SALUTE

Punto della situazione sulla pandemia

L'analisi dei dati della quarta ondata

Da un paio di settimane le partite della Nazionale di calcio dell’Italia sono state archiviate, per cui i 60 milioni di italiani, per l’occasione commissari tecnici, sono tornati a fare i virologi, almeno fino a quando non ci saranno gli spareggi in marzo. Premetto che, pur essendo appassionato di calcio, non sono un CT della Nazionale ed, a maggior ragione, non mi sento nemmeno un virologo, un infettivologo o un medico, ma solo una persona che legge i numeri e che da questi trae indicazioni ed, eventualmente, previsioni. Nel primo dei due articoli precedenti scritti sull’argomento avevo ad esempio individuato alla fine del mese  marzo 2020 Il culmine della prima ondata, cosa che poi è stata confermata dall’evolversi della situazione. Analizziamo, allora, sulla scorta dei numeri, le indicazioni che lo sviluppo della pandemia ci fornisce ad oggi.

Le epidemie, come abbiamo visto, si presentano ad ondate che hanno di solito un andamento simile (crescita veloce di tipo esponenziale, un picco, e poi una discesa altrettanto rapida, cioè una curva cosiddetta di tipo gaussiano).

Oggi che viviamo in un mondo globalizzato non si può prescindere dall’effettuare una prima panoramica a livello mondiale. Certamente la globalizzazione ed il conseguente interscambio giocano un ruolo fondamentale nella diffusione dell’epidemia. Non a caso l’Australia, che ha bloccato le frontiere sino a poche settimane fa e che è un Paese “isolato”, è riuscita, al di là delle misure intraprese, a contenere il contagio proprio grazie all’isolamento di cui gode. Le cifre confermano ciò: circa 200.000 casi su 25 milioni di abitanti con un numero di casi pari a 7500 circa per ogni milione di abitanti, la pongono al 160° posto tra le nazioni nella graduatoria di casi su milioni di abitanti. 

Il grafico qui sotto (fonte worldometers) ci mostra che siamo ormai nella quarta ondata, ma lo stesso 

grafico ci indica anche che la terza ondata presenta un picco inferiore a quello della seconda ondata. Se questo andamento dovesse conservarsi anche per il futuro, con il picco delle ondate successive inferiore a quello delle precedenti, avremmo un segnale estremamente positivo in quanto significherebbe che, almeno a livello mondiale, l’epidemia sta progressivamente scemando e che quindi prima o poi dovrebbe tendere a scomparire o, almeno, a diventare più controllata. Ovviamente vanno poi esaminate anche le situazioni nei singoli paesi in cui le ondate possono essersi manifestate in maniera diversa e con effetti completamente differenti.

Per quanto riguarda l’Italia la situazione è quella illustrata nella figura sottostante (fonte worldometers) dove è importante notare che anche noi siamo colpiti in pieno dalla quarta ondata in quanto, dalla seconda metà di ottobre, il numero di casi è progressivamente in crescita. La curva dei contagi, comparata insieme con quella dei decessi, fornisce inoltre delle considerazioni importanti.

La curva più particolare per l’Italia è, purtroppo, quella dei decessi, il cui andamento è riportato di seguito (fonte worldometer). Purtroppo la prima ondata è stata devastante perché ricordiamo tutti cosa è successo: in particolare, in alcune province della Lombardia, le innumerevoli bare trasportate a bordo delle colonne interminabili dei camion dell’Esercito, oppure le terapie intensive sovraffollate con il personale sanitario al collasso. Sono immagini tragiche che è difficile cancellare. 

Tuttavia il decorso nel tempo sembra più rassicurante. Se controlliamo il numero dei decessi della prima e della seconda ondata, le cifre sono elevate in entrambi i casi ed equiparabili: il grafico evidenzia che sia nella prima ondata che nella seconda si è raggiunto un picco di oltre 900 decessi in un solo giorno.  Tuttavia occorre considerare che il numero di decessi della seconda ondata è percentualmente 10 volte circa inferiore a quello della prima ondata e questa tendenza sembra essere confermata ancora di più nel tempo. Cioè lo stesso numero di decessi si è avuto, nella seconda ondata, a fronte di un numero di contagiati dieci volte superiore. Confrontando tra loro le due curve si può notare, infatti, che nella prima ondata avevamo una media giornaliera dell’ordine di grandezza di circa 500 casi al giorno a fronte di una media di circa 5000 casi al giorno, con una mortalità del 10%! 

