CITTADINI & UTENTI

Ci mancavano anche i negazionisti della privacy!

Si fatica a comprendere come mai tanto la norma quanto gli interventi del Garante Privacy siano il più delle volte istituzionalmente indigesti

Doverosa premessa: la radice di ogni negazionismo è piuttosto elementare da individuare, in quanto connaturata alla mente umana. Di fronte a una difficoltà, l’istinto immediato è quello di negare il problema o aggirarlo, più che analizzarlo per riuscire ad affrontarlo in modo utile. Ovviamente, più è intensa la difficoltà, maggiore sarà l’impulso. Dopodiché, l’intervento della mente razionale sa ricondurre un moto dell’istinto secondo logica e ragione.

Il trend negazionista da COVID-19 è stato per alcuni un rifugio sicuro di fronte alla paura generata da un evento di grande portata come l’emergenza pandemica. Invero, da tempo  serpeggia l’anticultura della protezione dei dati personali che ben potrebbe costituire un disorganizzato e disomogeneo movimento NO-PRIV. Qualche esempio su più livelli.

Anziché cercare la corretta applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, alcuni (professi) esperti e consulenti preferiscono la via del whining circa le particolari difficoltà di applicazione della stessa. Il più delle volte è perché sono andati in un ambito di non propria competenza, e dunque preferiscono formulare una facile scusa piuttosto che dover confessare al proprio cliente che, ad esempio, si sono improvvisati esperti di una materia che non padroneggiano.

Non si comprende come mai tanto la norma quanto gli interventi del Garante Privacy come autorità di controllo (e dunque: un’autorità amministrativa indipendente) siano il più delle volte istituzionalmente indigesti. Forse perché di fronte ad istruttorie fondate su evidenze e che richiamano un rigoroso approccio di progettazione non si trovano così tanti riscontri, ed è più semplice trovare un alibi che una responsabilità.

A livello comunicativo, la boutade di abolire o derogare la privacy è un ottimo clickbait. Dopodiché, o si svela che è uno scherzo, o altrimenti c’è un serio problema di logica e comprensione, più o meno analogo a quello di chi ritiene che un cappello di stagnola in testa protegga dalla lettura del pensiero o che i piccioni in realtà siano droni-spia governativi.

Si potrebbe dire che il “Piove, governo ladro” sia sostituito da “Piove, colpa della privacy”, rinnovando quei presagi risalenti già allo scorso anno e che, alla prima messa in opera di Immuni, rivelavano diffusi deficit culturali e scarsa cultura della protezione dei dati personali.

La rapida evoluzione delle nuove generazioni di diritti e tecnologie richiede un delicato gioco di equilibri e bilanciamenti, ed impone continue analisi di contesto e proporzionalità. Prese di posizione illogiche non hanno effetto di frenare il cambiamento, ma solo di renderlo meno controllabile e più insostenibile.

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