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007, operazione pantofole

Gli agenti dei Servizi elvetici chiedono di poter lavorare da casa. Dai vertici perplessità sulla sicurezza.

I collaboratori del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) elvetico hanno continuato per tutta la pandemia a lavorare dal “Pentagono”, gli uffici sicuri del servizio vicino al centro fieristico di Berna. Da quando i loro colleghi hanno cominciato a lavorare da casa, chiedono  di poter passare anche loro in smart working. La direzione, per timori legati alla sicurezza e alla perdita dei dati, non ha mai concesso questa possibilità.

Da quanto riportato dal domenicale SonntagsZeitung, il personale del SIC torna a esporre la sua richiesta in un documento preparato da un gruppo di lavoro interno, voluto dal Direttore – il vaudese Jean-Philippe Gaudin- e diretto da Jacques Repond, dell’anti-terrorismo, dopo la performance non certo entusiasmante del SIC nell’inchiesta triennale dell’ Ufficio federale del personale (UFPER) del 2020.

In un sondaggio tra i collaboratori contenuto in questo documento, emergevano  come i principali fattori di insoddisfazione fossero da un lato mobbing e sessismo, e di contro l’impossibilità di lavorare da casa. «È diventato chiaro che il telelavoro è un’esigenza per il personale» si legge. E si parla di smart working come «di un ambiente di lavoro al passo coi tempi».

La direzione sta prendendo in considerazione i risultati, per quanto un portavoce del Servizio, interpellato dal domenicale, ha dichiarato: «La sicurezza e la riservatezza delle informazioni sono comunque al centro di tutte le valutazioni»

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