CITTADINI & UTENTI

Instagram e minorenni: la ricerca di un’antitossina digitale

Dobbiamo rassegnarci alla nocività dei social, soprattutto per i più piccoli, oppure possiamo trovare un modo per correggere determinate situazioni?

Cogliendo spunto dalla notizia della ricerca che ha coinvolto l’impero digitale di Facebook, è bene porre sul tavolo alcune considerazioni. Prima di tutto: in che modo Instagram rischia di essere un ambiente tossico per minorenni? E soprattutto: c’è un modo per rimediare, o ci si deve rassegnare a dover subire i colpi oltraggiosi di una fortuna digitale non più di tanto a misura di persona?

Insomma: la natura stessa del social network tende ad anteporre la forma alla sostanza, alimenta e droga la percezione di sé e la ricerca di apprezzamento. In sintesi, e facendo eco delle conclusioni richiamate, i rischi di intossicazione possono derivano fondamentalmente dalla sovraesposizione della propria immagine e dalla dipendenza indotta dall’impiego dello strumento. Con tutte le conseguenze del caso.

Se è vero che si sta dicendo l’ovvio, altrettanto vero però è che spesso tendiamo a sottovalutare ciò che abbiamo abitudine di avere in piena vista. Così alcune abitudini tossiche digitali sono problemi che però non si affrontano compiutamente con la ricerca di soluzioni effettive. Come in una moderna e virtuale versione della lettera rubata, tanto si indaga sugli effetti – quali possono essere cyberbullismo e depressione – guardando solo alle conseguenze e mai esplorando il mondo delle cause.

L’educazione digitale giova? Certamente, ma non deve essere l’ennesima infruttuosa narrazione. I nativi digitali hanno sete e fame di tutele effettive e non meramente formali. Men che meno di convegni. Jean Cruet affermava che il diritto non domina la società, ma l’esprime. L’auspicio è che venga meno la pretesa irrealizzabile di rincorrere ed imbrigliare ogni passo dell’evoluzione tecnologica attraverso una legge, e si ragioni invece per sovrastrutture che descrivano obiettivi, sistemi e un frame di sviluppo umanamente sostenibile.

Forse è lo stesso mondo digitale che può fornire antitossine efficaci. L’impiego consapevole di uno strumento è un pilastro fondamentale, ma è economicamente conveniente? Fintanto che non vi sarà un valore percepito, e dunque una conseguente domanda di tecnologie sostenibili all’interno del mercato, la risposta è destinata ad essere negativa e gli operatori – OTT in primis – saranno difficilmente inducibili al rispetto delle regole nonostante sanzioni draconiane. Anche perché il mondo non solo non può fare a meno dei giganti social ma, molto più semplicemente, non vuole. E di conseguenza: vox utenti, vox dei. Con buona pace di ogni intento di regolamentazione dall’alto.

Se però si stimola la creazione di utenti critici, consapevoli e sensibili nei confronti delle tematiche digitali – ad esempio intervenendo sin dalla scuola dell’obbligo – la domanda di talune tutele non potrà certo lasciare indifferenti gli operatori di mercato e anzi, sarà un elemento di pregio dei propri prodotti e servizi diventando un’opportunità ed un vantaggio competitivo. E in questo caso, forse saranno le regole ben più effettive e percepite dell’antitrust a poter dominare percorsi di sviluppo digitale sostenibile.

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