
Nel Noir di stamane, il Gen. Rapetto, ci ha guidati speleologicamente nelle profondità del dark web, aprendo uno dei 65.536 pertugi denominati porte di rete. Non v’è dubbio che le conosca una per una e che le abbia praticate tutte. Bene ha fatto a rimarcare non gli aspetti sensazionalistici (i frigoriferi che parlandosi tra loro in IoT ci faranno pervenire, oh burloni, 200 kg di burro a testa) quanto le connessioni delle attività criminali o comunque inconfessabili, che in quelle tenebre si svolgono, alle storture dei nostri approcci difensivi istituzionali e alle opportunità tecnologiche.
Interessante notare che, al contrario di quanto immaginiamo comunemente, non è detto che i malfattori o deviati si avvalgano delle ultimissime tecnologie. Anzi, ben più sicuro, per loro, utilizzare vecchi aggeggi e applicativi di cui si son perse compatibilità e decifrabilità. Rammento che indipendentemente dal dark qualche anno fa le Poste andarono in tilt per un vecchio sistema COBOL CICS incapsulato in Windows ma inagibile per perdita della memoria, come nella Macondo di Garcia Marquez. Il Generale ci ha fatto riflettere sul fatto che i giovani ricercatori sottopagati di oggi possono reclutarsi nelle file dei truffaldini, pronti a divenire i nemici di domani. Il cloud si sta configurando come riedizione dei vecchi sistemi IBM 370 coi terminali 3270 neroverdi: nella circolarità del tempo, ci eravamo distaccati dai cervelloni centrali portandoci le conoscenze sugli hard disk dei PC o dei dipartimentali, ora, come in una paradossale scala di Escher, saliamo e torniamo al punto di prima.
Gradatamente la discussione è andata a spostarsi sugli scenari catastrofici. In effetti, la stretta a tenaglia tra AI e dark web è di per sé esiziale. Già oggi ci sono macchine in grado di simulare comportamenti, di definire pattern elusivi e anche mendaci. Quando il primo bot con tendenze criminoidi si metterà in moto (se lo farà) sarà un bel vedere. Se lo farà: perché la vita in sé ha le sue autodifese, i suoi smorzatori fourieriani. La totale illegalità non conviene a nessuno, Hobbes lo mostrò chiaramente. Molto più tangibile è la disseminazione via IoT. Nell’automotive ormai tutto si invia in web e già si sono avuti casi di hackeraggio delle patch al sistema di illuminazione elettronico di una primaria casa tedesca. Nell’auto digitale, specie negli AV’s, si scorgono aree di scopertura pericolose. “Per li rami”, ragionando di dark, si arriva alle criptovalute. Qualcuno parla di bitcoin che è quella bonacciona perché legata mani e piedi all’austera blockchain. ma ce ne sono 9000 (novemila). Le istituzioni europee e nazionali sono in, lento, movimento. La valuta virtuale è complessa e immateriale quant’altre mai. Non è tangibile, non ha locazione e pare fatta apposta per regolare gli affari degli scantinati digitali.