
Quanto è bella la lingua italiana.
Il titolo, volontariamente clickbait, racconta però una verità che potrebbe portare qualche preoccupazione a chi ha creduto nell’innovazione.
I fatti si riferiscono alla Norvegia, Paese in cui è elevatissima la penetrazione della mobilità privata elettrica, con un parco auto EV/HEV che è passato dall’1% del 2011 al 42% del 2019 e che, nel 2020, ha toccato il 54% dei veicoli circolanti (fonte dati: Quattroruote). Il risultato deriva sia dalla politica fortemente incentivante all’elettrico (che costituisce ormai quasi il 95% del nuovo venduto), sia dall’aumento della tassazione sui veicoli endotermici.
Un bel successo sul piano del green thinking, al netto delle diatribe sui veri costi ecologici di questo cambiamento (QUI un esempio di tool di misurazione di vantaggi/svantaggi), ma ci addentreremmo in una discussione troppo lunga per una Wiki.
Tuttavia, il risvolto della medaglia per l’Erario di Sua Maestà Harald V c’è, eccome: al diminuire dei consumi di carburanti fossili, diminuisce drasticamente l’introito delle accise sui prodotti petroliferi.
Il fenomeno è stato analizzato da alcuni esperti del Fondo Monetario Internazionale che, in un working paper datato giugno 2021, hanno correlato incentivi, emissioni e costi statuali per il fenomeno della diffusione dei veicoli elettrici, prendendo proprio ad esempio il caso della Norvegia.
Camara, Holtsmark e Misch si sono addentrati nell’analisi del ricco universo di dati norvegesi, partendo da strumenti e studi internazionali già presenti, correlando il patrimonio informativo di dettaglio ed iniziando la valutazione dalla domanda “ma davvero le famiglie con veicoli EV inquinano di meno?”.
Il primo dato sorprendente è che la risposta è negativa. La ragione di ciò risiede nell’elevata incentivazione all’acquisto di EV (esenzione totale IVA, per esempio) e nella accresciuta penalizzazione dell’acquisto di auto “convenzionali”, che ha sì consentito a moltissime famiglie la sostituzione della vettura principale, ma le ha anche spinte/costrette a mantenere in servizio ad oltranza la “seconda auto” che, nel tempo, continua ad invecchiare e quindi ad inquinare di più. Inoltre, il possesso di auto tradizionali rispetto alle nuove EV è legato alle fasce di reddito e, sebbene il trend di ricambio sia in atto e la Norvegia si sia posta l’obiettivo, per il 2025, di vendere solo auto nuove elettriche, il ricambio totale del parco auto è ben di là da venire.
Tuttavia, a margine di altre considerazioni per le quali vi rinviamo alla interessante lettura dello studio citato, un’ultima considerazione viene formulata: il “suggerimento” ai governanti scandinavi di definire una tassazione crescente proprio sui veicoli elettrici, per compensare la diminuzione dei consumi di petroliferi che determinano una decisa caduta delle accise introitate, al fine di pareggiare il conto ecomomico statale.
Sarebbe infatti ingiusto penalizzare ulteriormente i consumi delle fasce più deboli, aumentando l’accisa sulle benzine, ma appare equo e solidale cominciare ad aumentare la pressione fiscale sull’uso/possesso veicoli elettrici, ovviamente a partire da quelli più lussuosi o costosi che avevano al loro acquisto fruito di generose esenzioni e incentivi.
Porsche, Jaguar, Audi e Tesla non saranno contente. Con pragmatismo tutto teutonico, invece, Mercedes-Benz aveva. In tempi non sospetti, trovato la soluzione: la nuova Classe AA.
(P.S.: il video è ovviamente satirico, prodotto dalla ABC e mandato in onda in un “Saturday Night Live” di qualche tempo fa – il tweet di risposta di MB USA non si è fatto attendere).