
Introdurre ulteriori norme a ridosso della scadenza dello scorso 15 ottobre per la predisposizione delle – forse troppo – discusse misure organizzative per la verifica del possesso di Green Pass per gli accessi ai luoghi di lavoro, è sintomatico di un Governo che appare non avere il polso del Paese né una corretta strategia. E se la strategia c’è, assume il carattere dell’ineffabilità che poco giova ad un rilancio delle attività produttive e l’avanzamento della campagna vaccinale.
Si dice che in Italia la linea più breve fra due punti sia un arabesco, e forse è così.
Se ben prima della pubblicazione di un DPCM vengono già diffuse delle FAQ esplicative sul sito del Governo, tale fatto non è valso a rassicurare né consulenti né imprenditori. Ancora una volta, poi, ci si trova a dover contemplare nella gerarchia delle fonti questi elementi mai considerati prima neanche nei corsi più innovativi e visionari di diritto.
Operativamente parlando: quali sono le novità?
Avendo riguardo delle richieste di comunicare anticipatamente il mancato possesso del Green Pass, non c’è traccia alcuna del preavviso massimo di 48 ore fatto circolare nelle bozze ma le FAQ indicano il preavviso necessario per soddisfare le esigenze organizzative. E dunque rimangono tutti i dubbi circa l’efficacia di quella che appare come una dichiarazione di intenti e poco più. Consideriamo però che chi non può garantire circa la validità del proprio Green Pass con un preavviso di oltre 48 ore, è chiaro che sia né vaccinato né guarito.
Per quanto riguarda le esenzioni, è sufficiente che siano esibite e pertanto non possono essere oggetto di registrazione. Nelle FAQ si parla di un QR code in corso di predisposizione, e che per il momento si dovrà trasmettere il certificato al medico competente in modo tale che il personale “non potrà essere soggetto ad alcun controllo”. Al di là dei manierismi interpretativi, se taluni soggetti sono non controllabili dovranno essere quanto meno segnalati o inseriti in una lista.
Per quanto riguarda il campionamento, viene indicato nel DPCM solo quello relativo alle pubbliche amministrazioni ovverosia il 20% su base giornaliera e con controlli prevalentemente in fascia antimeridiana. Nulla si dice circa l’adeguatezza nel settore privato. Una FAQ precisa ad ogni modo che “Le aziende potranno essere controllate dagli ispettori del lavoro e dalle aziende sanitarie locali, dei quali si avvalgono i prefetti”, senza nulla dire dei parametri richiesti per l’adeguatezza del metodo a campione.
Significativa l’introduzione del comma 5 all’art. 15 DPCM 17 giugno 2021, che – bontà sua – chiarisce una titolarità altrui del trattamento che si ricorda però essere una mera situazione di fatto. Fa sorridere che in questo caso più che una norma, sarebbe stato il caso di introdurre una FAQ solo per ricordare gli obblighi e le responsabilità in materia di protezione dei dati personali.
Una FAQ incredibilmente ispirata chiarisce invece che “il green pass deve essere valido nel momento in cui il lavoratore effettua il primo accesso quotidiano alla sede di servizio e può scadere durante l’orario di lavoro, senza la necessità di allontanamento del suo possessore”. Piuttosto logico e di buon senso. Citando Galgano: il buon senso è il rovescio del diritto. Ma se il diritto non lo ammette, chissà che non possa trovare dimora all’interno di qualche FAQ.
Al momento però possiamo stare tranquilli: il buon senso riposa a margine, e forse più per sorte o fortuna ogni tanto emerge.