
Nelle ultime settimane, si sta parlando molto dei numerosi incendi che stanno devastando ampie zone boschive in diverse regioni italiane.
Il fenomeno non è solo circoscritto al nostro Paese ma quest’anno, come riportato dalle cronache, ha coinvolto dapprima Los Angeles, ove è arrivato a lambire le colline di Beverly, poi il Canada ove il premier Trudeau ha dovuto richiedere aiuti da tutto il mondo. Lo scorso anno l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite (Omm) ha palesato grandi preoccupazioni quando il fumo dei roghi in Siberia è arrivato a ricoprire una superficie di circa 5 milioni di chilometri quadrati, pari alla metà degli Stati Uniti.
Recentemente il Servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus (Cams) dell’Ue, ha riportato che gli incendi registrati negli ultimi due anni nel Circolo polare artico sono stati costantemente sopra la media rispetto al periodo tra il 2003 e il 2018.
Un record di incendi lo ha raggiunto anche l’Amazzonia, ove lo scorso anno si sono verificati più di 100.000 incendi con una superficie andata a fuoco che è stata il 40 per cento maggiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Quest’estate in Europa il primato per numero di incendi, da sempre conteso tra Portogallo e Svezia, lo ha purtroppo conseguito il nostro Paese.
Per i super esperti di ogni scibile la risposta è semplice: tutta colpa della soppressione del Corpo Forestale dello Stato con relativo passaggio di consegne ai Carabinieri che hanno costituito la specialità dei Carabinieri Forestali, inizialmente traendo le risorse dallo stesso personale del disciolto Corpo.
Un dubbio alla semplicistica soluzione del problema consistente nella ricostituzione dell’Ente soppresso dalla cd riforma Madia, sovviene subito. In Sicilia e Sardegna, regioni maggiormente colpite dal fenomeno incendivo, il passaggio di competenze non è mai avvenuto in quanto nelle regioni autonome tuttora continuano ad operare gli agenti del Corpo Forestale, in questo caso regionale e non statale. Come prima della riforma.
Altri esperti affermano che la colpa è delle società private, bramose di denari, cui è affidata gran parte del servizio antincendio boschivo in tutto il territorio nazionale, a complemento degli aeromobili di Stato.
Le società private rischierano ogni anno durante la stagione estiva centinaia di elicotteri e altre tipologie di velivoli che probabilmente lo Stato italiano, come gran parte di quelli europei, ritiene più conveniente appaltare che prendere in carico.
Tornando comunque al problema maggiormente dibattuto e cioè la presunta minor competenza dei Carabinieri forestali, non si comprende come stesse persone con immutato bagaglio professionale non possano svolgere i compiti loro devoluti con analoga dedizione. In ogni caso un impegno che se riferito alla lotta ai grandi incendi boschivi, residuale era prima, residuale è rimasto. Per l’enorme sproporzione di mezzi rispetto alle società private.
E’ bene però riferirsi a dati certi per monitorare l’attività della nuova organizzazione forestale e vedere quanto emerge dall’indagine della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, riguardante l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri : “Le attività di prevenzione e di contrasto a comportamenti lesivi degli interessi agroforestali, nel quadriennio 2017-2020, risultano in costante e considerevole incremento percentuale rispetto ai medesimi dati del 2016. I previsti risparmi di spese di funzionamento, pari a poco più di 31 milioni di euro nel triennio 2017 -2019, sono stati quasi integralmente conseguiti (93%). Il contrasto al fenomeno degli incendi boschivi, escludendo il picco anomalo del 2017 e, nonostante le avverse condizioni climatiche, ha fatto registrare una sostanziale continuità rispetto alle precedenti annate. “
Ovviamente tutto è confutabile, anche le indagini della Corte dei Conti, ma si dovrebbe analizzare l’attuale criticità del fenomeno con più serietà e con più sete di conoscenza, ad esempio, sulle possibili connessioni tra i cambiamenti climatici e i grandi incendi che si stanno registrando ovunque.
Come affermano importanti riviste scientifiche il riscaldamento globale sta rendendo più diffuse e facili le condizioni che permettono alle fiamme di divamparsi in grandi aree geografiche. Come succede con gli uragani, un tempo sconosciuti nell’area Mediterranea.
«Maggiore sarà il livello di aumento medio delle temperature in futuro, maggiore sarà la quantità di superficie devastata dalle fiamme, in un intervallo che va dal 40 per cento al 100 per cento a seconda degli scenari», sostengono ricercatori di Nature.
In sostanza, una Terra più calda significa anche una Terra con un maggiore rischio incendi. E questo legame innescherà un circolo vizioso, in cui i roghi, aumentando con le fiamme le emissioni nell’atmosfera, faciliteranno il conseguente aumento delle temperature.
I Carabinieri forestali oltre a catturare i piromani, come stanno ben facendo, comincino, pertanto, a studiare come arginare il fenomeno del riscaldamento globale!