
Bentrovati al nostro ormai consueto appuntamento per disseminare i risultati settimanali del monitoraggio indipendente GIMBE. Nella settimana 1-7 settembre 2021, rispetto alla precedente, si rileva una diminuzione di nuovi casi (39.511 vs 45.134) (figura 1) a fronte di un incremento dei decessi (417 vs 366), che tuttavia è influenzato da procedure di ricalcolo (figura 2). Anche i casi attualmente positivi (133.787 vs 137.925) sono in discesa, così come le persone in isolamento domiciliare (128.917 vs 133.129). Sfortunatamente si rileva anche un aumento di ricoveri con sintomi (4.307 vs 4.252) ed in terapia intensiva (563 vs 544) (figura 3).



In dettaglio, in questo periodo rispetto alla settimana precedentemente analizzata, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 417 (+13,9%), di cui 82 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +19 (+3,5%)
- Ricoverati con sintomi: +55 (+1,3%)
- Isolamento domiciliare: -4.212 (-3,2%)
- Nuovi casi: 39.511 (-12,5%)
- Casi attualmente positivi: -4.138 (-3%)
«Per la prima volta da fine giugno diminuiscono i nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sia come numeri assoluti che come media mobile dei casi giornalieri che si attesta a 5.644» (figura 4). Nella settimana in analisi (1-7 settembre 2021) rispetto alla precedente, in 9 Regioni crescono i casi attualmente positivi, ma solo 3 Regioni registrano un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella 1).


Attualmente in 7 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Siracusa (231), Messina (189), Ragusa (170), Trapani (170), Catania (165), Prato (164) e Caltanissetta (159); mentre sono 63 quelle dove si registra un’incidenza pari o superiore a 50 casi/100.000 abitanti: in Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. In aumento anche i decessi, che arrivano a quota 417, di cui però 82 sono relativi a periodi precedenti.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – frena ulteriormente l’incremento dei posti letto destinati a pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente crescono solo dell’1,3% in area medica e del 3,5% in terapia intensiva». Il tasso di occupazione a livello nazionale rimane basso con il 7% di occupazione in area medica e il 6% in area critica, seppure sussistono notevoli differenze regionali (figura 5): per l’area medica due regioni si collocano sopra la soglia del 15%: la Sicilia (23%) e la Calabria (19%); invece per quanto riguarda l’area critica, si collocano sopra la soglia del 10% Sicilia (13%) e Sardegna (15%). Nelle parole del Direttore Operativo della Fondazione, Marco Mosti «Stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva con una media mobile a 7 giorni di 42 ingressi/die rispetto ai 43 della settimana precedente» (figura 6).


Come di consueto, il bollettino prosegue trattando il tema dei Vaccini: per quanto riguarda le forniture, all’8 settembre (aggiornamento ore 6.12) risultano consegnate 89.721.203 dosi. Sul fronte delle consegne, dopo il netto cambio di passo registrato ad agosto (quasi 15 milioni di dosi nel periodo 2-29 agosto per una media settimanale di 3,75 milioni), nella settimana 30 agosto-5 settembre sono state ricevute solo 2 milioni di dosi da Pfizer (figura 7). «Nonostante il calo delle forniture dell’ultima settimana – commenta il Dr. Mosti – continuano ad aumentare le scorte di vaccini a mRNA, che superano ormai le 9,6 milioni di dosi».

Per quanto riguarda le somministrazioni invece,all’8 settembre (aggiornamento ore 6.12) il 73,2% della popolazione (n. 43.371.929) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+762.552 rispetto alla settimana precedente) e il 65,9% (n. 39.072.107) ha completato il ciclo vaccinale (+1.189.855) (figura 8). Nell’ultima settimana aumenta il numero di somministrazioni (n. 1.934.230) (figura 9), ma la media mobile a 7 giorni, dopo il picco di quasi 280 mila dosi/die del 3 settembre, è scesa intorno a 256 mila il 7 settembre (figura 10). Il commento del Presidente Cartabellotta:«Nonostante l’accelerazione delle forniture da tre settimane il numero di prime dosi è di fatto stabile intorno a 720-750 mila, segno della difficoltà di convincere gli indecisi».



Il bollettino prosegue dunque con le informazioni che riguardano il tema della copertura degli over 50: su questo fronte, l’88,4% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un irrisorio incremento settimanale nazionale (+0,6%) e nette differenze regionali: dal 92,9% della Puglia al 82,3% della Sicilia. Nel dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.194.928 (93,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 104.950 (2,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.326.891 (89,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 139.811 (2,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.321.767 (85%) hanno completato il ciclo vaccinale e 237.700 (3,2%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.361.245 (77,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 501.638 (5,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente, più di 4 milioni di over 50, pari al 15,2% di questa popolazione, non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 11) ed anche in questo frangente le differenze regionali sono rilevanti: si va dal 17,7% della Sicilia al 7,1% della Puglia, figura 12): di questi 4,1 milioni di persone che non hanno completato il ciclo vaccinale, 3,16 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose. A fronte di un sostanziale appiattimento dei trend di vaccinazione in questa fascia di età, continuano a salire le curve degli under 50, nonostante una flessione di quella 40-49 anni e un iniziale rallentamento di quelle dei 20-29 e 30-39 anni (figura 13). Rimane invece costante la salita della fascia 12-19 anni, segnale incoraggiante vista l’imminente riapertura delle scuole. La figura 14 illustra le coperture vaccinali per fascia di età: in particolare, nella fascia 12-19 anni, il 40,1% ha completato il ciclo, al 23,1% è stata somministrata la prima dose e il 36,8% non ha ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali anche in questo caso (figura 15).





