
Grottesco: ecco il commento che si può fare alla sentenza 9 novembre 2021 n. 7442, con cui il Consiglio di Stato ha confermato la possibilità di affidamento di consulenze a titolo gratuito da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti dei professionisti. Il tutto in evidente spregio ad ogni dibattito e ragionamento sul cosiddetto “equo compenso”, ovverosia il diritto in capo al prestatore d’opera di ricevere un corrispettivo adeguato e proporzionato alle prestazioni e al lavoro svolto presso i committenti.
Al contrario, c’è un mercato di queste consulenze che – per stessa ammissione del Consiglio di Stato – trovano “vantaggi di natura diversa dall’espletamento dell’attività a titolo gratuito, in termini di maturazione di esperienze personali, di arricchimento professionale, curriculare”. In pratica: l’odioso pagamento in visibilità, tanto diffuso ed osteggiato nel privato, arriva addirittura a consolidarsi in una sentenza che motiva la compatibilità della gratuità della prestazione con le norme e i principi del diritto interno ed europeo.
E non solo. Ribadendo fra le motivazioni che non è dimostrato “alcun nesso di (negativa) influenza tra l’assunzione di un incarico gratuito da parte del professionista e il suo svolgimento in maniera competente, professionale, decorosa e dignitosa”, si esonera da alcun tipo di censura circa la qualità di prestazioni gratuite.
Ebbene: cui prodest? Insomma: chi trarrà giovamento dal contenuto di questa sentenza?
Certamente, la Pubblica Amministrazione che potrà continuare ad indire bandi senza corrispettivi o con corrispettivi irrisori. Basta guardare il MePA e alcuni valori di partenza per la formulazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa per comprendere come spesso si vada a raschiare il fondo del ribasso. Salvo poi vedere il mondo politico simulare sorpresa per la fuga dei talenti.
I destinatari privilegiati dei “vantaggi di natura diversa” sono ovviamente quanti già godono di una posizione consolidata, e che dunque confermano l’adagio per cui piove sempre sul bagnato. Sono ben pochi quei privilegiati che possono conferire il proprio tempo e professionalità per la promessa di un ritorno di visibilità. Tutto ciò, è chiaro, ha solo l’apparenza di uno scambio o di un investimento e ha invece la sostanza di una scommessa. Con buona pace di chi suggerisce di non essere avversi al rischio e di tante narrazioni
Viene in mente la pubblicità progresso anni ’90 che recitava “il vero sballo è dire no”. Se non ci fosse chi accetta le indecenti condizioni di gratuità della prestazione, il problema non si porrebbe. Ma come detto: c’è una parte che può permettersi di trarre vantaggio da queste situazioni a scapito di altri professionisti, con effetti altamente distorsivi sul mercato. E ora c’è anche il benestare di un precedente giudiziario che non solo assolve ma addirittura benedice questo tipo di pratiche con una moral suasionche guarda in direzione totalmente opposta rispetto al buon senso.