TECNOLOGIA

L’occhio dei satelliti per controllare chi sfrutta i lavoratori

Fragole, satelliti e schiavisti, un accostamento inusuale che si spera scompaia presto dal menu.

Ci troviamo in territorio acheo, la Grecia meridionale, dove da un po’ di tempo imperversa una delicata crisi umanitaria nei campi di fragole.

I campi di Nea Manolada sono sotto i riflettori per i diritti umani dal 2013, quando tre guardie di campo hanno sparato e ferito 30 lavoratori migranti del Bangladesh. A marzo del 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che i lavoratori erano stati sottoposti a lavoro forzato e che la Grecia aveva quindi violato l’articolo 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non impedendo il traffico umano di lavoratori migranti irregolari. A seguito di una sentenza della Corte, il governo greco è stato dunque incaricato di intensificare la sua lotta contro lo sfruttamento del lavoro.

A correre in aiuto è stata la tecnologia satellitare.

Un team di esperti, guidato dall’Università di Nottingham, ha affiancato il governo greco nella lotta allo schiavismo tramite l’impiego di satelliti in grado di identificare gli insediamenti di migranti e coadiuvare dall’alto le autorità locali, sviluppando poi un modello decisionale con cui dare la priorità alle vittime più a rischio.

Alla guida dello studio, finanziato dall’Economic and Social Research Council (ESRC) e pubblicato sulla rivista Production and Operations Management, il Rights Lab ha combinato diversi dati e metodi per costruire una serie di criteri che misurano l’entità dello sfruttamento lavorativo in un insediamento. Gli accademici hanno poi convalidato questi criteri con un’agenzia governativa e un’organizzazione non governativa coinvolte nella lotta allo sfruttamento lavorativo.

Questo approccio è da ritenersi una novità mondiale nel settore umanitario.

I dati del telerilevamento hanno infatti consentito l’identificazione e l’ubicazione di insediamenti informali di lavoratori in potenziali situazioni di sfruttamento lavorativo su una vasta area geografica di circa 140 chilometri quadrati. L’identificazione di questi insediamenti da terra invece richiederebbe generalmente di percorrere l’intera area di studio alla ricerca di possibili insediamenti, in modalità quindi costose e inefficaci, poiché molti insediamenti non risultano visibili dalla strada.

Ma le applicazioni non sembrano fermarsi alle fragole. Nel menu c’è spazio anche per pomodori e tabacco, ma non solo…

Come suggerisce la dottoressa Doreen Boyd, direttrice associata del Rights Lab e professoressa di osservazione della Terra presso l’Università di Nottingham, “Il nostro approccio può essere replicato in altre attività agricole ad alta intensità lavorativa in cui la manodopera a basso costo è abbondante, come i campi di pomodori italiani o le regioni produttrici di tabacco in Argentina. Studi futuri potrebbero estendere il nostro approccio a diverse applicazioni nelle operazioni umanitarie, come lo studio dei flussi migratori, combinando il telerilevamento con uno strumento decisionale come Multi-Criteria Decision Analysis per identificare e valutare i rischi di insediamenti di persone sfollate con la forza in situazioni di conflitto altamente fluide, come il Sud Sudan o la Repubblica Democratica del Congo”.

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