Per quanto riguarda l’efficacia dei vaccini, da aprile ad oggi questa rimane stabile e molto elevata nel ridurre decessi (96,6%) e forme severe di malattia che richiedono il ricovero in ospedale (93,9%) o in terapia intensiva (96%). Relativamente invece alle mere diagnosi di SARS-CoV-2, l’efficacia si riduce dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 78,1% (periodo 4 aprile-29 agosto), in particolar modo nelle fasce più giovani della popolazione, seppure con una stabilizzazione nelle ultime settimane (figure 16 e 17): quindi si rileva una progressiva riduzione dell’efficacia della copertura vaccinale nei confronti di infezioni asintomatiche e forme lievi di malattia che non necessitano di ricovero, in linea con le informazioni teoriche già note. A questo proposito Cartabellotta spiega: «Visto che la riduzione dell’efficacia risulta più evidente negli under 50 è verosimile che, durante l’estate, tra i più giovani abbiano influito l’incremento dei contatti sociali e la minore attenzione ai comportamenti individuali, fondamentali per prevenire il contagio anche nelle persone vaccinate». Infatti tra le persone vaccinate con ciclo completo, rispetto ai non vaccinati, si registra un netto calo dell’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia severa che richiede ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o che porta al decesso. Tanto è vero che, nelle varie fasce di età, le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono del 76,6-79,9%, le ospedalizzazioni dell’88,8-95,6%, i ricoveri in terapia intensiva del 93,4-96,5% e i decessi del 93,4-100% (figura 18).



Il rapporto tocca anche lo spinosissimo tema della Terza dose. L’European Medicines Agency (EMA) in accordo con l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), ha puntualizzato che, data l’elevata e prolungata efficacia dei vaccini verso forme severe di malattia e decessi da COVID-19, al momento non c’è urgenza di somministrare una dose di richiamo nella popolazione generale vaccinata con ciclo completo, neppure per le categorie professionali più a rischio come ad esempio gli operatori sanitari). Al contempo l’EMA ha avviato la valutazione dei dati sull’efficacia della terza dose – da somministrarsi dopo 6 mesi dalla conclusione del ciclo vaccinale – al fine di potenziare la risposta immunitaria. Spiega la Dott.ssa Gili «Diverso l’approccio per soggetti immunodepressi e anziani fragili, in particolare ospiti di RSA che potrebbero non aver raggiunto un adeguato livello di protezione con il primo ciclo completo». In questo caso, la terza dose non si configurerebbe come un richiamo, bensì come parte integrante di un ciclo vaccinale di tre dosi: per questo sia l’EMA che l’ECDC suggeriscono per questi soggetti la somministrazione di una dose aggiuntiva di vaccino a mRNA». Commenta inoltre il Presidente Cartabellotta «Nel nostro Paese dopo che il Comitato Tecnico Scientifico si è già espresso positivamente, si attende solo il via libera dell’AIFA per avviare la somministrazione della terza dose nelle persone immunodepresse e negli anziani a elevata fragilità». Il rapporto si conclude mettendo a fuoco due temi tanto sentiti quanto estremamente tecnici, ovverosia l’immunità di gregge e obbligo vaccinale. «A fronte di un dibattito politico e di una comunicazione pubblica che rincorrono percentuali target di copertura vaccinale – dichiara Cartabellotta – è bene ricordare che oggi non esistono i presupposti epidemiologici per conquistare la cosiddetta immunità di gregge, in grado di proteggere i non vaccinati grazie ad un’elevata percentuale di persone non più suscettibili al contagio, perché vaccinate o guarite».
Infatti:
- Al momento nessun vaccino è approvato per i soggetti sotto i 12 anni compiuti: oltre 5,8 milioni di persone (9,9% della popolazione) tra cui il virus continua a circolare liberamente.
- I vaccini anti-COVID-19 approvati non sono sterilizzanti, ovvero non conferiscono un’immunità totale contro il virus e anche chi è vaccinato ha una probabilità, seppure molto più bassa, di infettarsi e trasmettere il virus. Al momento in Italia l’efficacia del vaccino nei confronti dell’infezione si attesta intorno al 78%.
- L’efficacia dei vaccini nei confronti dell’infezione inizia a ridursi dopo circa 6 mesi dalla conclusione del ciclo vaccinale, in particolare nelle fasce anagrafiche più giovani.
- Nei Paesi a basso reddito meno del 2% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino: questa disomogeneità nell’accesso ai vaccini contribuisce all’elevata circolazione del virus e all’emergenza di nuove varianti.
«A fronte dell’elevato profilo di efficacia e sicurezza dimostrato dalla somministrazione di oltre 5 miliardi e mezzo di dosi di vaccino in tutto il mondo – conclude il Presidente Cartabellotta – è inutile inseguire la chimera di una percentuale di popolazione vaccinata in grado di “spegnere” l’interruttore della circolazione virale. L’obiettivo di salute pubblica è quello di vaccinare tutti coloro che non presentano specifiche controindicazioni, al fine sia di una protezione individuale da malattia grave o decesso, in particolare per gli over 50, sia di ridurre al minimo la circolazione virale. Visto che quest’obiettivo è oggi basato su robuste evidenze, spetta alla politica scegliere la strategia con cui raggiungerlo: dal punto di vista scientifico tutte le carte sono in regola per istituire l’obbligo vaccinale».