
Come ben sappiamo, il trasporto gommato su strada rappresenta (purtroppo) la spina dorsale del traffico commerciale in quasi tutto il mondo. Il discorso sulle alternative risulta lungo e tedioso per queste poche righe, e nemmeno i “grandi della Terra”, periodicamente riuniti per cercare di arginare l’inquinamento atmosferico e l’innalzamento della temperatura sul nostro pianeta, sembrano in grado di trovare una soluzione.
Eppure, potremmo rischiare seri problemi a breve, per la carenza a livello mondiale di un prodotto tanto semplice quanto essenziale: l’urea.
Cosa è?
Tecnicamente l’urea è un composto chimico naturale e fisiologico con formula CO(NH2)2 : è un diammide dell’acido carbonico.
Ben noto alla fisiologia umana ed animale, costituisce un prodotto che consente, tramite la secrezione, di espellere dall’organismo i prodotti del metabolismo contenenti eccesso di azoto. Per noi umani, tramite le operazioni che compiamo più volte al giorno alla toilette, siamo in grado di espellere dai 10 ai 25 grammi al giorno di urea, semplicemente facendo pipì.
L’urea tecnica si produce industrialmente mediante un processo che coinvolge il biossido di carbonio e l’ammoniaca, a sua volta ottenuta dall’azoto distillato dall’aria, e dall’idrogeno che viene ricavato a partire dal metano.
A cosa serve?
Il Parlamento Europeo il 16 dicembre 2008 ha votato la nuova normativa Euro 6 per i mezzi pesanti. I nuovi limiti delle emissioni sono entrati in vigore nel 2014. Inizialmente era stato fissato per il 31 dicembre 2013 (poi prorogata al 1° settembre 2015) il termine a partire dal quale non sarebbe stato più possibile immatricolare veicoli nuovi con valori di emissione superiori a quanto stabilito dagli Standard Euro VI (i nuovi limiti comportano una riduzione dell’80%per le emissioni NOx e una riduzione del 66% nel limite di emissione di PM rispetto alle emissioni Euro V).
NOx (ossidi di azoto) e PM (particolato atmosferico, le famose PM10 e PM2.5 delle “domeniche green” e delle ZTL) rappresentano i due valori inquinanti sulla quale sono parametrati gli indici di prestazione ecologica dei motori e delle combustioni civili e industriali, e che determinano il “livello di inquinamento” della nostra atmosfera.
Lo standard Euro 6 prevede un complesso sistema di abbattimento delle componenti inquinanti dei motori diesel basato, appunto sull’impiego di urea, nella sua forma commerciale standardizzata denominata AdBlue. Quindi, i più moderni motori diesel dotati per legge di dispositivi SCR (Selective Catalytic Reduction – anche quelli di alcune diffusissime marche di autoveicoli) utilizzano, miscelato al gasolio, questo composto, costituito, in sostanza, da una soluzione di urea industriale in acqua distillata, iniettandola, da un apposito serbatoio separato, nel ciclo di combustione dei motori (un po’ come l’olio nella vecchia miscela dei motorini dei nostri tempi).
Dov’è la crisi?
Il costo delle materie prime e, in questo momento storico, la scarsità di metano immesso sul mercato industriale, costituiscono una seria difficoltà nel processo di produzioni dell’urea e dell’AdBlue in particolare, i cui costi di produzione in questo momento sono quasi superiori al prezzo di vendita.
Il costo del composto è, nelle ultime settimane, praticamente raddoppiato (da 230-250 €/tonn. a circa 300-500€/tonn.) rendendo proibitivo, soprattutto per i più “piccoli” semplicemente fare il pieno di AdBlue. Se a ciò aggiungiamo che (per esempio) l’unico produttore italiano (la Yara di Ravenna) ha sospeso per un mese la produzione (che copre circa il 60% del fabbisogno nazionale), possiamo solo intuire la portata del problema.
È di oggi la notizia che la Corea del Sud ha iniziato a razionare il prodotto: Reuters ha diffuso alcune immagini (riprese dal quotidiano online tio.ch) di lunghe code di autotreni in attesa della dose spettante, e dei cittadini con le loro taniche per l’uso personale sulle vetture. In questo caso, la carenza è dovuta al blocco delle esportazioni del prodotto dalla Cina, chew naturalmente sta pensando al proprio tornaconto commerciale.

Il rischio? Chi più inquina, meno inquina.
Si paventa un blocco, o quantomeno un grave rallentamento nella filiera dei trasporti, con tutto il riverbero sull’intero ciclo produttivo delle singole nazioni che basano sulla gomma le proprie catene distributive (si stima in Italia che siano in uso circa 1,5 milioni di camion dotati dei moderni motori Euro 6).
I moderni motori diesel a norma Euro 6, infatti, oltre ad essere estremamente selettivi sulla qualità del prodotto a base di urea immesso nella combustione (le percentuali di miscelazione e la purezza di AdBlue sono infatti garantiti da uno standard ISO 22241-1:2019) e, addirittura, impediscono l’avvio del motore in caso di assenza del composto o di presenza di prodotto non conforme.
Peggio ancora per chi ha investito in mezzi con alimentazione a metano (soprattutto per la piccola distribuzione “di prossimità”, come quella, tanto per fare un esempio, dell’e-commerce). L’aumento del gas alla pompa colpisce ancora una volta chi ha scelto la strada del “green”, pensando certamente al risparmio, ma forse dando anche una strizzata d’occhio al senso civico e alla protezione dell’ambiente.
Quindi, camion fermi e, paradossalmente, una misura nata per migliorare la salute della nostra atmosfera, costringerà al movimento solo delle motrici e dei mezzi più datati (Euro V o precedenti), quindi più inquinanti oppure di Euro 6 “pezzottati” con la rimozione delle centraline anti-inquinamento.
Un bel paradosso. E trattenete la pipì, potrebbe rivelarsi preziosa.