
I 10 punti elaborati dal Comitato centrale del Partito e dal Consiglio di Stato per l’economia cinese: regole più stringenti per limitare i centri di potere e investimenti pubblici.
Mercoledì 11 agosto è stato diffuso un documento programmatico mediante il quale il Partito comunista (PCC) ed il Governo cinese hanno deciso di rafforzare le restrizioni nei settori strategici per l’economia e la sicurezza nazionale fino al 2025.
Sebbene per il Financial Times l’atto avrebbe lo scopo di fornire indicazioni sull’ampiezza e la durata delle restrizioni – mascherate dal «venire incontro alle esigenze del popolo per una vita migliore» – alcuni esperti non vedono la fine, almeno per ora, delle limitazioni imposte dal PCC.
Da un lato si prefigura la promozione della legislazione in settori come la sicurezza nazionale ed i monopoli, dall’altro si sottolinea un maggior e più invasivo potere in capo alle agenzie di regolamentazione, cui è demandato il compito di esaminare scrupolosamente le aziende tecnologiche per quel che concerne le quotazioni all’estero, la sicurezza dei dati, la privacy dei consumatori, le pratiche anticoncorrenziali e le irregolarità delle fusioni.
Alcune finanziarie, come l’holding giapponese SoftBank – che ha in portafoglio il 30% di Alibaba e quote rilevanti in Didi e Bytedance (TikTok) – data l’incertezza nel breve periodo, hanno scelto di congelare gli investimenti fino a quando i rischi non saranno più chiari.
È chiaro che questo quattordicesimo piano quinquennale cinese rimane nel solco della pianificazione economica portata avanti da Xi Jinping: da un lato il voler limitare i poteri dei tycoon, con indagini antimonopolio, la maximulta ad Alibaba ed il blocco delle quotazioni di alcune BigTech, allo scopo di assicurarsi che nessuno diventi un centro di influenza e potere fuori dal Partito o addirittura più grande di esso.
Dall’altro il progetto che, puntando alla Nuova via della seta, prevedono un sistema logistico-commerciale più smart, più verde e più efficiente incoraggiando l’applicazione dei big data, della tecnologia 5G, dell’intelligenza artificiale e degli imballaggi riciclabili.
In tale ottica va vista la “cooperazione amichevole” che la Cina punta ad avere con i talebani dopo che gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Afghanistan. Il mullah Abdul Ghani Baradar a fine luglio ha incontrato il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e, come dichiarato dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, in cambio della promessa che dal suolo afgano non partiranno attacchi contro la Cina – con cui confina nell’instabile regione dello Xinjiang, a predominanza islamica di lingua turcofona – si è assicurato, nell’ambito della Belt and road initiative, un programma di massicci investimenti volto ad aiutare il paese ad accelerare ulteriormente la ricostruzione pacifica.