
Viviamo tempi incredibili, in cui il senso comune, l’amore per la verità e la decenza personale e collettiva sembrano essere relitti del passato.
Nella giornata di sabato, si è tenuta a Roma e a Milano una manifestazione di cosiddetti no-Pass, una fazione composita di cittadini che legittimamente hanno protestato conto l’adozione da parte del Governo del Green Pass. Diciamo legittimamente, perché nella nostra democrazia il riunirsi in pubbliche assemblee e manifestare il proprio pensiero sono diritti costituzionalmente riconosciuti.
La manifestazione nella capitale ha avuto anche una coda di scontri tra manifestanti e Polizia, ed ha visto una parte dei primi, legati ad una determinata frangia politica, assaltare una sede sindacale di segno opposto. Sull’episodio non vorremmo perderci tempo più di tanto, al di là del fatto che la violenza di qualunque segno o ispirazione non è lecita da parte dei cittadini, e come tale va prontamente repressa con ogni mezzo legale disponibile.
Va invece aperta una riflessione più ampia che serva, almeno in piccola parte, a stimolare la riflessione personale e pubblica su determinati temi fondanti, i quali sembrano sfumare sullo sfondo, a favore di comportamenti sociali sempre più isterici e indecenti.
Una società esiste quando esiste una devoluzione di parti della propria libertà da parte dei cittadini al governo. Il governo pone limiti a questa libertà attraverso le leggi e in funzione del bene collettivo. Il quale bene collettivo può non coincidere – anzi non coincide mai – con il consenso di TUTTI i cittadini.
Ora, in materia di salute, il bene collettivo è legato al contenimento della pandemia, per ragioni che sono evidenti a tutti. Ognuno di noi dovrebbe avere il buon senso di vaccinarsi, per la propria e l’altrui sicurezza. Visto che non tutti sono provvisti di buon senso, lo Stato, dopo avere a lungo fatto opera di convincimento, è costretto ad emanare un provvedimento che non è una legge – nessuno costringe nessuno a vaccinarsi – ma va nella direzione di tutelare la collettività (se non sei vaccinato, sei pericoloso), mentre si assicura la libertà del singolo.
Poi ci sono forze abiette – e sottolineiamo abiette – della politica che, intercettato il disagio di talune frange di popolazione, e volendone sfruttare le paure a fini elettorali, le stimolano. Mostrando una totale mancanza di scrupoli, tali forze fanno paragoni tra un legittimo provvedimento dello Stato democratico, adottato per il bene collettivo, e provvedimenti discriminatori emessi da stati totalitari come conseguenza di malsane ideologie. In particolare, si è arrivati ad accostare il Green Pass alla tessera obbligatoriamente attribuita ai cittadini di etnia ebraica, conseguente alle infami leggi razziali del periodo fascista.
Riprendendo alcuni concetti di base di Storia, materia forse ignota a chi mette in giro paragoni del genere, la natura dei due provvedimenti è imparagonabile in termini fondamentali. L’abietta tessera imposta agli ebrei tendeva a discriminare un’etnia sulla base della propria stessa essenza. Quei cittadini non venivano colpiti per le proprie convinzioni o i propri comportamenti individuali o collettivi, ma per la natura stessa del proprio essere. Non costituivano un pericolo oggettivo per la società, non compivano atti diretti o di omissione che portassero danno ad altri. Venivano colpiti sulla base di una oscura ideologia, senza alcuna ragione oggettiva.
Chi sceglie di non vaccinarsi, invece, compie una scelta individualmente legittima, ma collettivamente pericolosa. Lo Stato quindi, nelle sue funzioni di garante della salute collettiva, decide legittimamente di imporre dei limiti a chi fa questa scelta: non perché non sia libero di adottarla e di esercitarla, ma per tutelare gli altri cittadini dalle conseguenze potenziali di questa scelta. La libertà individuale va espressa nei limiti della libertà collettiva – l’alternativa è quella di ritirarsi in cima ad una montagna, al di fuori di qualunque consesso sociale.
Accostare quindi il simbolo di una delle più odiose discriminazioni che la nostra Storia abbia espresso al legittimo provvedimento di uno Stato democratico è un atto di profonda ignoranza, abietto opportunismo, inaccettabile socialità.
Rimessa a posto la Storia e la semantica, speriamo che presto la pandemia possa finire, e che possiamo tutti ritornare ad un discorso collettivo che sia basato sull’uso della razionalità e dell’ottimismo per programmare il futuro, e non sul ricorso alla pancia ed alle paure della società per i propri interessi.