Questi dati, sono elevatissimi ed hanno ahimè posto l’Italia, almeno inizialmente, ai primissimi posti in termini di mortalità per COVID-19. L’Italia è stata il primo paese Occidentale ad essere colpito dalla pandemia, per cui sull’alta mortalità in questo periodo sono state formulate diverse e molteplici ipotesi: la scarsa conoscenza della malattia e la conseguente mancanza di cure efficaci, l’esplosione della malattia nelle case di riposo per anziani, la predisposizione degli abitanti di alcune zone, dovuta a polmoni stressati per la perdurante presenza di smog e di polvere sottili. Tutte motivazioni più o meno valide o plausibili, ma resta il dato di fatto: la prima ondata di COVID-19 in Italia è stata letteralmente devastante ed ha presentato un indice di mortalità tra i più alti al mondo. 

Già nell’autunno 2020 l’indice di mortalità era diminuito: si parla sempre di 500 decessi in media, però a fronte di un numero di contagi medio pari a circa 25.000 casi giornalieri. Cioè l’indice è sceso al 2%, che rappresenta un valore molto più basso. Si può notare poi come questo indice si sia ulteriormente ridotto a partire dall’inizio del 2021, quando è stata avviata, seppur con innumerevoli difficoltà iniziali, la campagna vaccinale.

Se poi controlliamo l’andamento dei casi giornalieri della primissima ondata con il periodo estivo del 2021, ci accorgiamo che tra i picchi di marzo 2020 (circa 6000 casi giornalieri) con quello dell’ultima estate (poco più di 7000) non c’è grossa differenza, ma la curva dei decessi si è, invece, abbattuta ancora di più. Stiamo parlando, infatti di circa 70 decessi al giorno con un indice di mortalità sceso quindi ad un valore pari all’1%. Nonostante questo l’Italia, a causa dell’iniziale elevato numero di decessi, è una delle prime nazioni in questa tristissima graduatoria. Quest’ultimo dimezzamento è dovuto senz’altro all’effetto del vaccino. Infatti ci sono altre curve che ci vengono in aiuto per comprendere l’efficacia dei vaccini. In particolare occorre confrontare i decessi per COVID tra i vaccinati ed i non vaccinati. I due seguenti grafici (fonte Sky Tg24) rappresentano rispettivamente l’incidenza del numero di decessi e del numero di ricoverati in terapia intensiva tra i vaccinati ed i non vaccinati. Come si può notare dai grafici, le due curve tendono a divergere tra loro. In particolare (fonte il Sole 24 Ore) un non vaccinato rispetto ad un vaccinato ha una probabilità 4,5 volte maggiore di contrarre infezione, 6,8 volte di essere ricoverato, 11,7 volte di finire in terapia intensiva e 5,1 volte di avere esito fatale. In sostanza con i vaccini, ci si ammala meno facilmente ed in maniera meno grave. 

Un’ulteriore conferma dell’efficacia dei vaccini proviene dai paesi europei, anche vicini geograficamente all’Italia, in cui non ci sono state campagne vaccinali altrettanto efficaci come in Italia. Il numero e la gravità dei contagi della quarta ondata si sta rivelando tanto maggiore quanto minore è la percentuale dei vaccinati. Infine, in Israele, la campagna per la terza dose, che è stata avviata con circa due mesi di anticipo rispetto all’Europa, è in via di completamento ed il numero di contagiati e di decessi è drasticamente crollato nelle ultime settimane. Queste sono le cifre, poi ognuno è libero di trarre le proprie conclusioni in merito alla decisione di vaccinarsi oppure no. 

E’ altrettanto importante, per cercare di contenere la diffusione della pandemia, ricordarsi sempre di porre in atto tutte quelle misure sanitarie che, oggi, sembrano un po’dimenticate: lavarsi le mani spesso e bene, indossare la mascherina soprattutto al chiuso e mantenere un comportamento sociale improntato alla prudenza. 

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