
Tempi duri per i negazionisti del cambiamento climatico, uno zoccolo duro di credenti nell’indefinito potere della Terra di assorbire senza problemi qualunque tipo di disturbo antropico.
Google e Youtube hanno appena annunciato che non permetteranno più a quanti pubblicano sulle proprie piattaforme, e usano i contenuti a fini pubblicitari, di guadagnare denaro sostenendo posizioni contrarie alle evidenze scientifiche che identificano il cambiamento climatico come una realtà viva e presente.
Va notato a questo proposito che i due colossi della galassia Alphabet non esercitano – come qualche osservatore poco attento potrebbe immediatamente obiettare – un potere di censura sui contenuti stessi. La nuova policy, infatti, consente ancora la pubblicazione di contenuti che sostengano posizioni antiscientifiche. Tuttavia, attraverso di essa, si intende porre un freno alla produzione di contenuti che abbiano come unico scopo quello di sollecitare artatamente il dibattito a favore o contro, e in ultima analisi aumentare i ricavi economici di chi pubblica i contenuti.
La nuova procedura sarà applicata attraverso un misto di individuazione degli argomenti sensibili con un algoritmo, e quindi l’applicazione di moderazione umana. Secondo quanto dichiarato in un comunicato stampa da parte della stessa Google, oggetto di tale approccio saranno i contenuti che si riferiscano al cambio climatico come una bufala o una truffa, o neghino che i trend a lungo termine mostrino che il cambiamento climatico vada verso il riscaldamento, o neghino che le emissioni di gas serra o l’attività umana contribuiscano al cambiamento climatico.
Sebbene Google sostenga che l’entrata in vigore della nuova policy sia una conseguenza della propria presa di coscienza rispetto all’essere spesso vettore di disinformazione, e delle pressioni degli utenti, il provvedimento arriva in realtà piuttosto in ritardo, dato che esistono da decenni evidenze in tal senso.
Il cambiamento climatico ha superato da tempo la ristretta cerchia degli specialisti ed è diventato di dominio pubblico. Uno dei primi a sostenere pubblicamente questa posizione da un punto di vista politico e stato l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, attraverso l’iconico documentario Una scomoda verità, che per la prima volta ha evidenziato con un linguaggio comprensibile ai più i cambiamenti in corso ed i rischi da essi derivanti.
Sebbene le evidenze scientifiche siano piuttosto consolidate, ed il discorso pubblico in merito abbia generato nuovi livelli di consapevolezza nell’opinione pubblica mondiale, esistono ancora posizioni – anche provenienti da personaggi di rilievo – che tendono a sostenere opinioni negazioniste. La più famosa di tali obiezioni proviene dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il quale più volte si è pronunciato contro la realtà fattuale dei cambiamenti climatici, rifiutando – anche per ragioni di concorrenza industriale con la Cina – di adottare nel Paese una politica spinta di riduzione delle emissioni.
Esistono per contro diversi attori pubblici e privati che hanno fatto del perseguimento di un approccio più razionale alla conservazione del pianeta la propria battaglia politica e insieme uno dei pilastri della propria attività imprenditoriale. Su tutti, va naturalmente citato Elon Musk, che ha dato una spinta fondamentale alla transizione verso l’elettrico del settore automobilistico – sebbene il dibattito sul bilancio energetico di una conversione totale dell’automotive sia tuttora in corso. La stessa Unione europea ha fatto della riconversione energetica uno dei pilastri del Recovery Plan post pandemia.
La mossa dei colossi del web nell’usare l’economia come fattore di evoluzione culturale in senso più razionale è senza dubbio da salutare con soddisfazione.