SALUTE

Pandemia: forse che sia tutto solo un allegro preludio

Dall’ultimo fascicolo di Nature una notizia allarmante: ad Haiti ci sono due focolai indipendenti di Delta coronavirus porcino che infettano gli umani

A partire dal 2003 ci sono state tre grandi epidemie sostenute da diversi coronavirus: la SARS, la MERS e la pandemia da SARS-CoV-2. Tutte e tre sono state causate da un salto di specie dagli animali all’uomo, ossia uno spillover, una trasmissione zoonotica. Questi dati, uniti ai salti di specie che SARS-CoV-2 ha compiuto sia verso gli animali selvatici (vedi i primi casi d’infezione nei grandi felini allo Zoo di New York o l’espandersi della pandemia ai cervi della Virginia) che verso gli animali d’affezione e da reddito. Questi fatti aiutano a capire meglio la capacità di questi virus ad adattarsi a tanti diversi ospiti.

SARS-CoV-2 è un Betacoronavirus che causa la malattia COVID-19. È noto per essere il settimo coronavirus in grado di infettare gli esseri umani, oltre a 229E, NL63, OC43, HKU1, MERS-CoV, SARS-CoV. Tutti questi virus fanno parte o della famiglia alphacoronavirus (229E e NL63) o di quella dei betacoronavirus. Da ieri, il posto da “ultimo arrivato” gli è stato sottratto dal meno noto – ma di certo non meno temibile – deltacoronavirus suino (PDCoV). Questo è particolarmente rilevante perché non solo è un nuovo virus che si aggiunge alla lista di quelli che possono infettare l’Uomo, ma rappresenta il primo esponente di una grande famiglia (i deltacoronavirus) in grado di rappresentare una minaccia e una possibile fonte di infezione per la nostra specie.A livello tassonomico, i coronavirus di interesse umano dunque si collocavano così: per quanto riguarda il gruppo più numeroso, i betacoronavirus

Per quanto riguarda invece il genere Alfacoronavirus, comprende i sottogruppi 1a e 1b, che sono prototipati rispettivamente da coronavirus umano 229E (HCoV-229E) e HCoV-NL63.

Questi dati, che potrebbero sembrare mero sfoggio di conoscenze accademiche, portano invece a riflessioni molto importanti chi li sa interpretare. In quest’epoca dove ho sentito anche il lattaio sotto casa dilungarsi in (avrebbero voluto essere)dotte digressioni sullo studio di mutagenesi Gain-of-Function, sobbillati da il Cielo sa quali fake news; parliamo del concetto di ricombinazione. Di sicuro meno sexy che pensare a delle spie venute dal freddo che giocano con armi biologiche ad altissimo potenziale e certamente meno intrigante di uno scienziato pazzo che si diverte a creare nuovi virus in grado di spazzare via la vita dal nostro pianeta. La ricombinazione genetica è un concetto descritto dal fisico e genetista statunitense Seymour Benzer a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso. La ricombinazione virale avviene quando due, o più, virus coesistono contemporaneamente nella stessa cellula e scambiano pezzi del loro corredo genetico. Sebbene apparteneti alla stessa famiglia, per i motivi elencati sopra i virus possono avere condizioni geniche differenti. Scambiare pezzi di informazione genetica comporta una ulteriore variabilità per il virus e la possibilità che ne venga fuori una nuova entità. Un fenomeno simile è capitato proprio nella genesi di SARS-CoV-2: in questo caso un evento di ricombinazione omologa può aver mescolato un virus del sottogenere A (Embecovirus, virus simili a SARS Bat CoVZC45 e CoVZXC21) con la proteina legante del recettore di un Beta-CoV ancora sconosciuto. Questo evento di “rimescolamento genetico” ha portato alla nascita di quel simpatico esserino che causa il COVID-19. Per un bigino sui vari coronavirus che infettano gli animali, segnalo questo splendido pezzo.

Nel lavoro pubblicato su Nature, vengono identificati ceppi di deltacoronavirus suino in campioni di plasma di tre bambini haitiani con malattia febbrile indifferenziata acuta. Le analisi genomiche ed evolutive rivelano che le infezioni umane erano il risultato di almeno due zoonosi da PDCoV indipendenti di linee virali distinte che hanno acquisito la stessa firma mutazionale nei geni che codificano per Nsp15 e la glicoproteina spike. Per una forma ironica di politically correctness del destino, i due virus dei suini da cui derivano le due diverse forme umane, provengono uno dalla Cina ed uno dagli USA. Con un certo gelo, riporto le conclusioni degli autori: <<I nostri risultati evidenziano il potenziale di cambiamento evolutivo e adattamento che porta a infezioni umane da coronavirus al di fuori dei gruppi di coronavirus associati all’uomo precedentemente riconosciuti>>… come dire: statevi accorti! A maggior ragione di questi nuovi dati, non è tempo di abbandonare né le campagne di immunizzazione, né le procedure di sicurezza volte a limitare la trasmissione dei virus. Il prezzo che potremmo dover pagare è infinitamente più alto di quanto un non addetto ai lavori possa solo immaginare.

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