
Il grattacielo Pirelli o Pirellone come lo chiamano i milanesi è da sempre la bacheca di Milano e spesso dell’Italia. Giocando infatti con l’illuminazione di singoli uffici che vengono utilizzati come pixel, la sua facciata viene spesso utilizzata per far comparire dei messaggi celebrativi.
Sebbene le luci del tetto del Pirellone ieri sera si fossero effettivamente colorate con il tricolore italiano, contrariamente alle logiche aspettative il messaggio che è comparso sulla facciata non aveva nulla a che vedere con il rientro trionfale della nazionale italiana di calcio, reduce dalla vittoria al campionato europeo.
Ieri sera il Pirellone infatti si è illuminato di un messaggio di speranza per la risoluzione dell’annosa questione del rientro in Italia di Chico Forti che da ben 21 anni è recluso negli Stati Uniti a seguito della condanna per l’omicidio di Dale Pike, il figlio del proprietario del Pikes Hotel a Ibiza dal quale Forti stava trattandone l’acquisto.
La vicenda di Chico è stata ampiamente sviscerata nel tempo, in Italia se ne sono occupati a più riprese sia gli apparati istituzionali che i media, in ultimo la trasmissione Le Iene con uno speciale in cui è stata mostrata la lettera che lo stesso Bradley Pike, il fratello della vittima, ha mandato alle autorità americane dichiarandosi fermamente convinto dell’innocenza di Chico Forti.
Negli anni la sua vicenda è stata oggetto della produzione di vari documentari investigativi che ne dimostrano l’innocenza, il più noto quello realizzato da CBS News con “48 hours: the case of Chico Forti” visibile qui: (https://www.cbsnews.com/video/the-case-against-enrico-forti-12-7-19/).
Dalle carte processuali si evidenzia infatti un accanimento da parte degli inquirenti nei confronti di Chico Forti che fa eco alla scorrettezza nella raccolta delle prove da parte della polizia di Miami.
Per fare un paragone con un paio di vicende nostrane, la pessima conduzione delle indagini da parte delle autorità americane può essere paragonata alla qualità delle indagini messe in campo per scoprire come sia morto David Rossi, il manager di MPS che apparentemente si sarebbe suicidato ma che in molti pensano sia invece “stato suicidato”.
Oppure ci si può riferire alla vicenda di Amanda Knox, la cittadina americana inizialmente incarcerata per quattro anni a seguito dell’omicidio della sua coinquilina Meredith Kercher, vicenda che ha poi visto la Corte di Cassazione dichiararne definitivamente l’innocenza. Non è un caso che anche negli USA siano comparsi diversi articoli che hanno identificato in Chico Forti l’Amanda Knox italiana.
Dopo anni di incessanti tentativi condotti dai famigliari di Chico per ottenere una revisione del processo (che ieri erano presenti tra il gruppo di sostenitori della causa di Chico di fronte alle finestre del Pirellone), una luce di speranza si era accesa l’anno scorso quando a fronte delle insistenze da parte della Farnesina, il governatore della Florida ha accolto con riserva la domanda per l’estradizione di Chico Forti, secondo le norme della convenzione di Strasburgo che prevedono il trasferimento dei prigionieri in terra natìa.
Da allora non si è saputo più nulla, la questione rimane ancora interamente nelle mani della macchina giudiziaria americana e del governatore della Florida che ricordiamo, ha il potere di agire in maniera puramente discrezionale.
Quella che si è accesa ieri sera sulla facciata del Pirellone è quindi un’altra luce di speranza che serve a ricordare a Chico Forti che non ci si è dimenticati di lui ma che è anche carica di significati e sottintesi politici: se siamo il Paese che con interventi parlamentari dispensa cittadinanze onorarie come quella per Patrick Zaki (che cittadino italiano non è) ci si attende dalla politica italiana coerenza nella continuazione nell’esercizio della pressione diplomatica per la risoluzione della vicenda Forti.
Perché noi italiani alla fine, Amanda Knox l’abbiamo rimandata a casa.