CITTADINI & UTENTI

ONU: Rimborsi monetari a persone di discendenza africana per i danni patiti dai loro antenati vittime dello schiavismo

“La ‘riparazione’ non può mancare di includere oltre all’indennizzo monetario, restituzione, riconoscimento delle ingiustizie inflitte, presentazione di scuse, iniziative commemorative, riforme educative e garanzie che tali ingiustizie non si ripetano mai più”

Ginevra: Nel contesto di un lavoro di ricerca sul razzismo a cura dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sollecitato in seguito alla morte di George Floyd negli Stati Uniti, Michelle Bachelet, alto commissario per i diritti umani esortava qualche giorno fa, durante una sessione del consiglio a “fare di più”. 

Parte centrale delle raccomandazioni espresse dalla donna, che nella sua relazione sintetizza la necessità di un “approccio trasformativo” all’impatto del razzismo sulla popolazione di discendenza africana, è la necessità di un rimborso, insomma un indennizzo in termini monetari -e non solo – da parte dell’uomo bianco al discendente dello schiavo.

A proposito del soggetto del rimborso e di come questo debba essere organizzato e a mezzo di quali dinamiche, la Bachelet suggerisce che la cosa non finisce lì.

“La ‘riparazione’ non deve essere limitata all’indennizzo monetario, in quanto non basta a rettificare o compensare per le ingiustizie subite. Piuttosto deve essere parte di una serie di misure che includono restituzione, riabilitazione, riconoscimento delle ingiustizie inflitte, presentazione di scuse, iniziative commemorative, riforme educative e garanzie che tali ingiustizie non si ripetano mai più”.

Premesso che lungi dall’essere razzista, mi ritengo persona sensibile a fenomeni e disagi socio-economici contemporanei, e devo ammettere che istintivamente mi sentirei più propenso a priorizzare le empatie e le attenzioni monetarie di una società moderna in direzione di chi in Africa ci vive. 

Se non altro l’africano, numeri alla mano e volendo generalizzare, versa in condizioni socioeconomiche di gran lunga meno fortunate dei suoi lontani parenti che vivono in Nord America o in Europa, anche se le sue esigenze ed i suoi problemi (cose come stragi, guerre, stupri, morte e denutrizione infantile) in questo momento – e per motivi strettamente politici – non calcano il palcoscenico dell’attenzione mondiale. 

All’idea di possibili indennizzi verso i discendenti delle vittime della schiavitù tassando i pronipoti dei responsabili delle sofferenze dei loro avi, da buon siciliano, il mio primo pensiero contempla visioni di realtà milionarie per me e per i miei conterranei. Altro che ponte sullo stretto.

Basti considerare il numero di “conquistadores” che hanno calcato il suolo della Trinacria, sfruttandone – spesso senza scrupoli – risorse naturali ed umane. I discendenti di Barbari, Ostrogoti, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Austriaci etc. 

E mi fermo qui, perché l’abuso culinario del dominatore di turno ha poi finito per produrre esiti come la cassata di ricotta, difficile da annoverare sotto la voce “prepotenze e torture”.

Nel continuo attacco all’uomo bianco, i neoprogressisti sembrano dimenticare con preoccupante puntualità che la fine della schiavitù negli Stati Uniti a metà del diciannovesimo secolo fu proprio a mano dell’uomo bianco. Chi sollevò le armi contro i suoi fratelli per mettere fine (tra le altre cose) alla barbarie? 

I caduti tra le fila dell’Unione al cospetto di Abramo Lincoln, primo presidente repubblicano della storia che decretò così la liberazione degli schiavi nel 1863, non sono forse sufficienti a contribuire col loro tributo di sangue, all’estinzione del debito, ammesso che il considerare l’esistenza di tale assurdità sia razionale? Vogliamo tassare anche i loro discendenti o l’ONU nella sua lungimiranza ha previsto l’eccezione?

Ritengo che nulla cristallizzi in maniera così calzante il concetto di puro razzismo come contemplare che il bimbo bianco, al momento della sua nascita sia vincolato ad una serie di debiti nei confronti del suo simile a pigmentazione più scura che ancora neanche conosce. 

Insomma che una volta cresciuto ed inserito nell’ingranaggio produttivo debba donare una porzione dei suoi risparmi all’ignaro coetaneo, con tanto di cappello in mano e scuse per quello che c’è stato tra i loro avi. 

Ancora una volta Il cosiddetto movimento neoprogressista colpisce in nome di un progresso i cui benefici per la società risultano appannati, impregnati come sono dalle scorie della loro somiglianza con i metodi delle tirannie di stampo socialista. 

E prese di posizione come questa, a cavallo tra offesa al buonsenso, umorismo nero (no pun intended) e completa miopia sui principi basici che promuovono la pace, finiscono così coll’esporre ancora una volta, la grande, ipocrita, arroganza. 

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