AMBIENTE ED ENERGIA

Intelligenza artificiale reale per il cambiamento climatico

Accedendo a maggiori dati, questi diventeranno sempre più reali e affidabili; in questo modo l'intelligenza artificiale aiuterà governi e mercati a gestire meglio le attuali incertezze sul cambiamento climatico. Questo il messaggio in bottiglia di Geoffrey Woodling, co-fondatore della Business Futures Network e di Futurealities, nate per aiutare i clienti a sviluppare nuovi business in base alle opportunità offerte dai processi di cambiamento.

Traduzione e adattamento di Andrea Aparo von Flüe e Alberto Scarpa (Futurerealities)

Versione originale di  Geoffrey Woodling & partners (Futurealities)

L’intelligenza artificiale, se reale, può fornire ai mercati indicazioni atte a mitigare il rischio climatico?

Serve a poco continuare ad alimentare la disputa su chi, fra politica ed economia, abbia il ruolo principale nel cercare interventi correttivi. Serve ancora a meno l’assurda pretesa dei politici, non importa la loro nazionalità, di pensare che i mercati possano controllare il comportamento del sistema climatico nei prossimi decenni salvandoci dai rischi del riscaldamento globale. Come se la mitica mano invisibile del mercato fosse quella di un taumaturgo altrettanto invisibile. 

La crisi climatica non è un’illusione scientifica, o una punizione divina ed è espressione delle crescenti tensioni tra il mondo ricco e quello povero. 

Il peggior nemico da affrontare è la nostra ignoranza. Non siamo in grado di comprendere la complessa interazione dei fattori antropogenici e naturali. Sappiamo poco del fenomeno in quanto tale e ancora meno dei suoi impatti locali. 

Un aiuto può venire dalla intelligenza artificiale. Non è una panacea, ma uno strumento che può consentire di individuare schemi capaci di rivelare le dinamiche nascoste delle forze che contribuiscono a modellare il nostro ambiente futuro. 

La nostra attenzione deve concentrarsi sul dove e quando queste dinamiche iniziano a interessare comunità e imprese al fine di  progettare i modi per mitigare le loro conseguenze.

Torniamo ai mercati. I mercati sono antropogenici e sostengono l’urbanizzazione dell’umanità. Influiscono e allo stesso tempo sono motore della crescita economica e contribuiscono al riscaldamento globale. Eppure l’economia ignora il costo del loro impatto sul pianeta. In tutti i settori, a qualunque scala, gli investimenti sono decisi senza tenere conto dei costi associati a sostenere il loro ritorno. I tempi di sostituzione di questi beni sono molto più lunghi di quanto i mercati, in gran parte ignari dei rischi e del loro impatto, si possano permettere. Il che ritarda gli interventi e riduce l’efficacia delle misure per ridurre l’inquinamento.

Al di là della priorità politica di evitare qualsiasi ammissione di colpa, o impotenza, nell’affrontare il riscaldamento globale, la mancanza di una “intelligence” reale  per valutare i potenziali rischi, basata su dati ed evidenze, impedisce ai mercati di mitigare i pericoli. Occorre fare ricorso all’intelligenza artificiale “reale”, capace di generare attenzione sulle dimensioni e fattori di cambiamento trattando dati sperimentali, così da consentire ai mercati di monitorare e rispondere all’impatto del cambiamento climatico nell’arco di anni, non di decenni. 

Sempre che sia possibile. 

Sempre che si sia ancora in tempo. 

I prossimi trent’anni, tempo prefissato per raggiungere lo “zero netto di carbonio” (tanto carbonio si produce, tanto si assorbe) coincide con l’esplosione dell’IoT, l’Internet di quasi ogni cosa, capace di monitorare in modo continuo e dettagliato l’atmo-, bio-, idro- e geo- sfera e il complesso delle attività umane. 

Oggi, ogni smartphone è un sistema di rilevamento dati, capace di tracciare la posizione di ogni utente, misurando i parametri chimico-fisici del suo ambiente. Nell’ultimo decennio l’intelligence reale di mercato basato su questi dati ha consentito lo sviluppo, quasi istantaneo, di economie in comunità fino ad allora alla semplice sussistenza. Per la prima volta si è misurato, in tempo reale, come si formano e funzionano i mercati. Lo stesso si può e si deve fare per affrontare e gestire il cambiamento climatico. Il fiume di dati che scorre oggi nei server dei social media deve alimentare l’intelligenza artificiale reale che deve guidare la rivoluzione nell’economia di mercato necessaria per gestire la risposta dell’umanità al cambiamento climatico. 

