CITTADINI & UTENTI

Recruiting e algoritmi: a che punto siamo?

L’automazione del processo di selezione e gli aspetti legislativi correlati

Nei processi di selezione del personale si è sempre alla ricerca di un efficientamento e si oscilla fra best e worst practices, andando a tentare ricerche tramite CV anonimi o, come da ultime intenzioni, ricorrendo ad algoritmi di selezione. In alcuni casi si vorrebbe parlare di impiego di AI, ma una selezione che attribuisce un punteggio a campi precompilati sembra fattibile anche che vi sia bisogno di scomodare speculazioni avveniristiche o l’attivazione di Skynet.

A livello pratico, però, in che cosa consiste? Volendo semplificare e andando alla sostanza, si tratta di un’automazione di processo, con un’applicazione dal punto di vista tecnologico di filtri, pesi e punteggi. Comporta dunque certamente l’attribuzione progressiva di un rating al candidato e la selezione viene così separata in più fasi. Dopodiché, a seconda della volontà di procedere verso gli ulteriori step successivi, e dunque in ragione delle regole preimpostate dal recruiter (intendendo in senso lato o il servizio esternalizzato di selezionatori, un headhunter o l’ufficio del personale) c’è una progressiva selezione dei candidati più idonei a parametri e requisiti.

Fino a che punto è possibile svolgere questa gamma di attività, e di quali norme occorre tenere conto perché sia possibile inserirle all’interno dei sistemi di selezione? Tutto è nell’impostazione preventiva dei parametri citati e in un’attenta selezione al fine di non produrre non conformità e violazioni (potenzialmente) su larga scala.

Alcune coordinate essenziali di cui dover necessariamente tenere conto sono:

  • in ambito giuslavoristico, l’art. 8 Statuto dei lavoratori il quale comporta il divieto assoluto “ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.”;
  • in ambito di protezione dei dati personali, l’art. 22 GDPR per cui “L’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.”, nonché gli obblighi di trasparenza circa le “informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l’importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l’interessato” (artt. 13 e 14 GDPR) e l’obbligo di svolgimento di una valutazione d’impatto (art. 35 GDPR).

Una corretta applicazione delle norme richiamate non comporta una deriva neo luddista, bensì rende evidente l’importanza di un approccio progettuale, tenendo conto dell’importanza e del rilievo della tutela della persona del candidato e – ad esempio – alla protezione dello stesso da impatti negativi quali quelli derivanti da una selezione fondata su parametri illeciti, così come del diritto a poter richiedere un intervento umano o poter contestare una decisione fondata sull’applicazione di un algoritmo.

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