
Spesso lo spazio, l’esplorazione e tutto ciò che concerne il vuoto cosmico che ci circonda, finiscono col diventare oggetto di critiche, specialmente da parte di chi, in modo comprensibile, crede che non si debba guardare altrove se non vi sono anzitutto condizioni accettabili qui sulla Terra, o che, quindi, lo spazio e le attività ad esso connesse non possano contribuire efficacemente al benessere dell’al di qua.
Come sempre cerco di mostrare il contrario, presentando le miriadi di applicazioni spaziali su cui si reggono gran parte delle nostre infrastrutture, o su cui presto e inevitabilmente si reggeranno, e anche questa volta, in maniera non così originale perché se n’è parlato spesso, vorrei portare un altro esempio di sinergia vincente tra Spazio e Terra, che sono ormai una sola cosa, come ben sviscerato in Cosa si può fare di tutto questo… Spazio?.
Le condizioni accettabili sulla Terra, di cui accennavo prima, sembrano al momento svanire lentamente. Hanno fatto scalpore quei 48 gradi in Siberia, un’antitesi apparentemente surreale ma simbolo di un cambiamento climatico che ha raggiunto un punto di non ritorno.
Il Climate Clock nel frattempo segna 6 anni e 189 giorni dall’irreparabile, mentre dall’IPCC, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, giungono delle delucidazioni che dire catastrofiche parrebbe un eufemismo.
Con un terrificante “il peggio deve ancora venire, incidendo sulla vita dei nostri figli e dei nostri nipoti molto più della nostra”, il rapporto stilato dall’IPCC mette in discussione anni di certezze su cui si erano fondate le politiche climatiche, come le soglie dell’accordo di Parigi, ormai non più sufficienti.
Il riscaldamento globale prolungato anche oltre gli 1,5 gradi Celsius potrebbe produrre “conseguenze progressivamente gravi, lunghe secoli e, in alcuni casi, irreversibili”, anche se già gli attuali 1,1 gradi hanno innescato un cambiamento.
Ambienti, animali, e gli stessi umani, che grazie ai primi si approvvigionano, sono destinati ad un futuro incerto che potrebbe prevedere anche la loro scomparsa.
Pochi, ma cruciali, i punti da seguire: conservazione e ripristino degli ecosistemi blue carbon (foreste di alghe e mangrovie), la salvaguardia di foreste, oceani e altri ecosistemi per favorire l’assorbimento di CO2 e quindi tamponare l’impatto del cambiamento climatico, e rivoluzionare processi e comportamenti del nostro modo di vivere e di consumare, come mangiare meno carne e prodotti animali (un consumo più orientato verso diete a base vegetale potrebbe tagliare le emissioni legate al cibo anche del 70% entro il 2050).
Può lo spazio risanare o fornire dei mezzi con cui contrastare questo andamento negativo?
Senza dover ripiegare verso l’opzione drastica dell’abbandono del pianeta, cosa che al momento è infattibile, per quel che riguarda il primo punto, non è cosa nuova associare lo spazio all’ambiente…i satelliti svolgono un ruolo cruciale nel rilevamento di emissioni, nel controllo dell’ambiente, delle deforestazioni e delle risorse idriche.
Questo è proprio uno degli obiettivi del Regno Unito, che, con l’arrivo della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COP26, che avrà luogo a Glasgow entro la fine dell’anno, non si lascia cogliere impreparato e propone una soluzione spaziale contro il cambiamento climatico, tramite il dispiegamento di satelliti che consentiranno di monitorare l’ambiente con notevole precisione e di salvare la fauna selvatica in via d’estinzione.
Il trio di satelliti, sviluppato da alcune agenzie britanniche grazie ad un fondo di 15 milioni di sterline provenienti dall’Agenzia spaziale britannica, attraverso il Pioneer Partnership Programme dell’Agenzia spaziale europea, verranno lanciati su di un razzo SpaceX dal Kennedy Space Center della NASA, in Florida, ma la data di lancio, inizialmente fissata per venerdì 25 giugno, è ancora dubbia.
Una delle agenzie, Lacuna Space, con sede nell’Oxfordshire, sta rivoluzionando il costo e la semplicità di connessione dei sensori a Internet, supportando l’internet of things (IoT) anche negli angoli più remoti della terra tramite l’impiego di piccoli satelliti. Ci si riferisce all’IoT, ovvero l’internet delle cose, come a dei dispositivi intelligenti, macchine o animali dotati di sensori connessi ad internet, in grado quindi di raccogliere e condividere dati di un ambiente tra loro, come un impianto di monitoraggio cardiaco o un’auto senza conducente, o, per rimanere in tema, come funzionali dispositivi di monitoraggio ambientale, di tracciamento della fauna, di supporto agritech in grado di sostenere gli agricoltori e valutare la salute del bestiame, delle colture e la gestione delle acque e del suolo. Questi sensori Lacuna, che quanto a dimensioni stanno in un palmo della mano, possono funzionare per anni con una singola carica della batteria.

Due dei satelliti, fabbricati da Spire Global, a Glasgow, attraverso un finanziamento di 9 milioni di sterline, svilupperanno collegamenti ottici intersatelliti (ISL) che cambieranno radicalmente l’acquisizione di dati dallo spazio, consentendo alle costellazioni di satelliti di fornire volumi molto elevati di dati ad alta velocità in qualsiasi parte del globo, comprese le aree remote e rurali, le aree disastrate e il mare, e fornendo una migliore analisi predittiva e una migliore comprensione dell’ambiente e dell’impatto che abbiamo su di esso.
Il terzo satellite, Faraday Phoenix, fabbricato da In-Space Missions, nell’Hampshire, tramite un finanziamento di 4,9 milioni di sterline, incorpora in sé un payload per vari clienti, tra cui Airbus, SatixFy, Aeternum e un payload dimostrativo per Lacuna Space e il suo servizio IoT satellitare innovativo.
Seguiranno chiaramente anni difficili e cruciali, e di certo agire parallelamente alla non curanza di alcuni, singoli o nazioni che siano, non gioverà a questo lento tentativo di assestamento, ma vi sono delle piccole realtà che lasciano ben sperare…
Lo spazio quindi supporta ed evolve: oltre a sostenere le ambizioni climatiche, questi satelliti forniranno un’innovazione entusiasmante nel rilevamento e nel monitoraggio a distanza, spronando l’industria a offrire nuovi servizi in grado di aiutare al meglio la vita sulla Terra.