Vero è che esiste una crescente sfiducia sul come e perché vengano utilizzati i social media. In parte ciò si deve alle continue intrusioni nella privacy individuale. Vogliamo servizi gratuiti, ma non siamo felici che gli inserzionisti, principale fonte di entrate, vengano a conoscenza di dove ci troviamo e delle nostre presunte preferenze in tempo reale. Il fatto che non sappiano le nostre reali intenzioni non ci consola, continuiamo ad accettare una crescente invasione della nostra sfera privata. 

Preoccupa la pletora di affermazioni non testate e menzogne ​​autentiche progettate per rafforzare opinioni e credenze di gruppi d’interesse, la cui intelligenza naturale è perlomeno dubbia, che contestano tutto: dai vaccini al riscaldamento climatico, per non dimenticare la Terra sferica. 

Sono contenuti generati dall’uomo, ma registrano nostre attività, dando un’interpretazione soggettiva dei nostri pregiudizi personali, se non peggio. 

Non sono osservazioni, misurazioni dirette. Sono artificiali, non reali. Siamo stanchi del costante ritornello e dibattito su una crisi climatica che si nasconde alla vista, o al senso. Per alcuni, tuttavia, è una realtà sempre presente poiché le loro case o i loro mezzi di sussistenza sono minacciati o distrutti. 

Ci viene chiesto di credere alla scienza ma, a differenza della recente pandemia, non possiamo misurarne l’estensione o osservarne l’evoluzione per giorni, settimane o addirittura anni. 

Il nostro problema non è semplicemente ridurre al minimo l’inquinamento di oggi, ma mitigarne le conseguenze imminenti, accumulate negli ultimi due secoli. Mentre la recente variabilità climatica è ragionevolmente monitorata su scala globale, altrettanto non è vero per la distribuzione spaziale delle sue conseguenze. Assistiamo a crisi nazionali in giro per il mondo. Vedi il freddo estremo nei vigneti francesi o le ondate di caldo in Italia, per non parlare dei nubifragi (bastano 15 minuti di pioggia intensa per trasformare Roma in una palude).

Quando o dove potrebbero verificarsi tali eventi va oltre le nostre capacità di previsione. Ancora meno sappiamo dei legami di causa-effetto a lungo termine.

Senza una consapevolezza informata di tali incombenti eventi, è chiaro che il nostro sistema economico non può prevedere quando o dove investire per evitare o attenuare le conseguenze. 

Assordante è il silenzio della statistica, degli attuariali che lavorano per assicurazioni e riassicuratori sull’impatto del cambiamento climatico. Possibile che non abbiano già calcolato cosa rappresenta la minaccia per i loro interessi e quindi per l’umanità e l’economia? Come stanno reagendo? Come valutano il rischio? Sono disposti ad accettare qualsiasi rischio purché sia ​​sufficientemente dissipato e riassicurato? (Grazie a Michael Lenton per queste domande.)

Bene ripeterlo: la nostra capacità di affrontare il rischio climatico dipende dalla mobilitazione e dal re-indirizzamento delle forze economiche che ne sono la causa principale. Questi due campi – economia e clima – sono stati oggetto di studi accademici per lo più separati. Integrarli è una sfida da raccogliere per dimostrare che i modelli economici sono parte dell’ecosistema ambientale globale ed operano di concerto. 

Si deve mettere in discussione l’assunto che l’economia possa funzionare senza tenere conto del suo impatto sui beni comuni, sulla sfera pubblica. Occorre trovare soluzione a un problema quasi intrattabile. Si tratta di modellare un formidabile e complesso spazio-dati. Servono gli strumenti più avanzati di sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale.

Nei prossimi anni, l’IOT acquisirà dati da miliardi di sensori, informazioni primarie che, se opportunamente aggregate in conoscenza, possono rilevare, in tempo reale, l’impatto dell’attività umana sul nostro pianeta. Ciò prelude a una rivoluzione nell’economia. Viene ridefinito il suo rapporto con l’ambiente fisico. L’economia cessa di essere il partner stupido della fisica nel prevedere gli impatti delle forze climatiche sul mercato. 

Si deve interpretare e testare l’efficacia dei modelli nel prevedere le conseguenze del cambiamento climatico sui poli d’aggregazione della popolazione umana. Benvenuti nel regno della modellazione avanzata dei sistemi di intelligenza artificiale. Ciò che l’IA può fare è trovare dove e quando si verificheranno le minacce più grandi, ed è inevitabile che ciò accada, con conseguenze drammatiche, dove maggiore è la concentrazione urbana.

