affondare la corazzata Valiant, ammiraglia della Marina inglese.

La missione era partita pochi giorni prima quando il sommergibile Scirè al comando del Tenente di vascello Junio Valerio Borghese salpò dal porto della Spezia, base operativa della flottiglia. Imbarcò operatori e barchini nell’isola egea di Lero e la sera del 18 dicembre raggiunse le acque egiziane, al largo del porto di Alessandria, ove erano giunte le corazzate Valiant e Queen Elizabeth, nonchè la petroliera Sagona.

Il piano prevedeva che il gruppo di incursori a bordo di tre maiali doveva giungere sotto la chiglia del proprio obiettivo, piazzare le cariche di esplosivo e, successivamente esfiltrare dirigendosi a terra e cercare di cavarsela per poi in qualche modo raggiungere autonomamente lo Scirè che li avrebbe aspettati al largo.

Il bersaglio di Durand de la Penne e Bianchi era il Valiant. Bianchi accusò un malore, ma Durand de la Penne riuscì lo stesso ad adagiare la carica esplosiva sul fondo della carena della nave per poi riaffiorare, fu però individuato dagli inglesi e catturato insieme al suo gregario. Entrambi furono rinchiusi in una stiva sotto la linea di galleggiamento, adiacente al deposito munizioni. Fu a quel punto che l’ufficiale chiese di parlare con il comandante della nave, Capitano di Vascello Charles Morgan. Voleva riferire che aveva piazzato degli ordigni esplosivi e che di lì a poco la corazzata sarebbe espolsa. L’equipaggio doveva, pertanto, essere messo in salvo.  

L’interrogatorio finalizzato a conoscere il posizionamento delle cariche non ebbe risposta neppure quando Durand de la Penne fu nuovamente rinchiuso in cella destinato a saltare con tutta la nave.

Solo per una fortuita coincidenza l’onda d’urto seguita all’esplosione causò l’abbattimento del portellone metallico che sigillava la stiva e consentì a de la Penne di mettersi in salvo. Catturato ancora una volta, fu tradotto in un campo di prigionia in India e, successivamente all’armistizio dell’8 settembre, rimpatriato.

In seguito gli inglesi dichiararono di aver subito dalla Marina italiana la più grande “batosta che un singolo uomo abbia mai potuto infliggere ad una flotta” e il comandante Morgan, nel frattempo divenuto Ammiraglio, al termine della guerra chiese ed ottenne di appuntare al valoroso ex nemico la Medaglia d’Oro al Valore Militare che la Marina gli aveva conferito. La cerimonia avvenne sul molo di Brindisi e la lealtà con cui de la Penne condusse l’azione temeraria fu riconosciuta anche dall’avversario. La vicenda ispirò un dramma che, ricalcato scrupolosamente dal vero e con nome e cognome dei protagonisti reali, ebbe nei teatri di Londra un gran successo.

Anche negli ultimi anni della sua vita, di fronte alla foto che lo raffigurava mentre riceve la medaglia da Morgan, a chi gli domandava se non serbasse rancore nei confronti di chi, pur in considerazione del nobile gesto, lo avrebbe fatto morire rinchiuso in una stiva, rispondeva con elegante distacco: “Neanche per sogno. Avevano fatto benissimo. Era loro dovere far di tutto per salvare la nave!”  

Uomini e Patrioti di un tempo, speriamo che quelli evocati oggi siano di egual tempra!

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