
Gli Spioni-as-a-Service (SaaS) di NSO restano agli onori delle cronache: il 14 Ottobre i colleghi di Forbidden Stories – cui vanno le nostre più sincere congratulazioni – sono stati insigniti del prestigioso premio Daphne Caruana Galizia da parte dell’Unione Europea per il loro superbo lavoro nel rendere pubblico quanto noto riguardo questa terribile arma cyber.
Il 3 Novembre invece, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti d’America ha inserito la casa madre NSO Group ed i suoi prodotti informatici, oltre ad altri attori malevoli provenienti da Israele, Russia e Singapore, nella sua lista nera a cagione delle loro attività in contrasto con la politica estera, gli interessi e la sicurezza nazionale USA. Questo sulla base di prove che dimostrano come NSO abbia sviluppato e fornito spyware a governi stranieri al fine di attaccare funzionari governativi, giornalisti, uomini d’affari, attivisti, accademici e lavoratori delle ambasciate. Il documento rilasciato dal U.S. Department of Commerce sottolinea come questi strumenti abbiano permesso a governi stranieri di condurre una repressione transnazionale per mettere a tacere dissidenti, giornalisti e attivisti. Il fatto che l’azienda si trovi in questa lista, impedisce al governo ed a qualsivoglia istituzione o impresa USA di fare affari con loro.
Lo scandalo era tornato alla ribalta già nel mese di Luglio quando Amnesty International, il Guardian ed altre 16 organizzazioni riunite nel The Pegasus Project, avevano rilasciato il loro ultimo rapporto riguardo questa temibile arma. Nel mese di Agosto poi si era venuti a sapere che una nuova versione di questo virus era in grado di infettare anche i dispositivi più aggiornati senza bisogno di interazione da parte dell’utente, in quello che potrebbe essere definito uno 0-day/0-click attack.
Già da Luglio, secondo i rapporti pubblicati, l’Ungheria sembrava essere un buon cliente di questo SaaS. In un coro di indignata protesta da parte del governo guidato ormai da più di dieci anni da Viktor Mihály Orbán (è il primo ministro ininterrottamente dal 29 Maggio del 2010, dopo un primo governo da lui guidato dal 1998 al 2002) tutto era stato smentito, anzi il ministro degli esteri Peter Szijjarto si era indignato che si potesse pensare una cosa del genere riguardo al suo paese paladino di lebertà e democrazia. Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Ue, aveva commentato definendo l’ipotesi “inaccettabile” e il portavoce della Commissione, Christian Wigand, aveva aggiunto “I giornalisti devono lavorare in libertà nell’Ue e ovunque e gli Stati membri devono rispettare i diritti umani e il diritto alla privacy“.
Tutto bello, se non fosse che Giovedì scorso (4 novembre) Lajos Kosa – il Presidente del Comitato per la difesa e le forze dell’ordine del parlamento Ungherese in forza a Fidesz – dopo che il ministro degli Interni Sándor Pintér e il direttore generale della TEK (il Centro antiterrorismo ungherese) János Hajdu sono stati ascoltati sullo scandalo Pegasus, abbia candidamente ammesso che sì, il governo Ungherese abbia acquistato, messo in opera e utilizzato l’arma digitale in questione, ma lo ha fatto compilando tutti i formulari del caso e chiedendo le autorizzazioni necessarie ai giudici. Quanta solerzia!
Sarebbe bello poter leggere gli atti che riguardano questo vulnus micidiale alla democrazia di tutto il continente europeo, purtroppo secondo quanto riporta l’Associated Press i documenti sono stati secretati (dai suoi stessi utilizzatori, in un gioco di specchi dove giudice, imputato e carnefice si fondono) fino al 2050. Dalle informazioni che circolano sembra ci sia stata una fuga di notizie dei lavori della commissione parlamentare presieduta da Kosa e da lì siano partite le domande dei giornalisti.
La cosa più ributtante è come questi signori, dopo aver compiuto azioni immonde e aver mentito ai cittadini, vengano pure a fare la morale pelosa: dopo aver ammesso l’acquisto e l’uso dell’arma, Kosa ha anche avuto la faccia di aggiungere che lui non vede ragioni per sollevare obiezioni all’uso di Pegasus da parte del suo governo, anzi – come riporta l’agenzia ungherese MTI – questo gentiluomo si concede anche di farci la lezioncina benaltrista dichiarando che “le grandi imprese tecnologiche conducono una sorveglianza ancor più ampia” sui loro utenti di quanto il governo Ungherese non faccia con i suoi cittadini. Orbán si è rifiutato di commentare.
Questo articolo è dedicato alla memoria di Jamal Ahmad Khashoggi, giornalista ucciso e squartato nel consolato del suo paese, vittima di Pegasus
