
L’individuazione di una nuova variante di coronavirus, denominata omicron, ha tenuto banco nei notiziari di tutto il mondo negli ultimi giorni.
Pur tenendo presente che la comparsa di nuove varianti è un fenomeno che appartiene alla normale biologia degli esseri viventi, è degno di nota che la World Health Organization l’abbia dichiarata variant of concern, vale a dire variante degna di attenzione.
La ragione di tale classificazione dipende dalla presenza nella nuova variante, individuata per la prima volta in Sudafrica, di siti multipli di mutazione sulla proteina spike, un aspetto che ha sollevato non pochi interrogativi circa la possibile aumentata capacità infettiva.
Come detto in un precedente articolo, anche ammesso che tale proprietà venga verificata, non necessariamente deve essere considerata una caratteristica preoccupante. L’aumento dell’infettività vuol dire infatti che la patologia si diffonde più velocemente, aumentando il numero di casi da gestire nell’unità di tempo. Tale fenomeno è rilevante solo se gli ospedali si trovano in una condizione di saturazione più o meno elevata. Quindi, se le proprietà di severità e letalità rimangono immutate, le ragioni di eventuale allarme sono da legare unicamente alla capacità organizzativa del nostro sistema sanitario e può avere eventualmente riflessi sulla possibilità di gestire altre patologie per pura occupazione dei reparti.
Come accaduto spesso in passato, tuttavia, il sistema dei media ed il grande pubblico ha reagito con emotività alla notizia, un riflesso condizionato che gli sforzi dei pochi comunicatori che tentano di diffondere le notizie con criterio e misura non riescono a contenere.
In particolare, hanno reagito negativamente i mercati finanziari, specialmente quelli dell’area oil and gas. Colpiti duramente dalle conseguenze del primo lockdown – il crollo degli spostamenti casa-lavoro-casa ha fatto crollare i consumi dei carburanti da autotrazione – i titoli delle compagnie petrolifere e in generale tutto il listino di settore hanno subìto un clamoroso tonfo del dieci per cento nella giornata di venerdì.
La prospettiva di nuove chiusure, specie a cavallo del critico periodo natalizio; il consolidarsi strutturale dello smart working per milioni di persone – i report delle società di head hunting parlano chiaramente di una generalizzata avversione al ritorno al lavoro in ufficio da parte dei knowledge workers; ed anche il generale atteggiamento delle case automobilistiche verso la progressiva dismissione dei modelli a trazione integralmente fossile; sono altrettanti rintocchi a morto per una industria che sta probabilmente vivendo il suo ultimo quinquennio di gloria.
Entro la fine di questa settimana si terrà una riunione dell’OPEC – il cartello dei paesi produttori di petrolio – al fine di determinare quale debba essere la politica da tenere in prospettiva di nuove misure restrittive in conseguenza di un’eventuale nuova ondata di coronavirus; ed in generale decidere quale debba essere la strategia di lungo termine per un settore gravato da continue minacce strutturali.
Nel frattempo, la stessa OPEC ostenta calma, e la volontà di prendere tempo per comprendere se e quanto possa far parte del bilancio energetico mondiale prossimo futuro.