Entro il 2050 la metà della popolazione mondiale vivrà nelle megalopoli globali. Molte si trovano nelle zone costiere basse e sono le più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare, uno dei più importanti indicatori globali del cambiamento climatico. Tuttavia, questa forse non è la minaccia più critica che devono affrontare le megalopoli, tra i luoghi più inquinanti e inquinati della Terra, centri delle produzioni industriali, maggiori utilizzatori di energia e materiali che contribuiscono al riscaldamento globale e al cambiamento climatico.

Anche se la minaccia dell’innalzamento del livello del mare è reale e urgente, nulla viene fatto: le autorità transnazionali e locali litigano tra loro su chi debba assumersi la responsabilità della decisione e dell’azione. 

Questo stato di cose ha avuto la sua conferma sperimentale nella Bay Area intorno a San Francisco, in California, che ha recentemente sperimentato incendi boschivi senza precedenti che ne hanno avvolto gran parte del territorio nel fumo tossico per giorni e giorni. 

La risposta principale delle autorità a questa minaccia è stata quella di cercare di ottenere un risarcimento monetario dall’ente elettrico per l’inadeguatezza e vulnerabilità al fuoco della sua rete di distribuzione. Non è stato fatto notare che l’entità e l’intensità degli incendi erano dovuti all’aumento della frequenza e alla persistenza di venti intensi. Un indicatore critico di un pericolo climatico reale, ancora più immediato dell’innalzamento del livello del mare.

Si sta perdendo tempo. Non si vogliono riconoscere i collegamenti tra questi eventi e decisioni, o indecisioni, economiche o politiche. L’economia di mercato USA sta dimostrando come l’incapacità di anticipare l’impatto del cambiamento climatico renda le comunità molto vulnerabili ai danni. Vedi il recente periodo di freddo intenso in Texas.

Anche in questo caso, la risposta delle autorità alle preoccupazioni degli elettori è stata di dare la colpa alle compagnie elettriche e alle loro reti di distribuzione. Nulla è stato detto in merito alla mancanza di investimenti dovuta all’eccesso di competitività e a troppi interessi finanziari di breve termine. 

Vero che riconoscere i pericoli che si devono affrontare a causa del cambiamento climatico permette alle imprese locali di cogliere le opportunità presentate delle fonti di energia rinnovabile, ma è difficile immaginare come mitigare gli impatti di una delle più grandi concentrazioni globali di industrie petrolchimiche. In Texas, non se ne parla proprio di lasciare petrolio e gas nel sottosuolo.

Le megalopoli sono le società più ricche e più povere della Terra. Sono motori di crescita economica, che continua a basarsi su processi inquinanti di ogni genere. Sono centri di grande potere politico in grado di vietare o limitare le attività più inquinanti. Agiscono per decisione centrale o per volere degli elettori e possono stimolare e motivare cambiamenti nel comportamento umano che possono avvantaggiare direttamente le loro comunità, oltre a dare un contributo alla creazione di un nuovo modello economico “low carbon”. Vedi Pechino, a partire dalle olimpiadi da essa ospitate nel 2008.

La dimensione del mercato che tali centri rappresentano è, per le imprese, il maggiore incentivo ad adottare nuovi metodi di produzione o fonti di approvvigionamento. 

L’elenco delle attività economiche caratteristiche della vita delle megalopoli deve indicare le priorità per l’innovazione del mercato finalizzata alla riduzione dell’inquinamento. 

Non importa se ognuna contribuirà forse solo per pochi punti percentuali al risparmio complessivo: è la somma di queste innovazioni che ha il potenziale per rimodellare l’economia. 

Forse solo in società così globalmente connesse e saturate dai media esistono i mezzi per educare i cittadini a cambiare aspetti fondamentali del loro comportamento.

Queste città sono il luogo ideale per registrare la realtà dell’attività economica in tempi che possono offrire la possibilità di modellare il futuro impatto spaziale del riscaldamento climatico. 

Esiste la possibilità di sintetizzare i modelli economici e ambientali in quella che viene denominata “Economia Simbiotica”. 

Come suggerisce il nome, l’economia esiste – e può esistere solo – in una relazione di mutua dipendenza con tutti i sistemi viventi e ambientali.

Nostro compito primario trovare un nuovo equilibrio tra mercati, persone e pianeta.

Perché continuino a esistere e migliorare.

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