
Il cammino dei diritti dell’Uomo è stato, nella storia, un percorso accidentato. A volte sono stati compiuti piccoli passi a cui sono seguiti lunghi periodi di stasi se non di involuzione. In altri casi vi sono stati dei poderosi balzi in avanti che hanno consentito di compiere delle svolte epocali. Ma sempre, sempre vi sono state forti resistenze al cambiamento.
Il primo piccolo passo nel cammino dei diritti dell’Uomo forse potremmo collocarlo nel 1200 con l’introduzione in Inghilterra della “Magna Carta”. Redatta dall’Arcivescovo di Canterbury riguardava di fatto il Re e pochi Nobili Inglesi. Lo 0,0001% della popolazione. Davvero un piccolo passo.
Nulla o quasi succede nel Medioevo, e bisogna attendere il 1600 quando John Locke, filosofo inglese, sintetizza alcune idee che già circolavano e comincia a parlare di “Diritti Naturali”: Vita, Libertà e Proprietà. L’Illuminismo aiuta lo sviluppo e la circolazione di queste idee ancora allo stato embrionale; ma è solo con la Rivoluzione francese e la guerra di secessione americana che vengono compiuti dei significativi passi in avanti.
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.” Così recita l’articolo 1 della dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, ratificata dalle Nazioni Unite nel 1948; una pietra miliare verso la parità tra gli esseri umani di ogni genere, sesso, colore, nazionalità.
L’accettazione di queste nuove idee che oggi ci sembrano naturali e ovvie è sempre stata un formidabile terreno di scontro e di sofferenze indicibili.

Con la vittoria del Nord, e con l’introduzione della Costituzione Americana e successivamente dei suoi Emendamenti, veniva sancita l’uguaglianza tra tutti i cittadini e l’abolizione della schiavitù. Stiamo parlando degli inizi del 1800. Ma dopo Lincoln almeno 16 dei Presidenti degli Stati Uniti che gli succedettero possedevano degli schiavi. Per 100 anni i neri d’America continuarono ad essere brutalizzati soprattutto negli Stati del Sud. La lunga marcia per l’applicazione delle parità sancite dalla prima legge Federale fu lunga e sanguinosa. Il braccio armato dei suprematisti bianchi, il Ku Klux Klan, bruciava, evirava, stuprava ed impiccava senza che vi fosse un sussulto nelle autorità locali. Anzi. “Mississippi Burning” non è solo un titolo di un film: fu realmente il nome in codice di una operazione dell’FBI che inviò alcuni agenti federali ad investigare sulla sparizione di tre ragazzi di colore poi trovati uccisi. Le indagini appurarono la responsabilità diretta del vicesceriffo e di altri sette poliziotti locali. Uno dei tanti casi. Bisognò aspettare il 1964 per far cessare l’apartheid in America. Prima vi erano le scuole dei bianchi e le scuole dei neri; i quartieri erano separati; gli autobus avevano le prime file riservate ai bianchi e le ultime ai neri. Famoso fu il gesto di Rosa Parks, una afroamericana che si rifiutò di cedere il posto ad un bianco e per questo fu arrestata. Da qui partì il boicottaggio, a Birmingham, dei mezzi pubblici da parte della comunità nera che durò oltre un anno e che vide la nascita di quella che fu la figura più importante della lotta per i diritti degli afroamericani: il reverendo Martin Luther King.

Nelle sue memorie Colin Powell che fu il primo Capo di Stato Maggiore della Difesa Americano di colore e successivamente Segretario di Stato, racconta come appena nominato Capitano ed assegnato ad una base militare in Georgia, si vide negare la possibilità di acquistare un hamburger ad un “drive in” in quanto nero: la signora del ristorante sembrava sinceramente dispiaciuta. Powell concludeva che con l’introduzione del “Civil Right act “del 1964 non solo fu sanata una terribile ingiustizia ponendo fine alla segregazione raziale, ma venne tolto un terribile peso dalle spalle di quei bianchi che non erano d’accordo con lo “satus quo”. Anche per loro quell’abominio era insopportabile.

