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Apologia del giovane “in fuga” dall’IT

Che sia altrove o in ambiti diversi la fuga è già in atto. Cosa si può fare?

Certo, la notizia della fuga dei giovani dall’IT è piuttosto sorprendente, ma se si indaga il solo mondo degli effetti e non delle cause probabilmente lo squilibrio fra una (dichiarata) domanda e offerta di professionisti in tale ambito non potrà che generare ulteriori nodi e perplessità. Ovviamente, nell’analisi viene rilevata un’incoerenza fra il mercato dell’IT in crescita e la mancanza di nuove leve da reclutare.

Ebbene, qualche boomerone direbbe che i giovani sono scansafatiche. O che non sono avvezzi al rischio, come se la ricerca di un impiego debba necessariamente comportare (limitatamente al rischio, mai al guadagno) una partecipazione societaria, una joint venture o chissà quale spirito imprenditoriale.

I reclutatori che si improvvisano starlette di LinkedIn faranno qualche post pseudoemotivo in cui, inspiegabilmente, nessuno si presenta con la giusta convinzione a colloqui di lavoro in presenza e senza previa indicazione di alcun indizio approssimativo su RAL e inserimento contrattuale. Se l’essenziale è invisibile agli occhi, con buona pace del Piccolo Principe, l’istrionismo social campeggia in modo così palese che suona come il “guarda, mamma, senza le mani!” che precede di poco lo schianto. 

Probabilmente manca proprio una percezione del contesto, e non parliamo dei soli dimenticati digitali a partita IVA, ma in generale di una generazione che è stata se non abbandonata quanto meno un po’ trascurata, anche e soprattutto all’interno del mercato IT, che forse ha mal inteso il concetto di ricambio generazionale. 

Sviluppatori tenuti a poco prezzo, precari, full stack, destinati a costruire come novelli schiavi delle piramidi (o carrozzoni) al fine di far giovare, per immagine e competenza, una narrazione di successo. La tanto professa gavetta, però, significa occasione di apprendimento. Altrimenti è una scusa per giustificare un caporalato digitale.

Insomma: se il complesso di ingranaggi è così macchinoso da far sembrare, al confronto, uno schema Ponzi ben orchestrato una semplicissima partita di tic-tac-toe, la lotta contro tale sistema è donchisciottesca.

E dunque, la fuga è più che comprensibile. Se non può essere altrove, geograficamente parlando, quanto meno si dirigerà su differenti ambiti. Vero è che attualmente c’è un vero e proprio campo minato di situazioni analoghe.

Se si vogliono reclutare giovani leve da valorizzare e non sfruttare, andrebbero preferiti –  già a livello istituzionale- progetti meno ambiziosi di un Jurassic Park dei burosauri, o dei teatri di buone intenzioni, che alimentano narrazioni spesso autoreferenziali. 

Strategie di crescita, formazione, inserimento, vanno attuate nel settore pubblico e privato. E ovviamente, occorrono effettività e concretezza. Forever Young è un brano iconico degli anni 80, e dunque lasciamo che siano eterni solo i diamanti. Non stage, tirocini o apprendistati.

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