Una nota personale per sottolineare ancora come queste conquiste di civiltà siano lunghe e dolorose. Giovane Sottotenente, fui inviato dall’Aeronautica militare italiana presso la base americana di Columbus in Mississippi per frequentare il corso di pilotaggio che mi avrebbe portato a diventare pilota militare: ebbene nel briefing iniziale ci fu chiaramente detto di evitare alcune zone della cittadina perché riservate agli afroamericani: era il 1981.
L’abolizione della pena di morte: altra conquista di civiltà. 50 anni fa molti Paesi al mondo (circa il 90%) avevano la pena di morte (anche lo Stato del Vaticano, che la ha abolita il 12 febbraio 2001). Eppure, grazie al movimento di opinione e perché era la cosa giusta da fare, ogni anno da allora, 2 o 3 Stati hanno abolito la pena capitale. Ed ora circa 160 Paesi non la prevedono più nel loro ordinamento giudiziario. Inoltre, nei 37 Stati che ancora la usano, di fatto coloro che vengono uccisi sono sempre meno e sempre meno sono le sentenze di condanna. È prevedibile che tra qualche anno scomparirà completamente dal pianeta. E se qualcuno avesse ipotizzato una evoluzione del genere negli anni Sessanta, sarebbe stato ridicolizzato ed accusato di “fumare” sostanze allucinogene. Eppure, è successo.

La potenza della circolazione delle buone idee genera processi inarrestabili. E non perché appartengano ad una parte politica, ma semplicemente perché sono idee giuste.
Il divorzio in Italia fu una conquista di civiltà: eppure anche all’ora vi furono enormi resistenze. Allora come oggi il Vaticano, si schierò contro e accusò lo Stato italiano di violazione del Concordato. E lo fece con il suo massimo rappresentante: il Papa Paolo VI.

La battaglia per l’emancipazione femminile e del diritto delle Donne ad essere trattate in maniera paritaria è ancora in corso. Tra il 1960 ed il 1970 vi erano solo 3 donne a capo di uno stato. Tra il 1970 ed il 1980 se ne contavano 4. Oggi ne abbiamo 37. Anche i diritti più elementari come quello di voto erano negati in alcuni Stati considerati evoluti: si pensi alla Svizzera dove il voto alle donne fu introdotto solo nel 1971. Le violenze sulle donne le discriminazioni sul lavoro, i pregiudizi sono ancora attuali e la strada è ancora lunga prima che si possa oggettivamente cantare vittoria. Si pensi alla condizione in molti stati mediorientali o Africani.
Nel 1960, gli anni nei quali più marcatamente si sono registrati progressi nei diritti civili, ancora non facevano parte del dibattito i diritti di alcuni Gruppi, le minoranze sessuali, che rimasero ai margini della marcia verso il progresso e la emancipazione e la conseguente abolizione della segregazione e ghettizzazione. In molti Stati tali minoranze erano criminalizzate e perseguite. Uno su tutti: l’Inghilterra dove l’omosessualità è stata considerata reato fino al 1967. La prigione o la castrazione chimica erano le uniche opzioni possibili oltre alla marginalizzazione dalla vita sociale.
Il movimento LGBT acronimo italiano di Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender è riuscito in questi ultimi anni ad attirare l’attenzione sulla loro condizione e sulla necessità di tutelare i diritti più elementari quali ad esempio l’incolumità, che però spesso sono calpestati in tantissime parti del Pianeta. E la storia in un certo senso si ripete. Così come ai tempi della schiavitù sembrava inammissibile solo pensare che uno schiavo nero potesse aver diritto ad un eguale trattamento sociale, o che fosse possibile avere dei matrimoni misti tra bianche e neri (molti ricorderanno il famoso film “indovina chi viene a cena” nel quale mirabilmente si metteva a fuoco la questione), oggi ancora molti individui, anche istruiti e socialmente ben collocati, ritengono che sia uno scandalo ipotizzare un matrimonio tra persone dello stesso sesso, oppure che se una violenza fisica viene perpetrata a danno di una coppia gay o lesbica che si tengono per mano, è perché “ se la sono cercata” . Questo tipo di risposta è la medesima che si è registrata nel corso degli anni passati durante le giuste battaglie di conquista di quei diritti che francamente non dovrebbero essere conquistati ma garantiti senza colpo ferire. Soprattutto ai giorni nostri.

Ma la circolazione delle buone idee ancora una volta avrà ragione del buio medioevale, dei pregiudizi, della paura di colui o di colei che non è uguale, sia che si tratti del colore della pelle o della sua identità sessuale. Ecco perché poco importa se il disegno di legge Zan sarà approvato oppure no. Ha avuto il merito di aver acceso un dibattito in Italia (altri Paesi Europei sono molto più avanti di noi in materia, anche se partiti da posizioni più arretrate. Vedi proprio l’Inghilterra) e di aver dato una scossa a tante persone di buona volontà che, come la vecchia signora del “drive in” americano sentiva che non servire il panino al Capitano Powell fosse sbagliato, sentono oggi che una relazione d’amore tra due persone non può e non deve essere emarginata o peggio criminalizzata.
Il faticoso cammino verso le libertà è ancora una volta cominciato. Non è in questione il risultato finale. L’unica domanda però è: per quanto tempo ancora queste persone dovranno soffrire prima di veder finalmente riconosciuto il loro sacrosanto diritto a vivere la loro vita?